Cos'era lecito chiedere, cos'era lecito aspettarsi oggi dagli U2? I quattro ex ragazzi d'Irlanda erano finiti nelle sabbie mobili di una crisi - musicale, certo non di vendite - profonda: crisi di identità ("Pop"), di ispirazione ("All That You Can Leave Behind"), crisi addirittura come musicisti tout court ("How To Dismantle An Atomic Bomb"). Grossi problemi di forma e sostanza, laddove la prima era quella di una arena-band totalmente priva di stimoli su disco, con una vena melodica e una ricerca sonora divenuta talmente annacquata e didascalica, e la seconda quella di un leader maximo che aveva rotto la coesione e l'essenza della band, creandosi un'immagine e un ruolo assai distanti dalla musica. I cinque anni di silenzio antecedenti l'ultima nuova uscita sono sintomo di cosa? Lavoro, apatia, mero disinteresse?
Per rispondere agli interrogativi posti occorre premettere una considerazione semplice semplice: il trentennale degli U2 non può non risentire della perdita di smalto, di brillantezza, di irriverenza, insomma, della bruciante gioventù che aveva fomentato i loro cuori. "No Line On The Horizon" non può suonare come "War" o come "Acthung Baby" per ragioni strettamente fisiologiche ancor prima che musicali. Quel che era lecito chiedere a questo nuovo album era quantomeno che si smettesse di tirar fuori il paravento di un - impossibile - ritorno agli antichi fasti, si prendesse coscienza dei propri mezzi attuali e si iniettasse una gran dose di lavoro.
Fortunatamente, il primo elemento a risaltare chiaro, lapalissiano, una volta terminato l'ascolto di "No Line On The Horizon", è proprio la quantità - nonché la qualità - del lavoro impiegato nella sua costruzione. La sapiente cura con cui vengono cesellati i brani, i minori quanto quelli portanti, è tanto palese quanto la valenza delle scelte di produzione. La coppia d'esperienza Eno/Lanois porta un suono sì lambiccato ma capace di colorire adeguatamente i brani, nonché perfetto nel rinsaldarne l'ossatura. Quello che viene fuori è un disco di mezzi toni, di sfumature, di ampio respiro e grigio come la sua copertina, in cui tutto ciò che sono stati/hanno pensato gli U2 concima il loro presente.
Le tastiere liquide che aprono "Magnificent" fanno da anteprima a un bel tuffo nel passato, frutto della chitarra di The Edge che ritrova epiche ormai antiche su cui Bono si fa raffinato interprete, con la complicità di arabeschi e di una melodia cristallina. Un brano di bellezza immediata e di classica maturità. Altrove il trait d'union col passato si fa più labile: come in "Moment Of Surrender", un lungo gospel ricco di pathos, per organo, archi e beat elettronici, o come l'evocativa distesa "Fez-Being Born", in cui la melodia prende la linea del racconto per immagini, sostituendola alla logica strofa-inciso.
Il capolavoro di questo modus operandi, il brano meglio rappresentativo del nuovo corso, si chiama "Unknown Caller". Trattasi di uno splendido momento corale, in cui chitarra e sezione ritmica si limitano a incorniciare il lavoro di voci fino a quando viene lasciato spazio a un intensissimo solo di The Edge di rara profondità.
A questo punto sarà evidente che la sfacciataggine del singolo "Get On Your Boots" non è che un aspetto minore. Piazzato a centro album, quest'ammiccante funkettino è, con le compari "I'll Go Crazy..." e "Stand Up Comedy", solo un momento di libertà ("Hey sexy boots, I don’t want to talk about the wars between the nations"), di rock'n'roll in senso stretto - non a caso sono gli unici tre pezzi non firmati anche dai produttori - che, per quanto sarà inviso a parecchi fan, spezza senza per questo creare grossi cali di qualità. Perché, alla fin fine, il valore di "No Line On The Horizon" trova la sua conferma proprio nei numeri base, come la solida e potente "Breathe" o come il crescendo della title track. Brani che mantengono la giusta rotta nell'attesa dei momenti più aulici, tra cui non può non citarsi la deliziosa "Cedars Of Lebanon", suadente ballata sottovoce che chiude il disco con il miglior testo del lotto (testi che, ad onor del vero, globalmente non brillano).
"No Line On The Horizon" segna il ritorno degli U2 alla musica, senza che per questo si debba parlare di grande stile. Lo stile è piuttosto finalmente consapevole, finalmente maturo, finalmente faticato, i pezzi sono scritti e arrangiati con classe e applicazione se non passione, in maniera tale da superare i limiti d'età. Il risultato complessivo riporta ai tempi di "Zooropa" e, detto francamente, si tratta di un mezzo miracolo.
01/03/2009