Portishead

Third

2008 (Mercury / Island)
trip-hop

Quasi non più sperato, ma per questo ancor più sentito, è il ritorno di una delle band emblematiche degli anni 90. I Portishead, il timbro "P" che più di altri egualmente degni (Massive Attack, Tricky) ha marchiato a fuoco la stagione del trip-hop, si ripresentano dopo più di un decennio dall'ultimo lavoro in studio con abiti di sartoria ritagliati sì dagli stessi tessuti, ma arditamente posati su nuovi modelli.

Sia chiaro da subito: resteranno a bocca asciutta tanto i nostalgici del revival che i partigiani dell'ascolto facile. Anche i discografici, a ruota, commercialmente rischiano grosso, poiché "Third" può essere definito tutto fuorché accessibile, con tutte le incognite del caso. La cartina al tornasole dell'eclettica scelta artistica sta tutta nelle parole di Geoff Barlow: "Durante questi dieci anni di silenzio la pressione di dover fare ad ogni costo un album di successo è ovviamente svanita. Questo è un elemento davvero positivo, perché ti senti libero di suonare quello che davvero vuoi", come a prendere le distanze dalle attese pressanti, e spiazzare chi già prefigurava un nuovo spot da forgiare sulle note dell'erede di "Glory Box".

Ma non tutto s'è trasfigurato: a far salva l'identità del trio di Bristol è la suadenza delle linee vocali di Beth Gibbons e la cura imposta alle composizioni; a farsi spigolosi sono gli accompagnamenti, che non hanno timore d'attingere persino dagli stagni brumosi del dark industriale, tratteggiando superfici impervie a contrasto coi morbidi guanciali da cui la voce pare librarsi.
Aure più sinistre in luogo delle foschie chiaroscurali dell'atmosfera che fu, seguendo quella rotta verso l'oscurità che, se vogliamo, ebbe già i suoi presagi nell'omonimo disco del 1997.

Ci si dimentichi semmai le griffe che ornavano i downtempo di "Dummy", e per lo più le ballate confidenzialmente eteree del bel side project che vide la Gibbons accompagnarsi a Paul Webb, aka Rustin Man, in "Out Of Season", le cui tracce tuttavia si annusano in "Hunter", però condotta altrove dagli inusitati intermezzi che la disturbano: sembra un gioco di rimandi con i primi Goldfrapp, se non fosse che già questi ultimi pagarono a suo tempo un corposo pegno ai bristoliani. Laddove la chitarra era ornamento, ora è attrice co-protagonista, assumendo fattezze finanche minacciose nell'introduttiva "Silence" quando si getta all'inseguimento di un rullante che viaggia a velocità doppia rispetto a quanto si era abituati, oppure quando delinea gli scenari d'angoscia della spiazzante "Threads" che chiude l'album.

Svincolatisi da rigidi schemi ritmici, i Portishead si muovono in campo aperto, cambiando repentinamente mood anche all'interno degli stessi brani. Così "The Rip" si trasforma in un crescendo strumentale per tastiere vintage dopo che la melodia vocale indugia su canoni prossimi a Enya, e "Small" divaga con afflati progressivi dal suo tema principale che, al contrario, pare una riedizione personalizzata dei Roxy Music di "Sea Breezes".

L'elemento percussivo, angolare e secco, è il fattore ricorrente di "Third" ed è la vera novità del sound dei Portishead assieme alle chitarre, ma è arduo ignorare segnali che vanno in altre direzioni, come la parentesi tutta folk di "Deep Water", o i richiami ai loop elettronici dei Tarwater presenti in "Nylon Smile". "Machine Gun" mitraglia il suo puro industrial addosso a una voce indifesa, e il gioco di contrapposizione diventa la vetta creativa del disco e il suo vero salto in avanti, mentre l'incalzante "We Carry On" si muove con disinvoltura fra sperimentalismi teutonici e le stralunate reiterazioni dei Clinic, suggellando una babilonia emotiva che solo il talento più cristallino riesce a mettere a comune denominatore.

Non sarà facile governare ogni piega di quest'opera complessa, non sarà facile spiegare a molti che l'ombroso sound, un tempo ospitato da raffinate location notturne, ora alberga nelle loro segrete. Eppure lo dobbiamo, quale tributo a una delle band più incisive degli ultimi quindici anni.

01/04/2008

Tracklist

  1. Silence
  2. Hunter
  3. Nylon Smile
  4. The Rip
  5. Plastic
  6. We Carry On
  7. Deep Water
  8. Machine Gun
  9. Small
  10. Magic Doors
  11. Threads


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