Sono un pezzo di storia del pop inglese e nessuno o quasi lo sa. Sulla scena da poco meno di vent'anni, i Comet Gain di David Feck (innumerevoli gli eteronimi) hanno macinato album, Ep e singoli con apprezzabile continuità (l'ultimo, una miscellanea del 2008, "Broken Record Prayers", potrebbe costituire un ottimo punto di partenza per neofiti e curiosi), raccogliendo in qualche modo il testimone dei maestri Wedding Present e traghettando l'etica (e l'estetica, le due cose infatti coincidono) della generazione C86 nel nuovo millennio. Sempre un po' defilati e non troppo celebrati dalla critica (nemmeno in anni di retromania e antiquariato galoppanti come quelli che stiamo vivendo) i Comet Gain rimangono un esempio perfetto di "gruppo amato dagli altri gruppi", nome programmatico da inserire e citare sempre con malcelato orgoglio nell'elenco delle proprie influenze stilistiche. Non sorprende allora trovarli oggi alla corte della londinese Fortuna Pop!, etichetta specializzata in sopraffine produzione indie-pop, che annovera in catalogo le imprese di discepoli illuminati come Allo Darlin', Lucksmiths e, soprattutto, Pains Of Being Pure At Heart e Crystal Stilts (con i quali i Comet Gain hanno intrecciato nel tempo un fitto scambio di membri e palchi, vedi anche il progetto Cinema Red And Blue).
Feck sostiene che in tanti anni di fiera militanza più di sessanta musicisti sono entrati e usciti dalla band, e altrettante paiono essere oggi le anime musicali che un album corposo e vario come "Howl Of The Lonely Crowd" (il sesto in carriera) rimette in movimento nelle orecchie dell'ascoltatore. Va peraltro aggiunto che alle session di registrazione del disco hanno preso parte Alasdair McLean dei colleghi Clientele, il leggendario Edwyn Collins (il cui tocco ideale si avverte soprattutto nei momenti più northern soul, come "The Weekend Dreams") e l'alunno devoto Ryan Jarman dei Cribs (si passi una mano sulla carta vetrata garage-punk di "Working Circle Explosive" o "Herbert Huncke Pt. 2", un numero alla Modern Lovers dei tempi migliori). La band riversa da sempre nei propri dotti canzonieri tonnellate di citazioni letterarie, musicali e cinematografiche (palpabili anche nei raffinatissimi artwork godardiani), nel segno della migliore tradizione indie britannica (quella, tanto per intenderci, di Sarah, Creation, Èl o Postcard) ma ciò che colpisce e subito conquista è senz'altro l'abilità naturale nel sublimare i sottilissimi riferimenti in una trama di canzoni preziose e immediate. Arriva così la confessione in odore di Television Personalities "After Midnight, After It's All Gone Wrong" o la carezza twee di "An Arcade From The Warm Rain That Falls", la vibrazione folk, simil Big Star, di "Some Of Us Don't Want To Be Saved" o lo psych-pop con ipnotiche tastiere alla Clean di "Youna Baines" (dedicata all'omonima tastierista dei Fall).
"Howl Of The Lonely Crowd" giunge così a celebrare il talento di un grandissimo "pensatore" della musica pop contemporanea, ponendosi a mezza via tra uno studio critico su quarant'anni di cultura popolare in formato canzone e un'elegia agrodolce per il museo interiore delle nostre adolescenze ormai troppo lontane, già simili a un ricordo. Commenta il disco sul forum
22/07/2011