Sin da quei primi giri di pista sul finire degli anni 70, l'idea di beat elettronico in 4/4, poi comunemente intesa come house, ha dimostrato una longevità inaspettata. Dall'alba di Walter Gibbons e Giorgio Moroder all'arrivo di Frankie Knuckles, Larry Levan e Robert Owens, passando per l'estetica italiana, il french touch, i risvolti strumentali deep, le raffinatezze dei giapponesi e le serate estive a Ibiza e in Croazia, l'universo house non ha fatto altro che estendersi a macchia d'olio. Difficile tracciarne una storia completa, ma ai fini di questa recensione vale notare come la compagine europea abbia spesso prediletto un approccio più squadrato e, se vogliamo, kraftwerkiano – ed è qui che si muove lo svedese Axel Boman, personalità obliqua per un terzo dj, un terzo compositore e un terzo ancora corriere cosmico da cocktail bar marziano.
La sua nuova uscita è composta da due album di nove tracce ciascuno per un'ora e venti di musica. Curiosamente, il lavoro si trova diviso in due parti distinte su Spotify, ma lo trovate per intero su Bandcamp, come a voler legare tematicamente l'ascolto in una sorta di concept doppio.
"LUZ" è spiazzante, non ci sono altri modi per definirlo. Sin dall'apertura di "Acid Distortion", che suona come un dub lambito dall'elettronica astratta della Posh Isolation, il lavoro presenta ibridi esperimenti sui generis per i quali il termine di house è spesso riduttivo, se non direttamente fuorviante. Voci distorte, chillout inacidita, beat indugianti e un generale nervosismo nell'aria: "BHUKA", "Nowhere Good" e "Gröna Dalen" suonano come minacciose notti tropicali, avvolte da uno sciame di progressive electronics e curiose striature acustiche per un effetto a cavallo tra la traccia da Soundcloud e la composizione moderna.
Con "Edgeware Rd" la tensione sale verso una felpatissima techno a 120bpm, "Atra" invece è jungle mescolata al turbolento jazz del sassofonista Kristian Harborg. "Out Sailing" la butta sull'emozione: testo declamante come fosse il vecchio Moby e un assolo di chitarra alla Santana (?), il che non è assolutamente un preludio alla spiritosa jazztronica di "Grape" e alla chiusura "Hold On", quest'ultima presentata alle orecchie come una partitura di Black Coffee su testo naif che potrebbe essere stato di Avicii.
Non che "Quest For Fire" faccia molto per raddrizzare il tiro verso qualcosa di più riconoscibile, ma qui se non altro Axel allunga la mano al beat su un approccio vagamente più prossimo al dancefloor.
"Sottopassaggio", "Roman Plumbing" e "Regret Lasagna" formano una sorta di "trittico italiano", almeno per associazione dei titoli; pimpante jazztronica alla Etienne De Crecy la prima, meditativa suite ambient/avant-jazz la seconda, suggestiva cumbia da pianobar subacqueo la terza.
Dove voglia andare a parare la mano di Axel quindi non è mai davvero chiaro, ma come nei lavori dell'amico e collega Dj Koze, l'ascolto è ancora una volta stranamente appagante nel suo repentino zig-zag; l'altro trittico "One Two", "Stone Age Jazz" e "Cacti Is Plural" rimette in pista boogie lunari, percussioni tropicali, dub stirato con l'amido, robotica assortita ed eleganti fraseggi di jazz digitale alla Prequel. Ed ecco anche "Ostende", a fare il filo all'altro famoso scandinavo Luomo. Con quel riverbero pronuciato tutto sul beat, la palleggiante "Jeremy Irons" sembra una sintesi di moombathon da carnevale sudamericano, e si lega poi al misterioso finale techno-dub di "Les Lèvres Rouges", che non starebbe male sul recente "Fabric Presents" di Leon Vynehall.
Opinioni? Difficile tirare le somme di un lavoro del genere, anche dopo svariati ascolti. La doppia abbuffata di "LUZ" e "Quest For Fire" ci regala brani imballabili e dall'atmosfera spesso insondabile, una serie di esperimenti affascinanti ma la cui materia digitale ormai meticcia all'inverosimile non ha più paletti né religione, anche a confronto con un vecchio Ep come "Eyes Of My Mind". L'imprevedibilità è spesso l'aspetto più eccitante dell'opera, per quanto forse un po' di sano editing e di pur vaga suddivisione tematica avrebbe probabilmente giovato all'ascolto.
Non si può comunque tacciare Axel Boman di pigrizia o mancanza di originalità: perso nel proprio mondo sonoro dove tutto è raggiungibile, il misterioso corriere svedese continua le proprie esplorazioni digitali con click e manopole attraverso giungle pluviali, fondali marini e stralunati ristoranti di lusso.
29/04/2022