Dagli esordi ricchi di promesse al tormentato percorso mainstream, la musica degli Archive si è modellata su scampoli di trip-hop con una versatilità che ha entusiasmato soprattutto francesi e svizzeri, mentre alcune difficoltà hanno tenuto il gruppo lontano dall’Inghilterra: “With Us Until You’re Dead” segna il loro rientro discografico in patria. Eclettico ed elaborato, l’album mostra una vocazione sinfonica dai profumi elettronico-melodrammatici che i Radiohead hanno reso arte pura, pur non essendo difficile scorgere influenze progressive e psichedeliche tra le dodici tracce.
La prima sensazione è infatti quella di un album curato in tutti i particolari; le note introduttive di “Wiped Out” allineano immagini da cult-movie che vanno da “Matrix” a "Twilight” passando per “Blade”. E' subito lampante, ad ogni modo, che quello che gli Archive riescono a fare meglio è fondere l'eredità musicale di Bristol con altri elementi: così avviene quando per un attimo cala la tensione ritmica (rinsaldata in modo eccellente con “Interlace”) con “Stick Me In My Heart”, per poi essere arroventata di nuovo con una sferzata di scansioni elettroniche.
La sequenza diventa un racconto sonoro che non rinuncia agli effetti della sovrapproduzione, ma tutto resta abilmente inserito in quello che può definirsi un intelligente ibrido sonoro; non ci sono infatti altre parole per definire le sonorità quasi plateali di “Conflict “ che ruba a Craig Armstrong tutta la sua forza evocativa. Gli Archive sembrano però a volte imprigionati nei cliché di stile, e le loro incursioni assumono un tono vintage, poco adatto a una musica ancora giovane e in continua evoluzione. Nonostante alcune lacune e i testi alquanto ingenui, c’è però un'urgenza emotiva che traspare dietro la maestosità dei suoni, una costanza ritmica che rende fluente il tessuto sonoro, una leggera imprevedibilità che dona ad alcune tracce un affascinante status di originalità.
“With Us Until You’re Dead” è l’album pop che i Massive Attack non hanno mai voluto incidere: “Violently” è il singolo perfetto per consacrare le nuove ambizioni del gruppo, i suoi accordi creano una sequenza adatta a una pellicola di fantascienza di culto, affiancati da voci femminili che sprigionano sensualità e angoscia. Dopo anni di vagabondaggio discografico, gli Archive usano infatti l’unica arma genuina in loro possesso, ovvero la passione; mostrano così un'attitudine che li ha spinti verso il soul ("Hatchet"), il progressive alla Genesis (ascoltate “Calm Now”) e il folk-pop ("Rise"), sacrificando in parte il successo nelle classifiche. Il soul sinfonico di “Silent” riporta l’orologio indietro verso il periodo aureo del sound di Bristol e dei Portishead, mentre “Twisting” morde la carne ancora rovente dei vecchi Prodigy, anche se tutto resta caratterizzato da un sound ben definito, il che è la vera forza del disco.
Una percettibile linea rende questo immenso patchwork un gradevole puzzle sonoro di vecchio e nuovo, una forma di insolito romanticismo che parte dal ritmo per incontrare le angosce di una generazione in perenne bilico, che nonostante non abbia superato la soglia della mezz’età dantesca, comincia a volgere lo sguardo indietro con nostalgia.
05/10/2012