Last Night A Mixtape Saved My Life

Zolo: il non-genere

La storia di generi e categorie musicali molto raramente è lineare. Le vicende del pop sono costellate di termini balzani nati in riferimento a fenomeni specifici, poi estesi a interi filoni, e spesso infine entrati nel vocabolario di artisti-pubblico-critica con un’accezione del tutto diversa da quella originale. Tendenzialmente, i primi passi di questo tortuoso percorso avvengono “in diretta” rispetto ai fatti musicali descritti. Esistono però anche etichette retroattive, e il caso dello “Zolo” è senz’altro fra i più peculiari. Lo si potrebbe definire il genere — pardon, il non-genere — più bizzarro del pop.

webp.netresizeimage__20220506t191232.756Una prima particolarità è che l’atto di battesimo è perfettamente noto. Il 25 giugno 1995, sulla college radio KPSU 1450 AM di Portland, Oregon, alle cinque di pomeriggio la trasmissione “The Zany Zolo Muzik Hour” debuttava sotto la conduzione di Terry Sharkie. Per un’ora di tempo ogni giovedì, andava in onda un mix di alcuni fra gli artisti più eccentrici dei venticinque anni precedenti: gli Sparks e gli Xtc, Todd Rundgren e i Gentle Giant, i Residents e i Devo, i Tuxedomoon, i They Might Be Giants, Lene Lovich e una vasta messe di altri nomi, meno noti o più noti. Nulla di specialmente diverso dall’eclettica selezione di una qualsiasi radio musicale rivolta agli appassionati, si potrebbe dire, ma a sorprendere della rassegna non era la sua ampiezza di spettro: al contrario, era la bizzarra coerenza delle sue scelte. Sventagliando fra stili contrapposti ed epoche musicali distinte, Terry Sharkie guidava alla scoperta di un territorio obliquo ma riconoscibile, un trend prolungato che, nascosto in piena vista, attraversava le periferie di molteplici scene dei decenni precedenti, e anche qualche punto posto sulla mappa in posizione assai centrale.

La definizione del raggruppamento, che Sharkie mise per iscritto nel 1997 nella webpage Zolo Synthesis”, identifica lo Zolo come “assimilazione di chitarre rimbalzanti (boingy), tastiere ballonzolanti (wobbly), percussioni a pois, falsetti singhiozzanti, beat sobbalzanti (jerky) in staccato, e ritmi sbilenchi”. Una “espressione aurale dell’immaginario astratto, asimmetrico e variopinto che accompagna, e che è esistita in forme sparpagliate per molti anni prima di essere codificata attraverso un nome”. A proposito del nome, questo verrebbe da una serie di coloratissimi giochi di costruzioni messa sul mercato negli anni Ottanta (o così testimonia il webmaster della pagina Zolophile, che si firma col nickname Tyrant Tula), il cui aspetto è facilmente associabile in spirito all’estetica bislacca di “The Zany Zolo Muzik Hour”.



La trasmissione di Sharkie, che avrebbe negli anni successivi cambiato nome in “Sforzando Cappricci Extravaganza” (sic, o così pare), conquista abbastanza appassionati da non scomparire nell’oblio e dà anche vita a ulteriori gemmazioni web e radiofoniche — fra cui lo show “Newave Zolocoaster” per la college radio KVRX di Austin, Texas, andato in onda fra il 1998 e il 2002. Non più appannaggio di un singolo individuo, il termine Zolo è dagli adepti associato a un guazzabuglio di sonorità seventies ed eighties che contemplano tanto stili classic rock come canzonette freak, progressive stralunato, rock dalle movenze camp, quanto bizzarrie post-punk di difficile catalogabilità: new wave zigzagante, minimal synth dadaista e balenga, avant-prog, proto-industrial
Sarà ancora una volta Sharkie a illuminare riguardo al filo conduttore: "Ci sono due metodi prevalenti negli stili musicali contemporanei. Al centro c’è l’approccio ben ottimizzato che caratterizza la totalità delle musiche destinate all’accettazione di massa […]. A lato di questo c’è un approccio decostruttivista, che può racchiudere qualunque cosa, dall’improvvisazione al brutismo all’ambient passando per industrial, tenebre, burle e tutte le altre forme di musica fuori dagli schemi. L’anello mancante dell’attuale mondo musicale è un approccio arty, che lavori sul sollevamento, la decorazione, il ri-tappezzamento, in opposizione alla minimizzazione e alla mutilazione”.

A fare da trait-d’union fra la galassia di stili e il suo retrospettivo demiurgo c’è anche la predilezione per un look eccentrico e sopra le righe, rintracciabile tanto nei trucchi geometrici dei neozelandesi Split Enz quanto nelle capigliature esuberanti di B-52’s o negli atteggiamenti clowneschi dei Cardiacs. Ricorda Chad Allen, creatore di “Newave Zolocoaster” e del blog Zoloscope: “Un giorno andai agli studi di KPSU per incontrare Terry di persona. Stava concludendo lo show ed era vestito in una forma casual di abbigliamento Zolo: scarpe appuntite, jeans risvoltati e una t-shirt larga con scollatura e maniche tagliate. Le sue sopracciglia erano sagomate in aculei appuntiti e il suo taglio di capelli era scolpito, alto e astratto”.



Terry Sharkie, aka Zaragon nei suoi numerosi progetti sul web, ha da qualche tempo messo in secondo piano la sua devozione al filone Zolo, dedicandosi alla costruzione del notevole archivio online JazzRockSoul.com, a un canale YouTube di commenti e ascolti musicali, e al mantenimento di un impressionante profilo RateYourMusic. Il testimone della trasmissione del verbo Zolo è stato tuttavia raccolto da nuovi adepti. Fra questi, gli Oblong Boys del già menzionato Chad Allen sono probabilmente i primi artisti a essersi autodefiniti secondo il bizzarro non-genere, ma oggi come oggi Bandcamp conta centinaia di uscite classificate dagli artisti stessi secondo questo stile. Da qualche anno, inoltre, “Zolo” è un tag su RateYourMusic e sulla piattaforma sono apparse numerose liste a tema (le più complete sono quelle realizzate dall’utente mkrasna). Addirittura, un termine del ricco e idiosincratico vocabolario introdotto da Terry Sharkie, “Zonk” (“Zolo + punk”), è stato ispirazione per un’hamburgheria - che spiega origine e significato dell’espressione in un’apposita pagina del suo sito web.
Stramberie a parte (ammesso che, trattandosi della raison d'être del filone, le si possa davvero rimuovere dal discorso), si può affermare che oggi la nicchia dei devoti è più ampia che mai, e la categoria ha rivelato una sua sorprendente utilità nel contestualizzare esperienze musicali da sempre viste come borderline fra più territori, spesso nemmeno troppo adiacenti.

La playlist qui accanto tenta l’impresa impossibile di far sintesi in una galassia tanto centrifuga. Prendendo spunto soprattutto dalla selezione di Sharkie del 1997, e integrandola con formazioni aggiunte dai fan internettiani negli anni successivi, prova a realizzare una carrellata storica che va dal profondo dei Seventies fino ai giorni nostri. La mancanza sui servizi di streaming di album chiave di Cardiacs, Fred Frith, Stump e altri ha costretto ad alcune significative rinunce, e sul finale ci si è presi la licenza di inserire un certo numero di artisti la cui “Zolo-ità” non è ancora accertata dalla comunità degli appassionati - ma che sembrano comunque emblematici di quanto il filone si connetta anche a tendenze odierne.

La speranza è che l’ascolto porti alla scoperta di figure nuove (su Yellow Magic Orchestra e Curved Air forse molti ci sono già, ma tutti conoscono Family Fodder, Fibonaccis e Nimal?) o a una nuova possibile prospettiva su nomi ben noti agli appassionati di pop. Probabile che pochi si fossero sognati, finora, di associare Stranglers e Godley & Creme, ma fra le tante magie dell’etichetta, c’è anche quella di comportarsi come uno di quei trick visivi che non si palesano fino all’istante in cui - bang! - li vedi e di colpo non riesci più a non notare.

 

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