Thurston Moore

By The Fire

2020 (Daydream Library Series)
alt-rock, experimental noise

“By The Fire” rappresenta, più di qualsiasi altro precedente disco solista di Thurston Moore, l’ideale continuazione della parabola Sonic Youth, come se l’artista, ormai di stanza a Londra, non riuscisse a staccarsi dallo spettro di una band che evidentemente tutti (tranne Kim Gordon) sarebbero pronti a riformare oggi stesso. Non ci vuole molto per notare quanto “Hashish” sia una copia carbone di “Sunday” (da “A Thousand Leaves”, 1998), “Cantaloupe” aderisca in maniera fedele alla struttura di “Sugar Kane” (siamo quindi dentro “Dirty”, 1992), “Breath” e “Siren” vengano dilute cercando riferimenti con certe lungaggini di “Washing Machine” (1995), alternando i consueti mulinelli noise (specie nella prima) a parti più melodiche (specie nella seconda).

A cosa serve tutto ciò? Perché continuare a proporre canzoni tanto simili a quelle che contribuirono in maniera decisiva a fare dei Sonic Youth un riferimento assoluto? E' l'ulteriore testimonianza di quanto Moore fosse determinante – specie nel corso degli anni 90 – nel songwriting della band madre. Sta di fatto che in questo caso è forte la sensazione di trovarsi al cospetto di una raccolta di outtake della “gioventù sonica”, e neanche troppo originali. Con l'aggravante dato dall'inserimento di un paio di tracce concepite per sole chitarre elettriche e voce (“Calligraphy” e “Dreamers Work”) oggettivamente trascurabili all'interno della discografia solista del buon Thurston.

In realtà, Moore tenta comunque di far accadere qualcosa, e a tatti ci riesce, come nei quasi 17 minuti iper-psichedelici di “Locomotives” (che in alcuni frangenti ricorda proprio il suono di una locomotiva in corsa), dove inserisce ritmi tribali e il giochino basato sulla ripetizione mutuato dalla scuola kraut, sul quale monta, graduale, impetuosa e dissonante, la marea noise pronta a inghiottire tutto, prima di lasciar spazio alla parte cantata, che arriva soltanto dopo nove minuti.
La sontuosa cavalcata elettrica “They Believe In Love”, fra i momenti più compiuti e riusciti della raccolta, è posta giusto prima della conclusiva drammatica “Venus”, il movimento più experimental dell’intero disco, un lungo strumentale nel quale le chitarre imbastiscono un vero e proprio combattimento sonoro.

Accanto a Thurston suonano il fedelissimo Steve Shelley (che si alterna alla batteria con Jem Doulton), Deb Googe dei My Bloody Valentine (al basso in attesa di recepire segnali di vita da Kevin Shields), James Sedwards (che si occupa di tutte le chitarre non suonate da Moore) e Jon “Wobbly” Leidecker dei Negativland (che si occupa degli inserti elettronici). Da segnalare la presenza dietro le quinte del poeta transgender londinese Radieux Radio, che ha contribuito in maniera determinante alla stesura di gran parte dei testi.

29/09/2020

Tracklist

  1. Hashish
  2. Cantaloupe
  3. Breath
  4. Siren
  5. Calligraphy
  6. Locomotives
  7. Dreamers Work
  8. They Believe In Love (When They Look At You)
  9. Venus

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