Roba da rimanerci stecchiti: quegli avvenimenti che ogni giorno si spera di poter vivere, e quando poi capitano, quasi si rimane increduli. Certi annunci-shock destinati a fare scuola, a essere citati per sempre negli annali per inguaribili appassionati di musica, come quando i Radiohead lanciarono “In Rainbows” chiedendo un’offerta libera in cambio di nuovo materiale sonoro. La mattina di venerdì 17 luglio 2015 è stata ripresa da tutte le testate specializzate la notizia che i Wilco avevano appena diffuso a sorpresa un intero nuovo disco, che per alcuni giorni sarà reso scaricabile in maniera completamente gratuita dal sito ufficiale del gruppo. Nessuno pare fosse al corrente di registrazioni in corso, quindi tutto è stato gestito nella massima segretezza, consentendo così un effetto dirompente.
Facile per i Wilco fare una cosa del genere? Mica così vero: una band che al nono album (escludendo live, Ep e collaborazioni varie) ha ancora tutta questa voglia di sorprendere, e di divertire divertendosi (perché è esattamente ciò che si respira fra questi solchi), mantenendosi fresca, curiosa e pura, beh, non si incontra tutti i giorni. “Star Wars” non è uno scherzo, né tanto meno un cadeau ottenuto assemblando anonime rimanenze di magazzino, bensì un disco tanto breve da non far in tempo ad annoiare (undici tracce, senza alcun riempitivo, per complessivi 33 minuti di ottima musica), chitarristicamente intenso (nel caso di “Random Name Generator” - a proposito, complimenti per il titolo - anche moderatamente aggressivo), distante dalle vicissitudini malinconiche dell’esordio solista di Jeff Tweedy, un lavoro che per alcuni versi somiglia ad altre cose già fatte dai Wilco in passato, ma al contempo riesce a suonare diverso da tutte le precedenti esperienze del sestetto americano.
Certo, non ci sono (e forse non ci saranno mai più) gli avanguardistici esperimenti estremizzanti di “Yankee Hotel Foxtrot” e “A Ghost Is Born” (lì si muoveva dietro le quinte un certo Jim O’Rourke…) e neanche la brillante spensieratezza alt-pop di “Wilco (The Album)” oppure la visionarietà alt-country (che ha fatto scuola) di “Being There” e “Sky Blue Sky”, ma c’è di tutto un po’, e tutto sapientemente dosato ad arte. Tante chitarre, melodie a profusione, i tecnicismi mai fini a sé stessi ma accessori al formato-canzone, la giusta dose di “stranezze” (più o meno su ogni traccia accade qualcosa di non esattamente prevedibile) e, udite udite, un capolavoro assoluto, “You Satellite”, il brano capace di raccogliere l’eredità di “Bull Black Nova” e “Art Of Almost” (le altre pietre miliari più recenti), in grado di spostare di nuovo l’asticella verso l’alto, per mezzo di una tensione che avanza attraverso accumuli progressivi, insinuandosi sottopelle come un virus letale.
“Star Wars” (ma in copertina c’è un gatto – della serie conciliamo l’apparentemente inconciliabile - che sul sito ufficiale sbatte pure gli occhi sornione) nella discografia dei Wilco sarà ricordato come il lavoro più beatlesiano di tutti: ad esempio “More…” risulta tanto prodigiosamente lennoniana (che la voce di Tweedy somigliasse così tanto a quella dell’immortale John non ci avevamo mai fatto così caso…), quanto la conclusiva “Magnetized” pare figlia delle miracolose session dei tardi Beatles. Se poi ci mettete che è tutto mediato attraverso evidenti rifrazioni di Syd Barrett e Thurston Moore, ditemi voi, come facciamo a non amare questi signori? Ma è già un prodigio della natura la brevissima iniziale “EKG”, dove appare confermata la costante evoluzione della band che ha saputo meglio di qualunque altra sdoganare l’alt-country agli occhi del mondo, e che qui decide di contaminarsi con oltre quarant’anni di musica, condensando tutto ciò che è accaduto nel rock da Frank Zappa ai King Crimson ai Sonic Youth in poco più di un minuto.
I Wilco sanno suonare in molti modi diversi, non lo scopriamo oggi, e stavolta decidono di spaziare dal gioioso pop di “Taste The Ceiling” alle iper-melodiche dolcezze di “Where Do I Begin” (vera meraviglia per le orecchie), dall’alternative rock’n’roll dell’effettata “Pickled Ginger” alle sorprendenti tracce gemelle “Cold Slope”/“King Of You” (praticamente una canzone divisa in due parti), poi all’improvviso si ricordano delle proprie radici, e con la divertente “The Joke Explained” firmano quella che oggi può essere considerata la migliore attualizzazione alt-country possibile.
Già da anni abbiamo terminato gli aggettivi utilizzabili per decantare le qualità dei Wilco, i quali oggi confermano il solito immenso gusto, la solita immensa classe che ne fa una delle band americane più grandi di sempre, probabilmente la migliore degli ultimi quindici anni. Attraverso la strategia scelta per il lancio di “Star Wars”, dichiarano in maniera definitiva che le cose si fanno per la sola voglia di farle, senza bisogno di annunci e senza pomposi proclami. I fan ringraziano felici per il bellissimo regalo recapitato in queste caldissime giornate di luglio direttamente nel computer di casa. Che dite: staranno per annunciare anche un bel po’ di date europee?
21/07/2015