Mush

Lines Redacted

2021 (Memphis Industries)
post-punk

È facile individuare la provenienza delle influenze che stanno delineando l'attuale e affollato movimento post-punk britannico. I loro ascendenti sono chiaramente visibili in figure seminali quali Fall e Gang Of Four, per citarne solo alcuni. I Mush sono originari della sempre indomabile Leeds e, pur attingendo a piene mani dall’abbeveratoio alimentato dalle storiche figure citate, provano a staccarsi dal branco per ritagliarsi un’identità personale. Agli spigolosi suoni art-punk, la band del West Yorkshire prova ad aggiungere un groove più spensierato e surreale, conservando la coinvolgente complessità che contraddistingue il genere e toccando temi di assoluta serietà e attualità.

In questo secondo album dal titolo “Lines Redacted”, a distanza di un solo anno dal soddisfacente disco d’esordio “3D Routine”, la nuova miscela - che coinvolge uno stiloso alt-rock che richiama i Parquet Courts, distorte melodie lo-fi che rimandano agli insigni Pavement e la ferocia sintetica dei Devo - trova una giusta coesione, distaccandosi dalla più lineare proposta dell’album di debutto.
Le difficoltà nella realizzazione di questo sophomore non sono mancate: una su tutte, la prematura morte del versatile chitarrista Steven Tyson, autentico tessitore delle sonorità caratteristiche del primo album. Il trio però non si è disunito e, anche se profondamente segnato, si è stretto nella realizzazione di questo lavoro discografico trasformatosi in una vera esplorazione di ossessionanti riflessioni.

L’eccellente “Drink The Bleach” è un barcollante strascico lo-fi, chiaramente riferito ai folli e sconclusionati metodi che Donald Trump aveva pensato per sconfiggere la corrente pandemia. È un brano che non avrebbe sfigurato all’interno dell’omonimo dei Blur o in “13”, dischi dove il genio di Graham Coxon guidò la nave verso l'underground statunitense.
A seguire è la tumultuosa “Blunt Instruments”, già anticipata lo scorso novembre, ottima traccia costruita su contorte parti di chitarra che talvolta richiamano il frenetico post-punk dei Punishment Of Luxury e la bizzarra new wave dei Monochrome Set.
Con “Clean Living” si cavalca su una giostra onirica attraverso un saliscendi di chitarre fluenti, mentre il recente singolo “Seven Trumpets” attinge sempre più alle influenze lo-fi, con le grida del cantante Dan Hyndman impegnate a comparare gli esseri umani a pupazzi comandati da corde annodate, inermi spettatori di catastrofici eventi distopici.

E’ proprio la particolare interpretazione vocale di Hyndman, con la sua enunciazione esagerata e sarcastica e lo stile acuto e tagliente, che ricorda quello di Eddie Argos degli Art Brut, ad apparire quasi un voluto e ironico contrappunto al metodo utilizzato dai contemporanei Idles, Shame, Fontaines D.C., i cui austeri frontmen sembrano talvolta prendersi fin troppo sul serio.
Il compianto chitarrista Tyson è in parte l’autore di “Hazmat Suits”, un folle e vertiginoso post-punk infuso di funk à-la Minutemen, che riflette su algoritmi gestiti dai servizi segreti che sorvegliano e influenzano la vita quotidiana.

In “Lines Redacted” i Mush hanno rivolto lo sguardo verso l’oscurità celata dietro il sipario, dove i macchinisti che governano il mondo muovono gli ingranaggi su schemi perpetrati da spietati registi di una catastrofe imminente, mentre l’uomo, impotente attore, sembra incapace di fare poco se non inscenare l’imposto copione e osservarne l’orrore.
Il paradosso singolare è che la band è stata in grado di veicolare questi severi messaggi con brani coinvolgenti e a tratti appassionanti, senza mai ostentare pensieri ovvi o isolandoli con effimere metafore ad effetto: davvero un grande pregio.

17/02/2021

Tracklist

  1. Drink The Bleach
  2. Blunt Instruments
  3. Positivity
  4. Dusting For Prints
  5. Lines Redacted
  6. Seven Trumpets
  7. Clean Living
  8. Morf.
  9. Hazmat Suits
  10. Bots!
  11. B2BCDA
  12. Lines Discontinued




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