Una sorella minore e più estroversa, che ha abbandonato l'Est Europa per dirigersi verso il clima caldo e assolato del Sudamerica, dove ha sostituito la vodka con la tequilaVogliamo forse contraddire una neo-mamma? Certo che no, ma del resto non ce n'è bisogno; basta sentir partire a tutta birra l'arabeggiante linea di synth dell'iniziale "Wild Forever" sostenuta da un battito indie-disco-pop, e subito affiora alla mente "Girls In Peacetime Want To Dance" dei Belle And Sebastian - album non a caso tenuto spiritualmente a battesimo da Bob Stanley dei Saint Etienne. E dal momento che proprio gli Etienne avevano già insegnato, un paio di decenni fa, che non c'è nulla di male nel mescolare le delicatezze del pop anglosassone con i pimpanti ritmi degli anni 60 e i riverberi della dorata disco music, gli affari di "Familia" continuano sulla scia di un'enfasi chitarristica dai sapori vintage: "Death Of Love" e la saltellante "My Puppet Heart".
Dopo aver dato alla luce il suo quarto (!) pargolo in carne e ossa meno di un anno fa, Sophie è in vena di divertirsi. Così, mentre il marito Richard Jones (The Feeling) sta a casa a fare il baby-sitter, lei s'è vestita di colori sgargianti e ha nuovamente imbracciato chitarra e scarpine da ballo - ma si riserva il diritto di cantare una ninna-nanna mariachi alla prole: "Hush Little Voices". Del resto è proprio quando l'atmosfera rallenta un attimo e si fa intima e personale che Sophie mette a segno i tre pugni al cuore del disco: la splendida "Unrequited", una carezza d'archi come "Here Comes The Rapture" e l'accorata "Crystallise" - momenti che rivelano al meglio tutta l'arte di questa Signora, squisitamente in bilico tra una frizzante vena pop e un melodismo d'altri tempi.
A "Familia" mancano l'effetto-sopresa e quella cesellatura che aveva fatto di "Wanderlust" una piccola gemma di perfezione pop come non se ne sentono tutti i giorni (e come non se ne trovano manco sul resto della carriera di Sophie - storico disco di debutto escluso). Il singolo di lancio "Come With Us" è fin troppo ricalcato sull'ormai abusatissima ondata funky-revival che da un paio d'anni a questa parte sta spopolando nel mainstream anglosassone - prevedibili incastri d'archi disco e andazzo saltellante (anche se, nell'intermezzo, le storiche congas sono sostituite da un energico combo chitarra/batteria reminescente delle sue origni britpop). Anche "Cassandra" si svolge nel solco di un andamento navigato e fin troppo prevedibile, ma tutto questo non è poi un gran problema.
Sophie e il suo fido Ed Harcourt hanno fatto nuovamente centro con un album che non ha alcuna intenzione di stupire o sovvertire, ma che si lascia ascoltare con grazia divertita e a tratti spassionata. Nell'attuale panorama pop anglosassone, intriso di house e pesci grossi dell'urban-r&b americano, la limpida voce di Sophie Ellis-Bextor è sempre un piacere per le orecchie.
(26/09/2016)