King Crimson
Discipline
(Warner, 1981)
Miracolo. Robert Fripp ci ha preso alle spalle. Dopo sette anni d'ibernazione, ha resuscitato i suoi King Crimson. La veccchia Corte del Re Cremisi ha ripreso a recitare il suo inno al futuro. “Discipline”, questo nome grave e un po' severo, è la proiezione artistica, il compimento di una carriera, il risultato di un'evoluzione personale che non ha mai conosciuto barriere. Non si ha tutte le settimane l'occasione di recensire un album come questo. Né tutti i mesi. Né, ahimè, tutti gli anni. È per questo che sarebbe un po’ ridicolo parlarne come si fa per la produzione corrente, facendo la cernita tra gli elementi buoni e quelli meno buoni, cercando il pelo nell'uovo. Bisogna parlare di “Discipline” come di un blocco, di un monumento inattaccabile alla modernità. Bisogna parlarne con umiltà, ascoltandolo più e più volte. Perché a un secondo ascolto, più niente ci impedisce di adattarci, secondo dopo secondo, all'andamento di questo disco di una velocità incredibile, e i nostri piedi si posano sulle impronte ancora fresche lasciate non si sa bene se da Robert Fripp o da Adrian Belew.
Questo disco è una girandola di suoni che il vento della creazione non smette mai di far girare: il ritmo è la sua creazione essenziale. Solitamente una musica parte da un punto per arrivare ad un altro, ci sono quelli che fanno delle deviazioni, quelli che si fermano compiaciuti per il solo piacere di approfondire un tema gradevole, quelli, ancora, che hanno il timore di avventurarsi fino alla fine. Robert Fripp, invece, ha imboccato deciso la strada fendendo la notte al ritmo di un tergicristallo (il crimsontronic?): i ritmi frantumati, le cascate di suoni, le piroette delle due chitarre spezzano regolarmente la pioggia dei suoni alla fine di ogni brano.
Ecco uno di quei dischi di cui si può dire che non contengono una sola frase inutile. non una nota che si possa spostare o accorciare. In breve, ecco il contrario di un disco fatto al tavolo di montaggio. I suoi suoni pieni, diretti, rapaci, triturati, tendono a rendere prezioso ogni istante musicale, ad avvolgerlo completamente di un gusto e di un suono che rifrange in mille forme diverse la stessa fonte di luce.
Per far questo l'uomo che ha brandito la spada di “Exposure” e di “God Save The Queen/Under Heavy Manners”, che ha creato i ritornelli giocosi della League Of Gentlemen, che si è avventurato nel meandri ipnotici di “Let The Power Fall” è riuscito a realizzare l'impossibile: ha rubato Adrian Belew al clan dei Talking Heads, ha strappato Tony Levin dalle braccia di Peter Gabriel. Ha ricatturato Bill Bruford. E mai scelta fu più felice. Perché questi quattro Crimsons si spingono dove i vecchi non avevano osato arrivare. Questo ensemble crea un amalgama sonoro coloratissimo, vertiginoso, in continua ebollizione.
Il modo di suonare la chitarra di Fripp è inverosimile: torturato, impulsivo, fieramente entusiasta. La linea d'attacco formata dalle due chitarre di Fripp e di Belew è una delle più stimolanti che si siano mai ascoltate. I due musicisti si divertono a mandare il vostro cervello in tilt con dei riff ripetitivi, con degli accordi metallici, con delle intersecazioni fiaccanti. Dal loro canto, Tony Levin e Bill Bruford sostengono le evoluzioni dei due acrobati con una ritmica compatta, “disciplinata”, ma piena di una profondità animale e di una brillantezza cromatica che mancava un po' ai King Crimson di “Red” e di “Live In Usa”.
Dietro questa musica abrasiva, incandescente, furiosa, che si fa fatica a seguire tanto è veloce e turbinosa, si allungano le ombre di Brian Eno e David Byrne, di Erik Satie e Steve Reich, dei National Health e di David Bowie. Perché “Discipline” è questa opera grandiosa e insieme soave che sintetizza alla massima potenza tutto il patrimonio inconscio della musica degli ultimi anni. Robert Fripp — l'uomo del XXI secolo — è un orologiaio che non ha altra ambizione di fabbricare il più piccolo e perfetto orologio del mondo e di posarlo In cima ad una cattedrale. E questa cattedrale, c'è da giurarci, impareremo a visitarla e a conoscerla meglio. Abbiamo tempo fino al 1984.
(da Rockstar, 1981)