“Stanno uccidendo il mare”, dicevano i Litfiba dei tempi d’oro nel loro brano “Peste”, e Leonardi sembra ripercorre questa idea tracciando - con una sperimentazione tra elettroacustica e ambient moderno - la doppia sensazione di natura, come grande contenitore che avvolge le nostre esistenze, e rovine, ciò che rimane dopo il passaggio dell'uomo, vera peste che tende a distruggere in brevissimo tempo tutto ciò che in natura è precario equilibrio conquistato dopo miliardi di anni di evoluzione e cambiamenti. C’è quindi un prima e un dopo, nella musica di Leonardi, come si evincerebbe nel video di “Epica del profondo”, quasi un manifesto d'intenti del compositore siciliano.
Ma è nell’imponenza iniziale di “Infinito oscuro”, figlia di reminiscenze schulziane e influenze più contemporanee, che si raggiunge il vertice di una tragica poetica che non subisce il fascino romantico delle rovine che descrive, ma ne denuncia l’esistenza. I synth dominano ovunque, ma soprattutto in “Oceanico” si stendono a formare un lungo tappeto quasi uniforme e maledettamente nostalgico dell’ambient classico della prima ora.
Dopo, invece, le influenze si fanno più contemporanee, da "Annientamento”, dal sound tipicamente irisarriano, a “Rovinose esistenze", destrutturato e stratificato, certamente influenzato dal maestro Tim Hecker.
E’ proprio in questa duplicità - ambienti e rovine, ambient classico (tra Klaus Schulze e Brian Eno) ed elettronica contemporanea (Irisarri, Fennesz, Hecker, Frost ecc.) che Leonardi sembra muoversi con disinvoltura, mantenendo quindi alta l'asticella dell’attesa per i suoi prossimi lavori.
(05/10/2021)