Amanda Bergman

Docks

2016 (Ingrid)
pop, songwriter

Quanti volti ha Amanda Bergman? Hajen, Jaw Lesson e Idiot Wind sono alcune delle sembianze sotto le quali si è celata in attesa di farsi conoscere con il suo nome e cognome, nel suo passato c’è anche una band (Amason), un matrimonio fallito con Kristian Matsson (The Tallest Man On Earth) e un tour con le First Aid Kit.
“Docks” argina tutte le correnti creative finora disperse nell’oceano produttivo contemporaneo, mettendo a fuoco un insolito profilo artistico che ha contatti con l’indie-folk-pop ma getta uno sguardo ai tardi anni 70 alla maniera dei War On Drugs.

Amanda Bergman non ha paura di mettere in mostra le sue debolezze, il romanticismo avvolgente e lineare è affine a quello di Toni Childs e Tanita Tikaram piuttosto che a quello oscuro e tenebroso di Susanna o alle tentazioni glamour di Lykke Li.
Le dieci canzoni di “Docks” non sono un’esibizione di professionalità o genio artistico, ma una confessione intima e sincera che può essere facilmente fraintesa e trascurata, Amanda Bergman non trattiene l’energia del suo lirismo con accordi lo-fi e digressioni simil-folk, anzi beneficia dell’aiuto di un’orchestra che inietta una sana dose di chamber-pop alla Sigur Ros, allo stesso modo la passione s’impossessa della voce alternando bagliori e ombre con una schiettezza ammaliante.

Citando Gabriel Garcia Márquez, l’album di Amanda Bergman potrebbe essere sottotitolato "L’amore ai tempi dell’indie-folk": l’irruenza melodica e nostalgica di “Falcons” è una tempesta emotiva che travolge l’ascoltatore lasciandolo in bilico tra incanto e perplessità, ma non inganna o seduce con false promesse o ambizioni da folksinger.
Alla fine “Docks” indugia sui percorsi dei War On Drugs, mettendo a disposizione di un sound dream-pop una buona dose di elementi classici e moderni, alternando gustosi uptempo, affidati ora a una pulsante linea di basso (“Taxis”) ora a un’incalzante batteria (“Flickering Lights”), per poi abbandonarsi tra le braccia di un languore tipicamente nordico (“Questions”, “Sirens”).
La limpidezza degli arrangiamenti non turba l’efficacia dell’insieme, che si adagia con garbo sulle fragili tentazioni folk di “Fire Hits The Snow” o quelle più raffinate di “Blue Eyes”, pur cedendo a volte alla prevedibilità e alla routine (“Windshield”, “Golden”).

Nonostante sia frutto di una carriera quasi decennale, l'album suona come un esordio: pregi e difetti si compensano amabilmente in un progetto che merita attenzione e rispetto.

01/10/2016

Tracklist

  1. Falcons
  2. Golden
  3. Questions
  4. Taxis
  5. Fire Hits The Snow
  6. Flickering Lights
  7. Sirens
  8. Windshield
  9. Sitting By The River
  10. Blue Eyes




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