Chiunque stiate ascoltando adesso,
non sarebbe in giro se non fosse per me
(Keith Richards)
Considerato il fratellino minore e meno virtuoso dei quattro album che lo precedettero, "Goats Head Soup" ha avuto la "sfortuna" di essere stato concepito a margine dell'irripetibile quadriennio che consacrò in maniera definitiva la grandezza dei
Rolling Stones. Quattro anni, quelli che andarono dal 1968 al 1972, che svuotarono la band, logorata non soltanto da tour infiniti condotti all'insegna di ogni immaginabile eccesso, ma anche dalle smanie di presenzialismo di Mick Jagger, sempre più coinvolto dai clamori del jet set e flirt da prima pagina, dal baratro della tossicodipendenza che si era aperto come una voragine sotto i piedi di
Keith Richards, dal malcontento strisciante di Mick Taylor, che di lì a poco abbandonerà la partita, insoddisfatto dal non vedersi accreditato quasi alcun contributo in sede compositiva.
Sembravano in pista da due secoli, ma in realtà gli Stones esistevano da meno di dieci anni. Dieci anni durante i quali erano diventati nell'immaginario collettivo la più grande rock'n'roll band del pianeta, avevano prodotto canzoni assurte a simbolo di un'intera generazione, erano sopravvissuti agli eterni rivali
Beatles, dimostrando peraltro di essere molto più efficaci di loro nella dimensione live. Nel frattempo avevano perso per sempre il fondatore Brian Jones, erano presenze abituali nelle aule dei tribunali, e banditi sia dall'Inghilterra per diatribe fiscali che da quasi tutto il resto del globo per i problemi legati all'intenso consumo di stupefacenti.
Quasi tutto il globo: in realtà se in quei giorni per loro era diventato impossibile ottenere un visto per entrare negli Stati Uniti, in Giamaica erano ben disposti a ospitarli per le registrazioni di quello che sarebbe diventato il successore del doppio "Exile On Main Street", per molti il capolavoro assoluto del gruppo. Fare meglio di "Goats Head Soup", pubblicato alla fine di agosto del 1973, in quel momento sarebbe stato oggettivamente impossibile. Ma non era tanto un problema di scrittura: a mancare era proprio l'energia in fase di esecuzione, tanto è vero che il pezzo trainante dell'album, per una volta, è una
ballad, forse la
ballad per antonomasia dell'intera carriera dei Rolling Stones, "Angie". Ma la situazione, nonostante la rilassante atmosfera caraibica, restava complicata. Persino lo scatto scelto per la copertina fu estremamente dibattuto, quella fotografia che ritraeva Jagger in una posa molto Audrey Hepburn, da lui osteggiata.
Sta di fatto che, nonostante tutto, "Goats Head Soup", progetto attraverso il quale si immerse nel
glam-rock l'anima profondamente blues del gruppo, finì primo in classifica su entrambe le sponde dell'Atlantico e, pur se non divenne mai un vero classico della band inglese, riuscì a essere sufficientemente rivalutato nel tempo, anche grazie al fatto che diversi dei lavori successivi si rivelarono a loro volta qualitativamente inferiori.
L'edizione
deluxe, contenente i dieci brani originali rimasterizzati, rende definitiva giustizia al disco, e per più di un motivo. Anzi tutto per la presenza di tre inediti che incrementano il tasso energetico complessivo, fra i quali spicca "Scarlet", eseguita con la partecipazione di
Jimmy Page. Secondariamente perché vengono inseriti
demo, versioni strumentali e
alternative mix che risaltano la bellezza di alcune tracce, svelando interessanti aspetti del processo compositivo del gruppo.
In coda al disco tra i
bonus compaiono anche due remix dell'inedita "Scarlet", realizzati rispettivamente dai
War On Drugs (con il basso in bella evidenza) e dai
Killers. Ma a rendere ancor più indispensabile questa dovuta
deluxe edition è la registrazione del concerto che la band tenne il 17 novembre 1973 alla Forest National Arena di Bruxelles, che contribuisce a riabilitare i brani estratti da "Goats Head Soup", dimostrando una volta di più (se mai ce ne fosse ancora bisogno) che razza di diabolica ed eccitante macchina live fossero.
Scorrono quindici super classici che riflettono la straordinaria capacità della band di costruire canzoni sensazionalmente coinvolgenti. Se non ne avete a casa una copia, potete serenamente porre rimedio con questa edizione di "Goats Head Soup", che finalmente la rende un'opera tutt'altro che secondaria nell'imponente, monumentale discografia dei Rolling Stones.
06/11/2020