Qualitativamente parlando, il materiale qui presente non fa che confermare il momento piuttosto confuso della compagine norvegese, pure capace di lanciare qualche segnale di rinascita con il precedente numero “10”. Tuttavia, le tessiture scheletriche e frante di buona parte di queste sei composizioni mostrano musicisti vogliosi di mettersi sempre in discussione, al di là della validità dei risultati.
Fatta eccezione per i soundscapes dilatatissimi e desolati di “11” (con la solita tromba memore di Mr. Hassell) e l’eterea radura di "11.5", il grosso dell’operazione è affidato a una sorta di free-funk spastico-digitale e dell’anima astratta (“11.1”, “11.3” e “11.6”), anche se, alla fine, il momento più interessante è rappresentato dagli spazialismi immaginifici e dal groove jazz-rock sghembo ma solidissimo di “11.4”.
Solo per fan incalliti.
(08/11/2010)