Abbassate il finestrino, alzate il volume dell’autoradio e fate entrare l’aria frizzante della primavera: è il momento ideale per lasciarsi andare al pop brioso e arguto dei Minus 5... Le strisce pedonali di Abbey Road sono all’orizzonte, ma la strada si dipana nel sole accecante del vecchio West: un crocevia di fragranze leggere e zuccherine, semplice e diretto come quel cielo terso in cui si perde lo sguardo.
Nati negli anni Novanta come un progetto parallelo di Scott McCaughey, cantante degli Young Fresh Fellows di Seattle, i Minus 5 hanno finito per mettere in ombra disco dopo disco il gruppo d’origine, coinvolgendo nella loro formula di collettivo aperto componenti di band ben più blasonate come Rem e Wilco. Con lo spirito svagato di uno splendido dopolavoro per pop-rocker , i Minus 5 sono arrivati così a siglare un nuovo episodio della loro avventura che, a dispetto della mancanza di titolo, è stato immediatamente ribattezzato "Gun Album" per la sagoma di pistola che campeggia in copertina: "In pratica è come il 'White Album' più 'Happiness Is A Warm Gun'", scherza McCaughey, tanto per mettere in chiaro sin da subito dove stiano di casa le sue ascendenze.
D’altra parte, il pianoforte romantico e spigliato di "This Rifle Called Goodbye" non lascia dubbi circa l’amore incondizionato di McCaughey per i Fab Four: un omaggio fin troppo devoto che, passando attraverso gli aromi lennoniani di brani come "My Life As A Creep" e "All Worn Out", diffonde la sua dolcezza lungo tutto il disco, impregnandolo di atmosfere inconfondibilmente Sixties .
Stavolta la lunga lista degli ospiti che accompagnano il padrone di casa comprende tra gli altri Peter Buck dei Rem, Jeff Tweedy degli Wilco, Colin Meloy dei Decemberists, Ken Stringfellow dei Posies e John Wesley Harding. Il risultato è un disco che, pur non riuscendo a replicare le raffinate cesellature del precedente "Down With Wilco", si diverte a giocare con un power-pop nitido e scintillante a base di Bibbie & polvere da sparo.
Come un soffio di brezza, le chitarre alla Big Star di "Out There On The Maroon" e "With A Gun" saltellano con un sorriso appena velato di malinconia, mentre l’organo scivola sui controcanti remmiani di "Twilight Distillery". Non a caso, ormai da anni McCaughey accompagna come session-man di lusso la band di Athens in tour e l’esperienza con Michael Stipe e soci ha evidentemente lasciato il segno.
Dalla ruvidezza stile Uncle Tupelo di "Aw Shit Man" si passa ai boccioli westcoastiani di chitarre acustiche e steel di "Cigarettes Coffee And Booze", per poi tornare al rock dai riff spessi di una "Original Luke" che potrebbe essere stata scritta da John Mellencamp. "Amo molto i dischi variegati", afferma McCaughey quasi preoccupato di giustificarsi per l’assortimento del suo "Gun Album", "mi piacciono i dischi al cui interno le canzoni spaziano liberamente da un genere all’altro e i suoni sono sempre diversi".
Il meglio, però, i Minus 5 lo riservano per la seconda parte dell’album: "Leftover Life To Kill" parte come certi storti rock ‘n’ roll dell’ultimo Daniel Johnston, con una chitarra sfrigolante che acquista un incedere plastico tra gli arabeschi dell’organo, fino alla coda finale in odore di distorsioni elettroniche firmate Jeff Tweedy. "Hotel Senator", con le sue pulsazioni frastagliate e i suoi brividi di elettricità, non sfigurerebbe nel repertorio di Elvis Costello. E poi c’è la voce di Colin Meloy che accarezza i chiaroscuri pianistici di "Cemetery Row W14" con grazia sorniona, mentre "Bought A Rope" si distende soffice come una ballata eelsiana su un tappeto di riverberi.
A fare da contraltare alla solarità della sua veste musicale, il "Gun Album" dei Minus 5 racconta di persone costantemente sull’orlo del disastro, senza però mai disdegnare il distacco di uno sguardo venato di ironia. "Avrebbe dovuto intitolarsi 'Flirtare con il disastro fino all’autodistruzione'", osserva sarcastico McCaughey. Dalla crisi di mezza età del protagonista di "Aw Shit Man" alla passeggiata tra le lapidi di "Cemetery Row W14", passando attraverso la depressione alcoolica di "Out There On The Maroon", è lo stesso McCaughey a sintetizzare lo spirito del disco in uno dei versi di "Twilight Distillery": "I’m sticking with whatever fails".
È il senso di spontaneità, alla fine, il vero punto di forza dei Minus 5. A mancare, però, è quel guizzo imprevisto capace di accendere la scintilla definitiva. Ma se siete in cerca di melodie cristalline con cui andare incontro a una giornata di sole, non esitate a impugnare le pistole... Come dice McCaughey, "l’essenza dei Minus 5 è farsi guidare dall’inesplicabile intreccio di coincidenze, incontri, opportunità e disastri": e da un incontro, si sa, può sempre nascere una novità inaspettata…
20/04/2006