Mirrors

Lights And Offerings

2011 (Skint)
synth-pop

Siamo alle solite. Un gruppo è al debutto, è britannico, suona synth-pop con tanto di drum machine e tastiere a profusione, è composto da quattro giovani che hanno l'aggravante di essere ben pettinati e addobbati a festa, ed ecco subito le accuse preventive di plagio, di acritica imitazione, di studio della posa tutta forma e niente sostanza che si tradurrebbe nella mancanza di autenticità. Fatevi un giro nel web, tra riviste più o meno di grido, nei blog,  nelle community (magari anche la nostra) e vi accorgerete che, anche stavolta, la tesi ha un suo seguito.
La musica? Un trascurabile dettaglio a malapena menzionato nella corsa ai nomi (meglio se) tirati a sorte fra i soliti noti, perché sei un artista vero solo se imbracci una chitarra e strizzi l'occhio al rock sudato, o alla compagnia cantauroral-cantante: solo in questi casi, la presunta scopiazzatura si traduce come d'incanto in un riferimento nobile, e così sia.

Ancora una volta si finisce, insomma, con lo scontare una sorta di peccato originale che poi tanto originale non è, dal momento che il tema è vecchio di almeno trent'anni. Gli Omd, ad esempio, erano ragazzi vestiti di tutto punto e facevano synth-pop negli anni 80 eppure, se andiamo a rileggere molte recensioni dell'epoca, da esse scopriamo che quella non era musica, non era sincera, non era suonata, si basava tutta sull'immagine e sotto-il-vestito-niente.
Come si vede, cambiano i contesti ma non i capi di imputazione, e le colpe addebitate ai padri passano con nuove fogge ai figli affrancando i primi.

Sapete, a questo punto avrei voluto tirar fuori il coniglio dal cilindro rivelando urbi et orbi, senza le fuorvianti pigrizie di cui sopra, che l'intro dell'iniziale "Fear Of Drowning" porta dritti agli Who di "Baba O'Riley", peccato che una solerte webzine d'oltremanica mi abbia bruciato sul tempo. E tuttavia era troppo ghiotta la stoccata per farla passare sotto silenzio, anche a costo di prendermi - a mia volta - del plagiatore: ebbene sì, "Fear Of Drowning" è un pezzo che strizza l'occhio ai The Who e ai Kraftwerk di "Europe Endless" (soprattutto nei synth delay) ma, udite, senza trascrivere né gli uni, né gli altri.  Mettiamo dunque le orecchie al loro posto e guardiamoci dritti negli occhi: questa canzone, valga come esempio per tutte, ci racconta  che i Mirrors sono stati sì a lezione (e chi non l'ha fatto?) ma che le canzoni se le scrivono e arrangiano da soli e pure bene, senza dover sbirciare il compito dai vicini di banco o copincollarle dal manuale. Giusto per capirci, stiamo parlando di pop come rielaborazione, manipolazione, rimescolamento e non di un mero esercizio di calligrafia.

Principalmente per questo motivo inseriamo il sound dei Mirrors entro contesti attualissimi, non già di mero revival, in quanto aggiunge un esclusivo tassello alla solennità elettrica dei White Lies, alle sovrapposizioni melodiche dei Delphic e allo scintillante elettropop dei Cut Copy. Giacché l'intento comune è di levigare laddove le matrici furono scarne, indagare la tecnologia senza la pionieristica ingenuità dei progenitori, riempire di colori il grigio e il nero in cui si vorrebbe per automatismo relegare questi nomi e, nel caso specifico dei Mirrors, agganciare la struggevolezza del cantato non già nei pressi del "comodo" Andy McCluskey, bensì nel crooning anni 50 verso cui anche quest'ultimo volgeva lo sguardo.
Ciò che esce da canzoni come "Look At Me" e "Into The Heart" è  puro romanticismo ipertecnologico, e dagli intrecci tastieristici di "Ways To An End" la consumata abilità di chi, già padrone della materia, la esprime con l'entusiasmo del guardare avanti senza curarsi troppo di quel che c'è indietro. Impressiona la spontaneità con cui si sviluppa "Somewhere Strange" un piccolo classico sin dal primo ascolto, col suo volo sospeso fra stop and go che si sublima in una ballabile, primaverile malinconia. Dopodiché è difficile eludere l'omaggio che "Hide And Seek" indirizza agli Orchestral Manoeuvres In The Dark, in specie quelli solari di "Sugar Tax" e non certo quelli degli esordi: in questo caso, però, basta ascoltare "History Of Modern" per constatare quanti punti di vantaggio accumula sull'attuale songwriting degli antichi maestri.

Tra un idillio pop e l'altro, c'è persino spazio per il synth-glam "Searching In The Wilderness" che rimanda ai Suede di "Animal Nitrate" a cui un malandrino Vince Clarke ha rubato le chitarre, e per l'ambiziosa chiusura di "Secrets", dieci minuti e non accorgersi, fra un'intro industrialoide e insigni coralità à la Arcade Fire che collassano in un interludio ambient  per riemergere, ancora, sul tema iniziale.
I Mirrors sono un giovane quartetto di Brighton, sono al debutto, suonano il synth-pop nell'anno duemilaundici, esteticamente sono stilosi e, fra le tante altre cose, hanno sfornato un grande album. Non siamo alle solite.

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10/03/2011

Tracklist

  1. Fear Of Drowning
  2. Look At Me
  3. Into The Heart
  4. Write Through The Night
  5. Ways To An End
  6. Hide And Seek
  7. Somewhere Strange
  8. Something On Your Mind
  9. Searching In The Wilderness
  10. Secrets

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