Fennesz

Bécs

2014 (Editions Mego)
electroacoustic ambient, post-glitch

Il ritorno di un artista che ha scritto la storia della contemporaneità musicale (e che non si faceva sentire in tutto e per tutto da qualcosa come sei anni), è notizia che generalmente manda alle stelle le asticelle corrispondenti alle voci (simili ma non identiche) hype e attesa. La prima sorpresa riguardo il ritorno di Christian Fennesz sta proprio qui: di “Bécs”, in giro, per ora non ne ha parlato quasi nessuno, per lo meno rispetto a quanto era lecito attendersi. La seconda è che Fennesz torna su Editions Mego e lo fa accettando di lasciare una parte degli incassi a quel Jon Wozencroft che se lo prese in cura, assieme alla totalità dei suoi diritti di pubblicazione, quando il marchio rischiò (salvo poi salvarsi in corner) l'estinzione. La terza, per nulla scontata, è che Fennesz torna con un disco strepitoso. Per quanto tutti quegli ascoltatori che sognano una rivoluzione a ogni nuovo lavoro di un artista rischino di dissentire parecchio su questo giudizio.

“Bécs” è sempre Fennesz, non è il nuovo “Endless Summer” né una svolta profonda e vigorosa come fu “Black Sea”. A voler cercare associazioni all'interno della discografia del viennese, il disco che più gli si avvicina nella tipologia d'operazione (ma non nel sound) è senz'alcun dubbio “Venice”. Dunque uno sfarzo di classe e capacità evocativa con pochi precedenti, sette pezzi da ascoltare col cuore e senza troppa fatica, un viaggio fatto di immagini e suoni docili - quelli sì effettivamente vicini al pop strumentale postmoderno che nel 2001 aveva fissato i parametri più evoluti dell'estetica glitch. Di disfunzioni, però, ce ne sono poche e iniettate col contagocce – ma d'altronde con Fennesz è così da almeno dieci anni e ci sono tutti i presupposti perché continui a esserlo. E al loro posto, mai come prima, la protagonista totale e indiscussa è la chitarra, anch'essa privata quasi ovunque dei trattamenti, libera di inscenare praterie melodiche.

La più soleggiata di queste è quella che su “Static Kings” è chiamata ad aprire le danze, ricamando su origami elettronici e colorando così il basso inconfondibile di Werner Dafeldecker e le ritmiche spezzate di Martin Brandlmayr - primi due dei quattro storici amici chiamati a seguire l'austriaco in questa sua nuova immersione. La stagione che meglio rappresenta le atmosfere del disco è però la primavera: mai così intensa come sul capolavoro “Liminality”, rielaborato dall'ouverture di "Seven Stars". Una passeggiata di dieci minuti che attraversa una spiaggia selvaggia sotto la guida degli arpeggi, impegnati prima in uno schizzo quasi orecchiabile (!) e dispiegati poi all'inverosimile, in dialogo con la soffusa ritmica di Tony Buck. Quest'ultimo si fa notare pure nel quadretto della title track, fotografia sbiadita dai graffi, dove a svettare è un pizzicato tutto nuovo, preambolo a un fondale di archi sintetici quasi cinematografico per una sorta di “Circassian” limata e sorridente.

L'intensa e sofisticata “The Liar” si classifica come l'unico episodio dall'atmosfera notturna e in grado di richiamare il passato glitch, seppure diluito in un solco più simile a un post-rock sporco e granuloso. L'altro mezzo richiamo al passato è “Sav”, gioiello costruito sulle architetture analogiche di Cédric Stevens, che torna a immergersi nelle profondità abissali di “Black Sea”. La sinfonia sintetica di “Pallas Athene” è il perfetto contraltare a garanzia dell'equlibrio, levigato e morbido concentrato di pura ambient music che rasenta Helios e le sue esplorazioni più fini, andando a fare il paio con la chiusura bucolica e romantica, quasi folk di “Paroles”, sporcata qua e là da quei gorghi elettroacustici che la imparentano con le ultime produzioni 12k. E mentre in tanti tuoneranno affermando l'ennesimo ripetersi di un artista incapace di rinnovarsi (ma che così non aveva, di nuovo, mai suonato), da queste parti ci si gode uno dei dischi dell'anno. Nonché il “disco pop” di Fennesz, stavolta per davvero.

04/05/2014

Tracklist

  1. Static Kings
  2. The Liar
  3. Liminality
  4. Pallas Athene
  5. Bécs
  6. Sav
  7. Paroles

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