Rimandato un paio di volte durante la fase di emergenza da Covid-19, e di conseguenza spostato al 2021 il tour promozionale previsto a supporto (con date previste anche lungo la nostra penisola), la prima settimana di luglio si è concretizzato il nuovo album in studio di uno degli artisti che meglio riesce oggi a rappresentare un certo modello di inglesitudine sempre più in via di estinzione. “On Sunset” non raggiunge i momenti più importanti della lunghissima discografia dell’ex-Cappuccino Kid, ma non lascerà scontenti i fan dell’ex-cantante di Jam e Style Council. Un disco dalle molteplici influenze, un caleidoscopio stilistico per alcuni tratti avvicinabile a “22 Dreams”.
“On Sunset” si apre fra le infinite rifrazioni di “Mirror Ball”, brano architettato con diverse sezioni che si intersecano di continuo, come fossero tre o quattro canzoni sintetizzate in una soltanto, e si chiude con Weller che azzecca l’ennesima ballad densa di enfasi, “Rockets”, che rinnova la tradizione di evergreen quali “Wild Wood” e “You Do Something To Me”, arricchita nel finale dai preziosi movimenti dell’orchestra. Orchestrazioni che ritornano non di rado nel corso del disco, probabili influenze del lavoro svolto per il precedente “True Meanings”.
Nel mezzo, siamo onesti, non tutto si posiziona all’altezza del monumentale passato del musicista inglese. Ma, nonostante un paio di riempitivi verso il finale, l’approccio quasi vaudeville buttato un pochino lì di “Equanimity” (con il violino di Jim Lea degli Slade) e il comunque piacevole soulful déjà -vu di “Baptiste”, è parecchio il materiale che qualifica “On Sunset” come album di pregevole fattura. Svetta, in particolare, il sublime “pop” raccolto nella sequenza “Old Father Tyme”-“Village”–“More”, quest’ultima un lounge- jazz-rock impreziosito da francesismi che ci riportano all’epoca d’oro dei primi Style Council, grazie al contributo vocale di Julie Gros (Le Superhomard). Scartabellando fra i credits dell'album si scorge anche il nome di Mick Talbot, all’organo Hammond.
Nella versione deluxe sono incluse lo strumentale psych-funk “4th Dimension”, le trascurabili “Ploughman” e “I’ll Think Of Something”, un mix orchestrale di “On Sunset” e la versione senza parti vocali di “Baptiste”.
Mischiando vecchio e nuovo, soul e art-pop, tramonti e chitarre, psichedelia e archi, Weller ci consegna così un’altra prova che immortala un talento immutato: quindici album e 62 anni “suonati” (e portati) sempre con inalterata eleganza.
08/07/2020