Per Deutsche Grammophon l'occasione di rivendicare la presenza in catalogo di Max Richter, uno dei compositori neoclassici più richiesti e apprezzati del presente, è talmente ghiotta che ogni nuovo lavoro viene prontamente dato alle stampe, in barba alla consueta cadenza annuale o biennale. Si era partiti dal rework di Vivaldi, quasi una concessione benigna, e in breve si è giunti alle opere originali da camera ("Sleep" e la quadrupla "Retrospective"), ai balletti ("Three Worlds: Music From Woolf Works") e soprattutto alle colonne sonore - quattro in meno di tre anni, se contiamo la riedizione di "Henry May Long".
A pochi mesi da "Taboo" il 2018 viene dunque inaugurato con la soundtrack dell'atipico western di Scott Cooper "Hostiles - Ostili", in uscita a marzo in Italia. Il regista di "Crazy Heart" e "Black Mass - L'ultimo gangster" ambienta nel 1892 una rivisitazione anti-epica del dissidio culturale tra nativi americani e coloni bianchi: il capitano Joseph J. Blocker (Christian Bale) accetta di scortare un capo cheyenne morente (Wes Studi) e la sua famiglia dal New Mexico alla loro terra d'origine; una trama apparentemente scevra da facili moralismi e volta a offrire un affresco emozionale complesso e soverchiante, il cui intero spettro è già esposto nel solenne preludio, d'intensità morriconiana ("The First Scalp"). Il racconto umano di "Hostiles" è segnato anche e soprattutto dall'avversità del paesaggio naturale, aspetto debitamente sottolineato dal compositore anglo-tedesco con sequenze di impalpabile tensione e grevi bordoni di stampo quasi dark-ambient ("Leaving The Compound", "River Crossing").
Per il resto, confrontandosi con l'immagine su grande schermo, Richter ricade spesso nel manierismo modern classical: come un dazio ineludibile continua a presentarsi la cruciale influenza di Philip Glass su certe lente panoramiche orchestrali ("Where We Belong", "Something To Give"), laddove altre portano invece l'inconfutabile marchio dello stile enfatico di seconda generazione ("The Last Of Them", "Never Goodbye"), di rado cedendo il passo a minacciose avanzate che riecheggiano l'arcignità del recente "Taboo" ("Camanche Ambush", "What Did They Die For?"). Una semplice frase di pianoforte ricorre in lievi variazioni da "A Woman Alone" sino allo sconsolato epilogo "Rosalee Theme", mentre divide a metà la tracklist la languida canzone del songwriter folk Ryan Bingham ("How Shall A Sparrow Fly"), il quale già vinse un Oscar nel 2009 proprio con l'inedito scritto per "Crazy Heart" ("The Weary Kind").
Nel complesso, "Hostiles" risulta essere una delle prove meno efficaci di Max Richter, sempre considerando il valore delle composizioni senza il corredo dell'immagine filmica: è noto che a livello psicologico le suggestioni visive arrivino a potenziare quelle musicali e viceversa, innescando esperienze di gran lunga più convincenti del solo ascolto su disco; è l'unica vera sfida ricorrente nell'arte della soundtrack, che solo il musicista designato può trasformare da semplice lavoro su commissione in una narrazione suggestiva, conchiusa e a sé stante. Per quel che vale, comunque, nemmeno il film è in alcun modo menzionato tra le candidature agli Oscar del 2018.
26/01/2018