L’Islanda non è sinonimo soltanto di natura incontaminata e aurore boreali ma da qualche tempo anche di ottima musica. Al di là delle superstar Bjork e Sigur Ros, è un territorio che continua a generare realtà molto interessanti, normale quindi che Reykjavik stia consolidando nel tempo un importante Festival, oramai considerabile fra i maggiori del Nord Europa, giunto nel 2018 al traguardo della ventesima edizione. L’Iceland Airwaves si è svolto nel primo weekend lungo di novembre, una rassegna da molti accomunata al South By South-West che ogni anno presenta centinaia di artisti, proponendo sia nomi poco conosciuti ma decisamente promettenti, molti dei quali rappresentativi della vivace scena islandese, sia live act di rilievo internazionale, fra i quali quest’anno spiccano i nomi di Blood Orange e Olafur Arnalds. Le scelte degli organizzatori dell’Airwaves si concentrano comunque in particolare su realtà di nicchia, quindi niente Foo Fighters o Thom Yorke di turno, piuttosto il piacere della scoperta del sottosuolo, fra musicisti di paesi “altri” che stanno suscitando un certo interesse nel circuito indie (Bedouine, Vok) e nomi sul punto di prendere il largo a livello di visibilità (Nadine Shah, Snail Mail, Superorganism). E se quest’anno c’è una vera rockstar, e risponde al nome di Julian Casablancas, non è certo qui con gli Strokes, bensì con il side project sperimentale The Voidz.
Per quattro giorni la fredda capitale islandese, gremita di pubblico proveniente da ogni angolo del mondo, si è scaldata con i più svariati generi musicali, grazie a una ricetta che spazia dal folk al rap, dal rock all’ambient, dal pop all'elettronica, con proposte di altissima qualità, seguite spesso con una pinta di birra in mano. Ampliatosi durante gli anni, la ventesima edizione del Festival si è svolta in ben 13 venue ufficiali (prevalentemente teatri e live club) e numerose off-venue, quali negozi di dischi, librerie, pub, ostelli, hall di hotel. Per quattro giorni in città si suonava, cantava e ballava praticamente ovunque, con tanto di brevi showcase gratuiti intervallati da interviste radiofoniche. Tutti i set sono stati abbastanza concisi, in genere intorno all’ora di musica, molti dei quali trasmessi in diretta dall’emittente radiofonica gemellata, quella considerata una delle migliori al mondo, l’americana KEXP.
Lunghissima la lista dei musicisti partecipanti, a partire dai primi che abbiamo avuto occasione di vedere, gli Hugar, un’esibizione gratuita avvenuta presso il Kex Hostel. Il duo strumentale islandese, formato da un pianista/sassofonista e da un chitarrista, ha ipnotizzato il pubblico con quelle tessiture eteree e delicate che in passato hanno raccolto il plauso dei maggiori artisti islandesi (Bjork in primis): altamente consigliati a chi volesse trovare un’oasi di pace lontana dallo stress quotidiano. Seguendo il consiglio di David Fricke di Rolling Stone, abbiamo seguito lo showcase delle Reykjavikurdætur, una “posse” eterogenea composta da 10 ragazze di Reykjavik, unite da ideali comuni, contrari al misoginismo moderno. I ritmi pop à la Spice Girls contrastano con i testi fortemente politicizzati, animati da temi basati sull’empowerment femminile. Il risultato è molto piacevole e coinvolgente. Esibizione di spessore anche quella dei Mammut (al Gamla Bio), altra band islandese di difficile collocazione, protagonista di un hard-rock dai toni epici e dalle venature gothic. La cantante è decisamente carismatica, e cattura con facilità l’attenzione del pubblico. Una band alla quale le piccole venue cominciano ad andare strette, che attendiamo quindi di vedere su palcoscenici più grandi.
Sempre al Gamla Bio seguiamo gli Agent Fresco, potente quartetto islandese, considerato da molti la miglior rock band dell’isola. Accostabili a dei Rage Against The Machine dalle venature pop, dal vivo sprigionano una grande carica di energia, con il cantante che non disdegna l’uso del falsetto e termina il concerto in mezzo al pubblico in visibilio. Altra band altamente consigliata nel cartellone di quest'anno sono i Trupa Trupa, classica formazione di quattro elementi proveniente da Danzica, Polonia, la città di Solidarnosc, che ruota intorno al talentuoso cantante Grzegorz Kwiatkawski. Freschi di firma per un’importante label americana, si caratterizzano per un post-punk guidato dalla chitarra di Kwiatkawski e dal basso di Wojtek Juchniewicz. Segnatevi questo nome: sono da tenere d’occhio.
Il momento più atteso dell’Airwaves 2018 è però l’esibizione dei Voidz, il gruppo parallelo di Julian Casablancas, esibitosi in un breve set di 45 minuti incentrato sul meglio dei due album sinora pubblicati. Sul palco vengono esaltate ancora di più le capacità tecniche dei musicisti, una all star band americana che comprende le percussioni di Young Pirate, le chitarre di Jeramy “Beardo” Gritter e Amir Yaghmai, il basso di Jake Berkovici, e ovviamente la voce del leader degli Strokes. Non proprio un animale da palcoscenico Casablancas, anzi spesso tende a coprirsi il viso, come intimidito dalla presenza del pubblico adorante. Ma il carisma c'è - non lo scopriamo certo oggi - e la band molto ben assemblata. Una bella caccia al tesoro l’Airwaves Festival, che riserva oltre tutto numerose sorprese "ambientali": svolgendosi durante il periodo dell’anno in cui l’Islanda riceve soltanto poche ore di luce solare al giorno, trasforma l’esperienza in qualcosa di assolutamento unico. Segnatelo in agenda se state pensando di programmare un viaggetto verso Nord...
In alto: Julian Casablancas (foto di Pier Paolo Campo)