Steve Shelley, una leggenda, il batterista dei Sonic Youth, e prima dei seminali Crucifucks, hardcore allo stato puro. Dopo che i Sonic Youth sono stati messi in naftalina a tempo indeterminato, è divenuto l’uomo di fiducia di Thurston Moore e Lee Ranaldo in molti dei loro progetti artistici, e ha suonato con musicisti del calibro di Cat Power, Mike Watt, Howe Gelb e Sun Kil Moon, ma la lista completa sarebbe davvero molto lunga.
L’occasione per incontrarlo ci è fornita da una serie di date organizzate in Italia da Emma Tricca, giovane folksinger dell’area romana da qualche tempo trasferitasi a Londra. Emma ha da qualche settimana pubblicato “St. Peter”. Steve, oltre che suonare in tutti i pezzi del disco, ha deciso di accompagnarla durante alcune delle date promozionali, assieme a Jason Voctor dei Dream Syndicate.
Lo incontriamo nel borghetto antico di Terracina Alta, subito dopo le operazioni di sound-check. Gran bella opportunità per farsi quattro chiacchiere al tramonto sul passato, il presente e il futuro del batterista americano, che si dimostra un vulcano di simpatia, con tanta voglia di tornare a parlare dei Sonic Youth, senza tralasciare i suoi tanti progetti in itinere.
Ciao Steve, ci incontriamo a pochi minuti dall’inizio di un concerto di Emma Tricca, nel quale tu sarai al suo fianco sul palco, dopo aver suonato nel suo recente “St. Peter”: come hai conosciuto Emma e com’è nato il vostro rapporto di collaborazione?
Il contatto è avvenuto attraverso Jason Victor, l’attuale chitarrista dei Dream Syndicate di Steve Wynn. Jason aveva conosciuto Emma, ed era nata un’amicizia che poi è sfociata nell'attuale collaborazione artistica. Jason mi contattò tempo fa per farmi ascoltare alcune registrazioni, proponendomi di entrare a far parte del progetto. Ho ascoltato e ho accettato: da lì ho partecipato alle registrazioni di “St. Peter” e ora sono qui a suonare la batteria anche in alcune delle date dal vivo a supporto del disco.
Domanda scontata, ma inevitabile: com’è la vita dopo i Sonic Youth?
Sai, per me è come se i Sonic Youth esistessero ancora. In realtà la band non è mai stata ufficialmente sciolta e io continuo a fare delle cose sia con Thurston Moore che con Lee Ranaldo (i due chitarristi della band di "Daydream Nation", ndr). Poi ogni tanto ripubblichiamo qualcosa, vecchie registrazioni o concerti. Come band al momento non siamo più attivi, ma c’è un alone, come se qualcosa stesse continuando ad andare avanti.
Quattro anni fa ebbi occasione di scambiare quattro chiacchiere con Lee Ranaldo, e lo vidi possibilista sul ritorno in pista dei Sonic Youth. Ma son passati altri quattro anni…
Abbiamo ancora uno studio di registrazione. Sì, ancora esiste. E ‘ proprio lo studio dove abbiamo registrato con Jason ed Emma. I Sonic Youth sono stati una grande parte della mia vita, provo spesso una sensazione come se fossi ancora lì con loro.
Dove si trova lo studio?
A Hoboken, nel New Jersey, dove abito.
Avresti mai immaginato che fra i tre tuoi compagni sonici, sarebbe stata Kim Gordon a realizzare i lavori solisti musicalmente più “intransigenti”? Oppure è stata una sorpresa anche per te?
No, non me lo aspettavo, assolutamente.
Hai letto “Girl In A Band” (il libro scritto da Kim Gordon dopo lo scioglimento dei Sonic Youth, nel quale in alcune parti attacca duramente l’ex marito Thurston Moore, ndr)?
No. Thurston è mio amico, non ho voluto leggerlo.
I dischi nei quali hai suonato sono davvero tanti, io in particolare ne ho amato tantissimo uno, che ritengo un caposaldo del post-punk nel nuovo millennio: “Pre Language” dei Disappears.
Hey! Piace molto anche a me quel disco!
Come mai la tua collaborazione con loro durò soltanto lo spazio di un album?
In realtà suono anche nel disco dal vivo “Live At Echo Canyon”, che uscì appena prima di “Pre Language”.
Poi cosa accadde?
Sai, i Disappears sono una band di Chicago, si viaggiava molto ed ero costretto a spostarmi spesso per suonare con loro. Dovevo andare spesso a Chicago. Quando è arrivato il momento di incidere un altro disco, questa situazione per me è diventata una difficoltà.
Anche perché tu nel frattempo portavi avanti altre situazioni in parallelo...
Esattamente. Inoltre il calendario dei concerti si fece più fitto dopo il buon riscontro di “Pre Language”, e non sempre si incastrava bene con gli altri impegni che avevo. Con Brian Case e gli altri siamo comunque rimasti amici. Fra l’altro la band non esiste più, o meglio ha cambiato nome, ora si è trasformata in FACS, acronimo con il quale hanno pubblicato quest’anno il loro disco d’esordio. Mi è dispiaciuto molto interrompere quella collaborazione, ma il viaggio da New York a Chicago ogni volta era davvero lungo per me.
Con i Sonic Youth a Roma avete tenuto alcuni dei concerti che più vengono ricordati dai ragazzi italiani di quella generazione...
Ne stavo giusto parlando con Emma e Jason quando siamo arrivati all’aeroporto di Roma. Ci sono molte cose che io non ricordo del mio passato di musicista, ma di alcuni concerti italiani ricordo benissimo tutto.
Immagino soprattutto quello con i Pavement al Tendastrisce (se non sbaglio erano i tour di “Goo” e “Slanted And Enchanted”) e i due pazzeschi al Teatro Romano di Ostia Antica, che anche Lee Ranaldo mi confessò di ricordare con grandissima emozione…
I due show di Ostia Antica furono qualcosa di incredibile. Venire in Italia e suonare in posti del genere, così ricchi di storia e suggestione, colpisce molto. Si tratta di luoghi che ti mettono davvero nella possibilità di fare something special, qualcosa di speciale. Stranamente ricordo bene anche lo show con i Pavement. Siamo stati là nel 1992 e mancavamo dall’Italia da un bel po’, Il 1992 fu un anno particolare, anche perché in quel momento volevamo approfondire la nostra conoscenza della vostra penisola.
Tante band allora emergenti hanno aperto per i Sonic Youth negli anni 80 e 90. Molte di loro hanno poi avuto un successo straordinario, anche più grande del vostro. Fra queste band c’è qualcuna sulle quali avresti scommesso a occhi chiusi sul successo che poi hanno avuto?
Molte band suonarono con noi. C’era un bel fermento in quegli anni. Ma dovessi citarne una, beh, nominerei i Nirvana prima di tutti, sì, i Nirvana erano bravini (ride, ndr), Nirvana was pretty good, senz’altro.
Quali sono state invece le delusioni più cocenti?
Hey, ma questo non posso certo dirtelo!
Quali saranno i tuoi prossimi impegni?
Terminato il mini-tour in Italia con Emma, purtroppo non potrò proseguire nelle successive date previste in Inghilterra, perché raggiungerò degli amici in Brasile. Si chiamano Riviera Gaz, siamo un trio.
Cioè, ora sei in Italia a suonare con Emma, una musicista italiana trasferitasi da anni a Londra, poi da qui salterai a pie' pari dall’altro lato del globo, per affiancare una formazione brasiliana? Sei il prototipo del moderno artista cosmopolita!
Sai, io vado spesso in Brasile, e ho iniziato tempo fa a suonare con questi musicisti del luogo. Abbiamo fatto un disco che è uscito lo stesso mese del disco di Emma, lo scorso maggio. Nelle prossime settimane faremo qualche concerto in Brasile e in Cile. Diciamo che non mi annoio.
A parte il disco di Emma, a quale album in cui hai suonato di recente ti senti particolarmente affezionato, o comunque quale ci consiglieresti di ascoltare?
Wow, grazie per la domanda, che mi consente di segnalarti Spectre Folk, un progetto coordinato da Pete Nolan, già leader nei Magik Markers, nel quale siamo presenti io alla batteria e Mark Ibold, il bassista dei Pavement. Siamo un quintetto alle prese con una sorta di indie psichedelico. Aspetta, ti lascio una copia del disco più recente.
Grazie Steve! Due parole invece su un disco altrui che stai ascoltando?
C’è una band americana che io ritengo leggendaria, si chiamano Fuck, e negli anni 90 suonarono diverse volte sullo stesso palco con i Sonic Youth. Dopo dieci anni di assenza dalle scene, sono tornati con un nuovo disco, contenente materiale completamente inedito, si intitola “The Band”. Eccolo qui (anche questo lo ha con sé, ndr), l’ho pubblicato con la mia etichetta, sai che da molti anni ho un’etichetta, no? Si chiama Smells Like Records.
Sì, e immagino da cosa possa derivare il nome…
Beh, ascoltali questi Fuck, abbiamo anche ristampato alcuni loro vecchi album.
E così, scopriamo anche un altro volto di Steve Shelley, l’eterno ragazzo che ti consiglia i dischi, come si faceva una volta, e che durante le sue scorribande in giro per il mondo continua a sbirciare sui palchi a caccia di talenti vecchi e nuovi. Per pubblicare qualcosa o per suonarci un po’ assieme. Instancabile Steve.