Mi lanci il tuo bicchiere, Katì
Ma prendi il cameriere
Provaci ancora con me, ma mira bene Katì
La vita è breve, Katì, fin troppo breve
Le cose sono finalmente cambiate, dopo Sanremo: il nuovo album di Jacopo “Dargen” D’Amico, il nono, è una notizia che rimbalza sui siti generalisti e sui social e l’interesse non si limita al circolo degli appassionati di rap italiano.
Questi 12 brani senza producer di grido né ospiti al microfono che compongono "Nei sogni nessuno è monogamo" arrivano meno di due anni dopo l’eccezionale “Bir Tawil”, passato quasi inosservato, e rappresentano l’altro lato della sua creatività, quella più pop-rap e ballabile già emersa su “Vivere aiuta a non morire” (2013) e “D’iO” (2015).
D’Amico è un autore esperto, un paroliere a suo agio con i calembour, abile nel mettere in rima un edonismo effimero con una decadenza metropolitana e quotidiana. Questa dozzina di canzoni si muove fra relazioni fragili, malinconie e autoironia, usando il ritmo per stemperare la seriosità. C’è una frase, nell’iniziale “Patatine”, un fluttuante rap emotivo, che riassume il concetto con sintesi poetica: “‘sto ragazzo ride sempre, ma non è felice”.
I testi sono figli degli anni pandemici ma anche il frutto dell’accumularsi delle candeline sulla torta, ora che ha superato i quarant’anni. Ci sono le relazioni raccontate divagando fra ricordi e speranze (“Sei cannibale ma non sei cattiva”; la caraibica “Katì”; la depressa e onirica "Ustica"), con un vertice di dolorosa nostalgia nell’elettro-rap di “Ma noi”, una fantasia adolescenziale raccontata con la dolcezza con cui si guarda a quel periodo quando si è più anziani e meno sognatori. Quest'ultima contiene anche uno dei messaggi fondamentali dell'album: "Il tempo è una ferita, che più guarisce e più fa male".
Un altro tema è quello della ricerca di benessere, una felicità e un divertimento semplici eppure difficili da ottenere, come la voglia di discoteca di "Dove si balla", che contrasta con una relazione in crisi e l'isolamento di quest'ultimo biennio, o "Sangue amaro", che contrappone l'apatia e l'amarezza con il cibo, il mare e delle fragole rubate a un prete.
Solo nella coppia finale Dargen D'Amico riabbraccia la complessità, prima con il crossover elettro-rock di "La benzina sapeva di tappo", un flusso di coscienza decorato dai dialoghi tipici della sua discografia, e poi con "Nei sogni nessuno è monogamo", vicina alle esplorazioni linguistiche di tanti capolavori del passato, ma immersa in una nube surreale.
È emerso da alcune interviste che, prima della partecipazione al Festival, Jacopo D'Amico ha pensato di abbandonare la carriera, nell'impossibilità di praticare un modello di business basato su registrazioni e live. Sanremo ha riacceso la fiamma dell'ispirazione e garantito nuovo pubblico.
Anche se questo capitolo non rientra nei suoi capolavori, è un segnale di vitalità di un artista poliedrico. È il suo piccolo covid-album, leggero senza essere stupido, malinconico senza scadere nel patetico. Un ottimo pretesto per tornare a un suo concerto o riscoprirne la discografia.
05/03/2022