Fehlfarben

Monarchie und Alltag

1980 (Welt)
neue deutsche welle

Non è mai stato semplice definire i confini di una corrente che ha fatto della sperimentazione la propria bandiera, mutuando l’estetica punk in direzione new wave ma con una diversificazione tale da lasciare davvero pochi punti di riferimento (tra questi, l’utilizzo quasi esclusivo della lingua tedesca). Siamo quasi al termine degli anni Settanta e stiamo parlando della Neue Deutsche Welle, un movimento radicato in luoghi chiave come Berlino Ovest, Amburgo, Düsseldorf e Hagen.
Questa geografia del suono ha visto esplodere realtà diametralmente opposte tra loro: in effetti, tra la körpermusik dei Daf e il post-punk delle Xmal Deutschland c’era davvero molta differenza, così come tra la ruvida proposta degli Abwärts e le derive più leggere del movimento (pensiamo all’ascesa degli Extrabreit ma soprattutto ai successi da classifica dei vari Trio, Nena e Peter Schilling). Una lista che potrebbe continuare con tanti altri nomi (Ideal, Nina Hagen, Malaria!, Rheingold), anche al di fuori dei confini nazionali (dagli svizzeri Grauzone alla compianta popstar viennese Falco, la NDW includeva al suo interno un esercito di artisti accomunato dallo stesso idioma e da una personalità a tratti dirompente).

I Felhfarben nascono nel 1979 tra Düsseldorf e Wuppertal. Nel giro di un anno, compongono e registrano (durante l’estate del 1980) un album destinato a segnare in maniera indelebile le sorti del post-punk di marca teutonica. La formazione è quella storica: Peter Hein alla voce (fuoriuscito pochi mesi dopo dal gruppo), Thomas Schwebel alla chitarra, Michael Kemner al basso e poi ancora Frank Fenstermacher (sassofono), Uwe Bauer (batteria) e George Nicolaidis (synth).
All’interno del lavoro sono presenti le più disparate influenze, non a caso l’idea di mettere su una band nacque durante una vacanza in Inghilterra, terra di rivoluzioni punk e new wave ma anche luogo sacro per il rinnovato movimento ska (il primissimo singolo dei Felhfarben, “Große Liebe/Abenteuer & Freiheit”, sembrava volersi rivolgere ai seguaci della 2 Tone Records!). Assimilata a dovere l’essenza di tali sonorità, non restava che filtrarla attraverso la propria specifica identità sociale e culturale, quella di una Germania ancora spaccata in due dalla guerra fredda e dalle contraddizioni di un’epoca di grandi cambiamenti, anche a livello tecnologico.
L’emblema di quanto affermato lo ritroviamo immediatamente nella copertina del disco, una fotografia ritoccata di un anonimo palazzo di periferia sul cui fianco è affisso un manifesto pubblicitario. “Dieci milioni di telespettatori non possono sbagliarsi”, recita il cartello, dove campeggia l’immagine di una coppia anziana seduta sul divano con in mano un telecomando. La monotonia della vita quotidiana ora è contrapposta a un regime in technicolor (da qui il titolo dell’album), una monarchia catodica capace di irrompere nella grigia routine urbana di tante persone.

“Monarchie und Alltag” ci regala le sue gemme più celebri nella seconda metà del disco. Bisogna quindi partire con due brani entrati di diritto nella storia del rock teutonico: il primo è “Ein Jahr (Es geht voran)”, un ossessivo inno guidato da un riff di ispirazione disco-funk. Sembra di ascoltare un pezzo degli Chic adattato alla carica esplosiva della Neue Deutsche Welle (un connubio sulla carta impensabile, eppure talmente riuscito da riscuotere un grande successo in patria, sia negli ambienti mainstream che in quelli legati al mondo degli squatter). Ecco perché, spesso, i Fehlfarben hanno confuso e persino diviso il pubblico che li seguiva. Diatribe alimentate addirittura dalla Emi, la quale fece leva sull’appeal del brano lanciandolo come singolo ben due anni dopo (contro il volere della band), per sfruttare al meglio il momento di massimo splendore commerciale raggiunto dalla NDW. Un percorso per certi versi contraddittorio eppure vincente, considerando che la scia lasciata dall’amara fotografia storica di “Monarchie und Alltag” ha poi trovato la sua definitiva consacrazione nel 2000, anno in cui l’album si aggiudica il disco d’oro in Germania raggiungendo la bellezza di 250.000 copie vendute.
A proposito di amarezza, è con la conclusiva “Paul ist tot” che il gruppo scrive il suo vero capolavoro. Otto minuti di disillusione e di puro esistenzialismo, praticamente una riflessione sulle rovine di una società piena di futili attrazioni per le masse (“Dove si va? Dove? Quello che voglio non posso ottenerlo e qualunque cosa possa ottenere, non mi piace. Non voglio quello che vedo, voglio quello che sogno”). Se la base strumentale può ricordare qualcosa dei primi Cure, l’intervento del sassofono e il cupo mood generale della composizione mettono in luce il lato oscuro di una band perfettamente incastonata nella propria epoca di appartenenza.

Il pezzo più curioso dell’album è senza dubbio “Militürk”, il cui testo fu scritto da Gabi Delgado dei Deutsch-Amerikanische Freundschaft (questo fondamentale duo proveniente da Düsseldorf aveva cominciato la propria carriera con una proposta molto sperimentale e con una formazione allargata, nella quale era presente anche Michael Kemner, succitato bassista dei Felhfarben). Il brano in questione - originariamente composto nel 1979 dai Mittagspause, gruppo di matrice punk dove militavano sia Delgado che Peter Hein - qui viene letteralmente decostruito e arrangiato con un approccio danzereccio, diventando un altro tassello importante per le sorti dell’album. Ulteriore curiosità: la frase “Wir sind die Turken von morgen” fu poi citata dai Cccp, grandi estimatori della NDW, nella loro gettonatissima “Punk Islam”. Già terra di immigrazione turca fin dai primi anni Sessanta, la Germania Ovest dovette fronteggiare una seconda imponente ondata a partire dal 1974, quando le nuove leggi legate al ricongiungimento familiare consentirono a molti lavoratori turchi di essere raggiunti in patria dalle loro famiglie. Si trattava, dunque, di un argomento molto sensibile, non a caso gli stessi Daf utilizzarono le medesime lyrics per il singolo “Kebabträume” (1980), senza dimenticare un’altra composizione a tema uscita nello stesso periodo, “Türkenblues” degli Abwärts (contenuta nel loro debut “Amok Koma”).

“Monarchie und Alltag” non finisce mai di sorprendere, non tanto nella canonica apertura affidata alla discreta “Hier und jetzt”, quanto nella successiva saltellante “Grauschleier”, un brano dove la band riesce a far convivere lo spirito dei Clash con quello dei Cure di “Play For Today” (il giro di basso presente nella parte centrale). Dopotutto, “Seventeen Seconds” era uscito solo pochi mesi prima e già aveva stregato una moltitudine di appassionati, così come le linee suonate da Simon Gallup, la cui influenza diventa quasi ingombrante nell’ipnosi dark di “Das sind Geschichten”.
L’originalità torna su livelli eccelsi tra le note di “All That Heaven Allows”, un passaggio più sofisticato e per certi versi sperimentale, in attesa della più movimentata “Gottseidank nicht in England”, dove i Fehlfarben non nascondono il loro amore verso alcuni monumenti musicali sempre di provenienza britannica (Wire, Gang Of Four e altre realtà che hanno contribuito al naturale passaggio di consegne tra punk e new wave). Sensazioni che ritornano nella nevrotica “Apokalypse” (altro pezzo da novanta del disco), nella più ariosa “Angst” e nella spietata analisi di “Das war vor Jahren”, il cui testo prende di mira l’ormai dilagante capitalismo (“Il sole della Coca-Cola splende ancora una volta sulla nostra repubblica. Qui ci sono persone che pensano che sia bello e abbiamo ballato fino alla fine, al ritmo della migliore musica. Ogni sera, ogni giorno, pensavamo che questa sarebbe stata la vittoria”).

È un peccato che “Monarchie und Alltag” sia un album relativamente considerato in Italia, al contrario di altri prodotti di matrice NDW che invece hanno trovato un importante riscontro soprattutto negli ambienti dark. Il motivo è semplice: se, ad esempio, le Xmal Deutschland (finite presto per incidere su 4AD) erano molto più facili da collocare all’interno di un universo post-punk parente prossimo di Siouxsie, i Fehlfarben sono sempre stati percepiti come un gruppo di raccordo tra diverse sonorità, oltre al fatto che si sono rivelati delle meteore incapaci di replicare l’exploit del debut. Ma “Monarchie Und Alltag” resta una delle pietre miliari incontrastate della Neue Deutsche Welle, un disco diverso, eclettico e di viva nonché amara protesta nei confronti della società circostante.

16/03/2025

Tracklist

  1. Hier und jetzt
  2. Grauschleier        
  3. Das sind Geschichten
  4. All That Heaven Allows
  5. Gottseidank nicht in England
  6. Militürk     
  7. Apokalypse
  8. Ein Jahr (Es geht voran)
  9. Angst
  10. Das war vor Jahren
  11. Paul ist tot

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