Fra i nuovi menestrelli del rock'n'roll, Ty Segall è senza dubbio il più prolifico, protagonista di una discografia sempre più intricata, fra pubblicazioni a proprio nome e progetti incrociati, ultimo in ordine di tempo il riuscito secondo capitolo a firma Fuzz.
Il punto debole di una simile iper-attività risiede nella generazione di dischi non sempre (anzi, quasi mai) esattamente memorabili, tanto che se il buon Segall avesse deciso di diradare la produzione, selezionando magari un best of annuale di tutto quanto gli frulli per la testa, probabilmente il suo rating medio sarebbe altissimo.
E invece i risultati sono spesso un po' annacquati, anche se "Emotional Mugger" rientra senza troppa fatica fra i suoi album "da ascoltare", tanto potente e chitarroso quanto privo di edulcorazioni, spinto con decisione verso territori hard-rock con la consueta giocosità del suo autore (non vogliamo credere che il buon Ty possa prendersi davvero sul serio suonando così vintage...).
In primo piano, come spesso gli accade, ci sono i suoni zanzarosi delle chitarre e i ritmi che frullano ad arte il garage-rock di fine anni 60 con il glam dei primi 70, spunti destinati a non passare mai di moda e che continuano a piacere tantissimo persino alle nuove generazioni (vedi quanto di Marc Bolan persista nell'immaginario dei nostri Giuda...).
Ma, e questa è la nota dolente, ogni volta che ascoltiamo una nuova canzone di Ty Segall, la sensazione è di averla già sentita prima, anche se brani come "Candy Sam" e "Mandy Cream" (vale a dire una sorta di Lennon sotto strati di acido) sono oggettivamente irresistibili, e "Diversion" (cover di un vecchio pezzo degli Equals di Eddy Grant, risalente al 1973) pur essendo una filastrocca riesce a preservare la giusta potenza esplosiva.
Quando la butta sulla sperimentazione, sparandoci in cuffia il caos nelle sembianze di stralci di canzoni diverse per canale, in "W.U.O.T.M.S.", non raggiunge i risultati sperati, restando distante anni luce da quello che riuscirono a fare (ad esempio) quattro baronetti inglesi quarant'anni prima dentro "Revolution # 9".
Il bimbetto iper-attivo si gioca parecchie carte, come l'handclapping, i synth giocattolo e le chitarrine in submarine noise nella conclusiva "The Magazine", ma a incombere c'è una sorta di "effetto Prince": senza nessuno che lo limiti, Segall è troppo portato a pubblicare tutto-ma-proprio-tutto.
In "Emotional Mugger", però, e questa è la nota positiva, la band pare più presente del solito, facendo scattare una sorta di proficuo confronto su cosa incidere e cosa scartare, con tastiere infuocate e azzeccati soli di chitarra (qui ce ne sono alcuni fra i migliori della sua carriera) che mantengono l'attenzione più alta del solito.
È vero che, come nel precedente "Manipulator", Ty non produce tanto sudore e sangue come avrebbe desiderato e, pur se corroborato dalla sana tappa Fuzz, le sue issue continuano a restare al di sotto della strategica accoppiata "Slaughterhouse" / "Twins" risalente ormai al 2012 (quattro anni per lui corrispondono a un ventennio per gran parte di tutti gli altri musicisti contemporanei).
Ma la copertina è inquietante, le modalità promozionali decisamente alternative (le canzoni inserite in un vhs distribuito ai giornalisti di turno, con tanto di divertente clip video a supporto), il disco è di sicuro impatto, robusto al punto giusto, un buon intrattenimento in diretta dalla Bay Area, compresso in quaranta minuti che sfuggono via in un attimo per quanto risultano piacevoli. Direi che è un gran bell'accontentarsi...
26/01/2016