L'introduzione di elementi e strumenti classici non è la vera novità del chamber pop, dato che le incursioni in frange orchestrali e gli arrangiamenti di band come Left Banke, Association e Zombies, già negli anni 60, destabilizzarono il monolitico mondo del rock con elementi spuri. Anni dopo, le tentazioni intellettuali del progressive modificarono il percorso di ibridazione tra rock e musica classica con eccessi talvolta al limite della noia - bisognerà attendere il post-punk per ritrovare elementi barocchi abilmente inseriti nel pop.
Le flessioni verso la musica acustica e lo-fi dell'ultimo decennio ha poi permesso la nascita di un vero e proprio movimento culturale che, riappropriandosi dell'attitudine originaria, ha riproposto l'utilizzo di una strumentazione da musica cameristica all'interno della musica pop. Dai Tindersticks ad Antony And The Johnsons sono innumerevoli i frutti di quello che oggi si può definire chamber pop.
Philip Waggoner (già membro dei Sunshine's House), con il progetto Catch Bees stabilisce un punto d'arrivo e di partenza per gli appassionati del genere. Un anno di lavoro e di sagace scrittura hanno permesso al polistrumentista di tracciare una linea sonora ben definita. Elementi neoclassici affidati a piano, organo, tromba, violoncello, melodica e glockenspiel si sposano alla tradizione country-folk americana in una West Side Story moderna dal fascino seducente. Senza dubbio è stato sempre più facile per la musica inglese incrociare le suggestioni barocche: High Llamas, My Life Story, Belle And Sebastian, i già menzionati Tindersticks e soprattutto i Divine Comedy hanno dato nobiltà a questa corrente stilistica e la produzione americana, pur senza restare al palo, sembrava confinata nel limbo. Sembrava che l'introduzione di una strumentazione classica e cameristica non avessero la forza di scindere gli elementi più marcatamente rock o folk: i National esageravano coi toni grevi, i Lambchop dovevano attendere il recente album "Mr. M" prima di smarcarsi dall'estetica country e Rufus Wainwright sfociava nel melodramma preoccupando i puristi del pop.
"Newman's Open Choir" sfonda senza indugi i confini: la produzione cristallina mette in campo tutti gli elementi della tradizione americana senza suonare etno-folk, e amabili melodie accedono alla memoria con refrain che sembrano rubati alle sirene.
Tra i tremolii post-rock in"Ruhl" e gli accenni di finger-picking di "Hegelectic" ci sono ballate ricche di lirismo (si ascolti, per esempio, "Holiday Home") che potrebbero uscire da un disco dei Wilco o di Sufjan Stevens, ma anche frammenti di melodramma che evocano Antony & The Johnsons, come nei quattro minuti d'incanto pianistico di "St. Thomas" o nella maestosa fuga barocca di "Wild Beasts". L'intuizione geniale di Philip Waggoner e del suo progetto Catch Bees è quella di mescolare vari generi confondendone i confini, senza però creare caos.
La scintillante "Atlanta" (con Denison Witmer alla voce) trascina il folk-pop fuori dalla prevedibilità grazie a gioconde sonorità di tromba, ritmi shuffle, chitarre ruggenti e organo in salsa psichedelica, consegnandoci una delle più rimarchevoli canzoni dell'anno.
"Newman's Open Choir" è come un alito di vento che rimette in gioco tutte le migliori pulsioni del pop americano. Intelligente e ricco di splendide incursioni strumentali, l'album evoca suggestioni note senza che sembrino derivative, e la presenza di almeno tre o quattro perle garantiscono ascolti ripetuti. Ci sono i toni sognanti di "Fighters", l'esuberanza esotica di "España" e l'imprevedibilità lirica e ritmica di "Summer Theme" che sottolineano le diversità in un contesto organico e coerente. Philip Waggoner meraviglia e incanta senza usare trucchi o enfasi emotive, la sua musica è crepuscolare e ricca di sfumature strumentali che danno gioia a un orecchio allenato e disposto a emozioni profonde e creative. L'esordio più maturo e singolare di questi primi sei mesi del 2012.
28/06/2012