Tony Hadley in Italia, un appuntamento d'eccezione che di questi tempi sta diventando la splendida regola. Il sessantatreenne ex-frontman degli Spandau Ballet sembra aver definitivamente piantato le radici nel nostro paese, se alle decine e decine di spettacoli tenuti qui negli ultimi anni sommiamo le passate collaborazioni con Caparezza, Arisa e Nina Zilli e le continue scorribande che di recente lo hanno visto protagonista alla radio e in tv. Forse “anche troppe”, avranno da ironizzare quelli della vecchia generazione cresciuti a pane e Duran Duran, o magari “meglio così”, ribatteranno con orgoglio i fan degli storici nemici/colleghi, dato che a prescindere dai gusti e dall'eterna rivalità tra le due fazioni l'unica cosa certa è che di ugole come la sua se ne possono ammirare in giro ormai ben poche. L'ennesima conferma si è avuta giovedì 18 aprile a Roma nell'avveniristico scenario del Convention Center La Nuvola, nel cuore del quartiere Eur, dove il cantante di Islington era atteso insieme alla TH Fabolous Band per una tappa del “Mad About You Tour”. Ci presentiamo con calma intorno alle 20,15 e troviamo facilmente parcheggio, approfittando del fatto che buona parte della città è distratta da questioni calcistiche: allo stadio Olimpico si disputano in contemporanea i quarti di finale di Europa League, ma non resteranno a corto di emozioni neppure quei temerari, saranno in tutto un migliaio all'incirca, che stasera hanno preferito la musica al pallone.
A livello architettonico la location offre già di per sé tanti motivi di curiosità, così ci districhiamo con un pizzico di stupore nel pittoresco labirinto a vetri dell'edificio e dopo tre rampe di scale mobili in salita prendiamo finalmente posto all'interno dell'Auditorium. La hostess che ci accoglie all'ingresso in galleria ci comunica che l'evento è sold-out, ma possiamo accomodarci dove meglio crediamo dal momento che parecchi daranno presumibilmente forfait a causa della chiusura della Pontina, una delle principali arterie di accesso alla zona. Il concerto, inizialmente in programma il 24 febbraio, era stato rinviato a causa del perdurare di un infortunio al ginocchio, ultima di una serie di disavventure patite da Hadley che nello scorso agosto, nell'arco di un paio di settimane, era prima caduto in camerino a Palmi riportando una frattura della rotula e la rottura del legamento, poi era stato ricoverato d'urgenza a Belfast dopo aver accusato un malore durante il soundcheck. Per fortuna pare essersi ripreso alla grande e alle 21,20, con qualche minuto di ritardo sulla tabella di marcia, si parte a razzo con “To Cut A Long Story Short”, singolo di debutto del 1980 da cui il mito degli Spandau Ballet ebbe origine e uno dei pilastri incrollabili dell'intero movimento new romantic. L'acustica è da perfezionare, ma in compenso gli applausi che scrosciano in sala si sentono nitidi, quindi si prosegue con una pregevole accoppiata formata da “Higly Strung” e “Only When You Leave”, tratte entrambe da quel “Parade” del 1984 che molti considerano ancora oggi il miglior lavoro prodotto dalla band britannica nella seconda fase di carriera, quando le sonorità elettroniche e danzerecce degli esordi lasciarono spazio strada facendo a un sophisti-pop elegante e ricercato.
Il cantante vanta in parallelo anche un nutrito curriculum solista, con il quale suole destreggiarsi in riletture di standard della tradizione jazz. D'altronde, dati i modi da gentleman sempre disponibile e sorridente, i panni del crooner gli calzano addosso a pennello, anche se per la verità in termini di vendite non ha mai saputo rinverdire i fasti del periodo d'oro. Comunque sia, le esecuzioni risultano sempre altamente godibili, ne sono testimonianza la cover del classico “Feeling Good” (scritto da Anthony Newley e Leslie Bricusse e portato al successo nel 1965 da Nina Simone), le trascinanti “Because Of You” e “Alibi” e l'inedita “Walk Of Shame”, contenuta nel progetto nuovo di zecca a tinte swing “The Mood I'm In” che il vocalist ha sfornato giusto in questi giorni e di cui risentiremo di sicuro parlare a breve.
La serata scorre rapida senza grandi interruzioni, salvo un simpatico break per dare il benvenuto agli spettatori condito da apprezzamenti alla nostra cucina: “Italia, vino, limoncello, spaghetti e vongole”. Chi ha già assistito a uno show di Hadley sa che lo spassoso leit-motiv è ormai il menù della casa, e per non farsi mancare nulla in un attimo si passa dalle parole ai fatti e sul palco si stappa pure qualche bottiglia. Sarà l'età, saranno le bollicine, fatto sta che tra un goccino e l'altro ci scappa a sorpresa anche un ringraziamento agli ex-compagni senza i quali, afferma candidamente, “adesso non sarei qui”. Dunque, pace fatta con i fratelli Kemp e il resto della combriccola dopo gli interminabili screzi legati al copyright dei brani? Chissà, allo stato attuale non trapelano notizie riguardo possibili reunion all'orizzonte, ma nel frattempo ci godiamo un altro trittico doc di marca-Spandau con “Communication”, la romantica “I'll Fly For You” e “Round & Round”, sempre molto richieste sul versante live.
“Soul Boy” viene invece ripescata dalla colonna sonora del film a tema biografico “Soul Boys Of The Western World”, diretto nel 2014 dalla regista George Hencken, poi è la volta dell'evergreen “Through The Barricades”, il vero capolavoro della band e una delle ballate sentimentali in assoluto più profonde e significative degli anni Ottanta, qui incattivita da uno spiritato ritornello a due assieme alla percussionista Lily Gonzalez, che quando vuole sa estrarre dal cilindro anche invidiabili performance vocali di stampo black.
Piovono ancora applausi a dirotto misti di venerazione e nostalgia, quindi arriva un toccante ricordo dell'amico Freddie Mercury con la cover dei Queen “Somebody To Love” e il cuore ha un sussulto. Per sdrammatizzare un po' la solennità del momento, Hadley, da consumato maestro di scena, decide ora di brindare ai bei tempi andati con un bicchiere di Jack Daniel's sulle tambureggianti ritmiche funky di “Chant No.1”, poi si cimenta con disinvoltura nell' ultima cover della serata, quella “That's Life” che amava cantare sin da ragazzo e che in qualche modo gli ha spalancato gli occhi sul futuro, visto che in seguito ha raccontato più volte di aver scelto questo mestiere dopo aver assistito a diciassette anni, assieme alla madre Pat, a un concerto alla Royal Albert Hall del suo idolo Frank Sinatra.
Dopo “That's Life” tocca alla sdolcinata “Lifeline”, quindi siamo pronti al gran finale affidato come prevedibile all' immancabile “True” (che tra l'altro rimane ad oggi l'unica hit degli Spandau Ballet capace di raggiungere la vetta delle classifiche britanniche) e all'attesissimo inno “Gold”, sulle cui irresistibili note e con il benestare degli addetti alla sicurezza il pubblico può lasciare la propria postazione per riversarsi entusiasta a cantare in coro sotto al palco. Purtroppo non è concesso alcun bis ma possiamo comunque ritenerci soddisfatti, tanto sappiamo già che il tour proseguirà almeno sino alla prossima estate e passerà ancora dall'Italia.
Arrivederci Tony, è sempre un piacere rincontrarsi e se queste sono le premesse, non mancheranno certo altre occasioni.