Dal primo giorno sono stati i favoriti e alla fine hanno vinto loro: Mahmood e Blanco, con la ballad "Brividi". Il primo è alla sua seconda vittoria su due partecipazioni nella categoria maggiore, il secondo invece trionfa con all'attivo appena tre concerti. È un trionfo meritato, che parla del presente e del futuro senza risultare modaiolo ed effimero. Mahmood e Blanco si guadagnano anche la partecipazione all'Eurovision Song Contest di Torino, programmato dal 10 al 14 maggio.
Seconda Elisa con "O forse sei tu", impeccabile ed elegante ma meno conosciuta dai giovanissimi e incapace di interpretare la sensibilità di un'edizione colorata e gender fluid, molto impegnata a immaginare una declinazione adatta al 2022 di una canzone dallo stile classico. Vince comunque il premio "Giancarlo Bigazzi" per la migliore composizione musicale, confermando la sua affinità con il contesto sanremese dopo la vittoria con "Luce (Tramonti a Nord Est)" del 2001.
Il terzo posto tocca a Gianni Morandi con "Apri tutte le porte", che sembra sollevato dal non dover salire su uno dei gradini più alti del podio: pare suggerire che per lui va bene anche così, ora saranno altri a ottenere il successo che lui ha cavalcato per tanti anni.
Si chiude con questo podio che parla a tre generazioni diverse un'edizione di Sanremo complessivamente pacata e discretamente festosa, priva di sensazionali colpi di scena e brucianti polemiche. Sarà che al secondo anno abbondante di pandemia prevale la voglia di leggerezza e così anche il Festival è stato occasione di riunione, confronto e condivisione più che in passato. È prevalsa la dimensione del gioco, anche all'Ariston, tanto che non si sono contate le standing ovation, i balli improvvisati, i cori.
Per rivivere questo Sanremo 2022 insieme a noi vi proponiamo una panoramica su cosa accaduto prima, durante e dopo le serate e, soprattutto, le nostre analisi delle 25 canzoni in gara e della serata delle cover. (Antonio Silvestri)
72° Festival della canzone italiana
Dal Mattarella-bis ad Amadeus-ter nel giro di pochi giorni: quest'anno si è passati dal rituale più sacro della politica nazionale, l'elezione del Presidente della Repubblica, al carnevale più profano dell'amata e odiata kermesse rivierasca. Un testacoda entusiasmante, che ha fatto iniziare l'edizione 2022 del Festival di Sanremo, condotta per la terza volta consecutiva da Amadeus, senza che i media potessero saturarsi già in largo anticipo.
Si è entrati nel vivo con la pubblicazione, il 25 gennaio, del più importante "TV sorrisi e canzoni" dell'anno, quello che riporta i testi delle canzoni in gara e presenta i candidati con delle brevi interviste. Divorate le succose informazioni di contorno trapelate sulla stampa, chiedendoci come abbiamo fatto a vivere serenamente prima di sapere che Ana Mena mangia senza seguire l'ordine dei piatti, e quindi anteponendo il dolce all'antipasto, abbiamo poi dovuto temporeggiare alla ricerca dei prodromi di una nuova polemica sterile, senza grande fortuna: i giornalisti erano occupati altrove, in faccende più alte e più gravose.
Il 30 gennaio, rieletto Sergio Mattarella come Presidente della Repubblica, i rumors sanremesi hanno iniziato a moltiplicarsi e, fosse anche per liberarsi dal peso dei vari catafalchi e insalatiere, toto-nomi e schede bianche, abbiamo iniziato a concentrarci meglio sull'evento popolare più importante della musica italiana.
Da quando i 759 hanno scelto un nuovo Capo dello Stato, incredibilmente simile al precedente, il riflesso pavloviano-sanremese è diventato difficile da domare, soprattutto per quelli che il pallino del festivàl (attenti all'accento!) ce l'hanno da una vita e ne vanno anche un po' fieri.
Già prima dell'inizio ufficiale, quest'anno fissato per il primo febbraio, abbiamo potuto apprendere che Fiorello sembrava non dovesse esserci, ma in fondo tutti noi sappiamo che ci sarebbe stato e infatti c'è stato anche questa volta, facendo i soliti siparietti con l'amico Amadeus e riformando, perdonateci, la coppia "Amarello".
L'idea di una nave da crociera, ventilata l'anno scorso addirittura per svolgervi l'intera kermesse, è stata riciclata quest'anno per ospitare alcuni studi televisivi, compresi dei collegamenti con Orietta Berti e Fabio Rovazzi, una coppia che sembra uscita fuori dai sogni erotici di un trash-addicted.
Altre fondamentali anticipazioni che hanno rallegrato l'attesa: il red carpet adesso è green e qualcuno lo chiama, ri-perdonateci, "green passerella"; Elisa e Mahmood & Blanco sono considerati i favoriti sulla carta dai bookmaker, ma cosa può la probabilità quando si ascolta col cuore?; i palloncini del 2021 hanno lasciato il posto al pubblico, sempre di grande interesse antropologico; il "Fantasanremo", gioco simile al fantacalcio e che fino all'anno scorso era una faccenda da fissati, è diventato famoso e ora se ne parla un po' ovunque; Beppe Vessicchio, un monumento vivente della musica in televisione, ha rischiato di non esserci per un tampone infame, ma poi si è negativizzato e siamo tutti diventati un po' più felici.
La terza edizione di Sanremo firmata Amadeus trova relativamente un buon ritmo, tanto che le prime due serate chiudono presto per gli standard fissati in passato: i maratoneti del Festival riescono a dormire un numero di ore che non si contano sulle dita di una mano.
Gli ospiti di martedì e mercoledì, scusate intendevamo ovviamente "superospiti", vivacizzano lo svolgimento con professionali interventi musicali (i soliti efficaci Måneskin, la solita istituzionale Laura Pausini) e momenti di varietà comico (un telefonatissimo Fiorello, un Checco Zalone un po' banale).
Questo non significa che in circa nove ore divise in due serate non siano mancati momenti di stanca, filler inspiegabili come la tediante esibizione dei Meduza, con il pubblico da gala che balla in una discoteca di cringe, o anche la lungagnata di Amadeus che si veste da autista per prendere i Måneskin: frangenti poco strutturati e senza un chiaro svolgimento, che mettono in crisi la regia e noi spettatori, disorientati dall'ennesimo urlo esaltato del presentatore o dal millesimo cambio di telecamera al fine di animare la situazione. Da questo punto di vista, già mercoledì la scansione dei momenti di competizione e di varietà si è fatta più faticosa, con lunghi momenti colloidali.
Giovedì, venerdì e sabato è stato il solito sbrodolamento infinito: sempre 25 cantanti a esibirsi, con sforamenti nella fascia oraria da porno sulle reti private. Sanremo è tornato a chiudersi intorno alle due del mattino, mettendo a dura prova le nostre occhiaie.
Le co-conduttrici, invece, sono state motivo di luci e ombre. Non tanto per le donne scelte, più per come sono state inserite nelle lunghe serate, spesso con momenti di dubbia qualità in termini di scrittura: Ornella Muti ha guidato una sfilata commemorativa di attori che ha "seppellito"; Lorena Cesarini ha raccontato lo schifo del razzismo sforando però nel patetico del moccio che cola e la voce che trema. Molto meglio Drusilla Foer, probabilmente perché i pezzi se li è scritti da sola: a suo agio sul palco, divertente senza diventare triviale, risulta arguta senza suonare didascalica. Maria Chiara Giannetta si è difesa bene, con un simpatico sketch comico. La finale ha visto arrivare una Sabrina Ferilli gioviale e amicona, come suo solito, ma poi tutto si è impantanato in un meta-monologo che per non saper di cosa parlare ha toccato un'infinità di argomenti diversi, citando pure Calvino.
Nell'ultima serata ha aperto l'"Inno di Mameli": si è chiuso così il cerchio di questi primi mesi di 2022, divisi fra elezioni presidenziali ed esibizioni sanremesi, a suo modo una circostanza memorabile. Ci ricorderemo anche di queste canzoni? (Antonio Silvestri)
Achille Lauro e l'Harlem Gospel Choir - "Domenica"
Romanzo rosa, no, piuttosto un porno
Apre lui la prima serata, a petto nudo come un imitatore di
Iggy Pop e con un coro gospel: chiude battezzandosi da solo, ma alla fine è più una burla e anche lui non si prende troppo sul serio, con quel sorrisetto stampato in volto. L'Osservatore Romano rimane indifferente (a parte un corsivetto sarcastico in cui cita
David Bowie), a dimostrazione che le sue provocazioni sono ormai prive di ogni attrito.
L'impressione è che il brano, che ricorda molto da vicino "Rolls Royce", persino nelle parole, sia un pretesto per far parlare di sé: diverte, intrattiene, ma nulla di più e, ascoltato su Spotify, senza supporto visivo e coro, è facilmente dimenticabile. Le giurie delle prime serate si lasciano impressionare poco, relegandolo a un meritato oblio. (
Antonio Silvestri)
Voto: 5
Aka7even - "Perfetta così"Baby, giuro che tu sei perfetta così
È assimilabile a Sangiovanni, meno umile e simpatico ma sempre vettore di un pop-rap da adolescenti.
Alla prima esibizione, vestito da tavola, mentre snocciola un testo trascurabilissimo che sembra solo un pretesto per fargli elencare sillabe e qualche acuto, intuiamo che ormai il modello di riferimento è quello del crossover verso un pop-rock rimasticato, come già fanno Rkomi e Blanco. Replicherá l'esibizione senza sorprese.
A Sanremo incontra il consenso del pubblico, a certificare che basta metterci le chitarre per fare digerire anche del bubblegum esagitato. Tutta scena. (
Antonio Silvestri)
Voto: 4
Ana Mena - "Duecentomila ore"Io che non cercavo un ragazzo di strada, poi mi hai distratta
La sua è la canzone più insipida, dovrebbe far ballare ma suscita più di uno sbadiglio. È una di quelle presenze che si spera entri almeno in quota
trash, facendo il giro e diventando memorabile, invece rimane nella terra di mezzo della musica che vorrebbe divertire ma non ci riesce, tipo i concertini alle fiere di paese.
Dovrebbe essere anche un piacere per gli occhi, eppure il look della prima serata non convince fino in fondo e le varie Ditonellapiaga ed Emma sono meglio vestite e truccate. Va meglio alle altre esibizioni, ma solo esteticamente. Delusione su tutta la linea, sprofonda all'ultimo posto nelle prime serate, quando il popolo non vota, poi va poco meglio. Da consumarsi con il tagadá. (
Antonio Silvestri)
Voto: 2
Dargen d'Amico - "Dove si balla"Mi piace la musica dance
Che pure un alieno la impara
Sì presenta sul palco il martedì e non sai che aspettarti: parte la cassa dritta e una
hip-house dolceamara, lui è un
performer consumato e fa di tutto, con una voce con diversi limiti ma anche forte di un testo inventivo, tutt'altro che banale, e quell'abilità di giocare con la metrica.
La regia non lo aiuta molto, il pubblico in sala non sembra capire fino in fondo e lui si diverte da solo, come chi alla festa beve un po' troppo e prima di tutti. Ci prova tantissimo con la sua attitudine
slack adorabile, così la seconda volta mette su un grande spettacolo: scende in mezzo al pubblico, sveglia tutti esplodendo con la sua energia.
Le giurie delle prime serate lo premiano con un buon piazzamento, il pezzo può diventare un
party anthem strampalato e un po' disperato. Nella versione registrata spinge molto di più. (
Antonio Silvestri)
Voto: 7
DitonellaPiaga con Donatella Rettore - "Chimica"
Sulla carta è la coppia più indecifrabile del Festival.
Icona di un'epoca la prima, semisconosciuta la seconda. La canzone è però ben congegnata.
Passo sfacciatamente
moroderiano, le due si intendono e il rischio della nipotina che sorregge la nonna è ampiamente superato fin dalla prima esibizione.
C'è però qualcosa che non funziona. "Chimica" diverte, ironizza, setaccia in maniera sottile come la Rettore ci ha sempre abituato, ma il ritornello è un
loop eccessivo, e dopo tre ascolti la chimica prende il sopravvento, ma come saturazione e non effusione.
Comunque brave. (
Giuliano Delli Paoli)
Voto: 6
Elisa - "O forse sei tu"È la più attesa alla vigilia, inutile girarci intorno. Nel 2001 "Luce" lasciò il segno. E resta ancora oggi una delle più belle collaborazioni di
Fornaciari. Una vittoria meritatissima per una voce pazzesca che non è mai caduta in basso, restando bene a galla negli ultimi quattro lustri, al netto di qualche presenza di troppo in Tv.
Le prove generali con una certa fetta dell'indie nostrano più
mainstream furono già soddisfacenti con
Calcutta in una hit radiofonica, "Se piovesse il tuo nome", valorizzata a puntino dalla Toffoli. Per il gran rientro Elisa si affida però al collaudato Davide Petrella,
aka Tropico, e all'onnipresente
Faini. La canzone è epica e pacchiana. E alza fin troppo i livelli di zucchero nel sangue.
Più che un ritorno, è un tuffo nel passato e alle lettere d'amore di radio Subasio. Per fortuna alla fine è "solo" seconda. (
Giuliano Delli Paoli)
Voto: 5
Emma - "Ogni volta è così"Che per appartenere alle tue mani non ci ho messo niente
e ti credevo quando mi giuravi che eri pazzo di me
A distanza di dieci anni dalla vittoria con "Non è l'inferno", Emma torna a calcare il palco di Sanremo con un brano cucito su misura per la sua vocalità poderosa da Davide Petrella e dall'onnipresente
Dario Faini. E questa volta lo fa con un afflato d'eleganza che sorprende. Il testo della canzone sembra parlare dell'abuso emotivo, argomento ancora poco esplorato dai media
mainstream, più concentrati su schiaffi e percosse.
Il gesto della vagina, con cui ha accompagnato una strofa del brano, è da intendersi dunque in un'ottica femminista che di volgare ha ben poco.
Al di là di qualche incertezza dovuta all'emozione e i consueti problemi di dizione (l'insopportabile "s" sorda quando dovrebbe essere sonora), la cantante salentina ha dimostrato di aver imparato a gestire meglio i registri vocali più gravi e anche il suo caratteristico urlare sulle alte sembra ora meno sguaiato. Che l'amicizia con la
Michielin le faccia bene?
Promossi anche i look, eleganti e di carattere, armocromaticamente (quasi) impeccabili. (
Giulia Quaranta)
Voto: 6.5
Fabrizio Moro - "Sei tu"
Il cantautore romano, che ha già in bacheca due vittorie al Festival (una nei big e una tra i giovani), si presenta al Festival con un pezzo diverso dal suo trend abituale, spesso rivolto a trattare temi impegnati e di estrazione sociale.
Questa volta il contenuto è decisamente autobiografico, una sorta di ringraziamento verso chi è riuscito ad allontanarlo da un complesso stato depressivo che lo stava attanagliando da lungo tempo.
Come al solito, la sua interpretazione è sentita e grintosa, marchio di fabbrica che eleva leggermente un brano che appare un po' troppo incollato alle tipiche rigidità festivaliere, senza prevedere spunti che lo avrebbero certamente impreziosito. (
Cristiano Orlando)
Voto: 6
Gianni Morandi - "Apri tutte le porte"A forza di credere che il male passerà
Sto passando io e lui resta
Gioca in casa, il pubblico è dalla sua parte e quando arriva la prima sera c'è emozione nell'aria. Il brano che
Jovanotti gli ha scritto è un ottimo pretesto per vederlo sorridere, affettuoso come un nonno nazionale. L'arrangiamento brioso di fiati spinge anche più della voce, un po' affaticata ma ancora educata.
Il testo è commovente se letto in combinazione con le vicissitudini di Morandi, che arriva con i postumi di un brutto incidente alle leggendarie mani.
Premio simpatia, raccoglie un consenso trasversale e vince pure la serata cover. (
Antonio Silvestri)
Voto: 6.5
Giovanni Truppi - "Tuo padre, mia madre, Lucia"
Truppi è l'outsider per antonomasia del Festival. Si presenta in canottiera, ma pochi capiscono il motivo del suo
outfit casalingo. "Tuo padre, mia madre, Lucia" è una canzone sulle implosioni di coppia nei giorni del lockdown. Sulla convivenza forzata in famiglia. Sui compromessi raggiunti e i sogni andati a puttane. E, senza troppe iperboli, è una gran bella canzone.
Si scomoda
Ciampi, senza per questo essere blasfemi. L'unica pecca, se proprio vogliamo trovarne una, è il parlato di troppo, che a Sanremo, minchie stellate a parte, ha sempre reso poco.
Non merita di certo le retrovie della classifica conclusiva. Ma Sanremo è Sanremo anche per queste ingiustizie. (
Giuliano Delli Paoli)
Voto: 7.5
Giusy Ferreri - "Miele"È una lama che sa di miele
Quarta volta, ma alla prima serata sembra molto emozionata. Takagi & Ketra le hanno scritto un pezzo perfetto per lei, un pop ritmato ma anche drammatico, che inizia con un curioso vocalizzo in un megafono che poi ritorna, a favore dei meme. Si scioglie nelle serate successive, così in finale buttà là il brano senza più tanta convinzione.
La sua voce è molto caratteristica, con un timbro nasale che è croce e delizia, ma non osa granché ne stupisce.
Testo appena passabile, arrangiamento senza sussulti che migliora appena nella versione registrata.
Dimenticabile, come le altre sue partecipazioni al Festival. (
Antonio Silvestri)
Voto: 5
Highsnob e Hu - "Abbi cura di te"
Coppia inedita e insolita, quella formata dal rapper Michele Matera
aka Highsnob e dalla cantante e polistrumentista Hu, al secolo Federica Ferracuti.
Movimentata alla vigilia da alcune accuse mosse verso Highsnob dal collega Junior Cally, circa la paternità del pezzo presentato al Festival, l'esibizione del duo è apparsa tra le più convincenti della
kermesse.
Un brano che tratta l'onnipresente tema dell'amore, ma di un sentimento ormai concluso, che si porta dietro ricordi e riflessioni.
Highsnob e Hu fondono molto bene i loro antitetici percorsi artistici e di conseguenza i differenti timbri vocali, esaltando i contenuti e lasciando che l'atmosfera del pezzo resti decisamente minimale. (
Cristiano Orlando)
Voto: 7
Irama - "Ovunque sarai"E lo so che mi puoi sentire
Dove ogni anima ha un colore
Come Thomas Pynchon, come
Quentin Tarantino, Irama è un grande maestro del postmoderno. Ne aveva dato mostra lo scorso anno, trapiantando nel classicheggiante presente sanremese un vocoder sfacciato, reliquia frastornante della musica elettronica che fu.
Quest'anno, nel Festival dell'amore quotidiano, rilegge il concetto di espansione, sacrificando ancora una volta il suo personaggio all’altare del metateatro e risorgendo nelle vesti del salmodiante laico, l’ennesima maschera, l'ennesima occasione di inscenare uno spettacolo di tensione giocato sul contrappunto tra anima e prestigio.
Il più grande mistificatore del pop italiano. (
Tommaso Benelli)
Voto: 8
Iva Zanicchi - "Voglio amarti"
La Zanicchi torna al Festival dopo tredici anni e soprattutto portando in dote tre vittorie finali.
La voce e la personalità dell'ottantaduenne cantante emiliana sono invidiabili e dovrebbero essere prese a riferimento da chiunque volesse accingersi a varcare l'ingresso nel mondo della musica.
Chitarra e archi incorniciano un testo che rappresenta una banalissima dichiarazione d'amore, sulla quale l'aquila di Ligonchio si fionda con la sua inestimabile personalità, tappando alcune colossali falle strutturali del brano e andando a coprire la consueta quota revival che immancabilmente ogni anno vede storici campioni del passato godere di una nuova ribalta. (
Cristiano Orlando)
Voto: 6, di pura stima
La Rappresentante di Lista - "Ciao, ciao"
Seconda partecipazione (consecutiva) per il duo composto da Veronica Lucchesi e Dario Mangiaracina.
Una ventata di adrenalina che prende spunto dal funky anni 70 per essere incastrato su sonorità più moderne e persino adatte all'attuale contesto festivaliero.
Esibizione trascinante e di personalità per un pezzo che con ottime probabilità sarà molto gettonato in radio e sulle piattaforme digitali.
Una conferma molto positiva per il duo, con un testo che tratta con surrealismo e un pizzico di distopia le responsabilità cui anche le nuove generazioni devono iniziare a farsi carico per un corretto trasferimento a chi verrà dopo. (
Cristiano Orlando)
Voto: 7.5
Le Vibrazioni - "Tantissimo"
La band di Francesco Sarcina sta diventando un
habitué del Festival, giungendo quest'anno alla quarta partecipazione.
Il
frontman milanese mostra gli artigli quando si tratta di trainare verso contesti cosiddetti rock, in un brano dal sentore autobiografico che tratta l'argomento del volersi bene, nel ricordare con acquisita maturità le tante ferite che dal passato fanno ancora sentire la loro presenza.
Purtroppo, tolto qualche interessante accordo chitarra-basso-batteria, si evidenziano alcune sbavature che non consentono al pezzo di staccarsi dalla pista di decollo.
Bello l'omaggio a Stefano D'Orazio con l'effige posta sulla grancassa della batteria suonata da Deidda. (
Cristiano Orlando)
Voto: 5.5
Mahmood e Blanco - "Brividi"Ho sognato di volare con te
su una bici di diamanti
Come ci si aspettava, la super-fusione tra Blanco e Mahmood non risolve il comune vizietto di cantare le vocali stirandole all'infinito e oltre, ma va bene così, dai, per tanti motivi: Blanco è un bravo interprete, Michelangelo è un
producer sgamato e Mahmood è un ottimo autore, il solo del nuovo pop italiano (assieme forse a Tommy Paradiso) a possedere un'impronta melodica distinta e originale. E soprattutto la canzone c'è, perché ha il giusto passo, belle aperture, e tutto che scorre in armonia, ingioiellato da un paio di tocchi di poesia
naïf (come nello splendido
incipit).
Mentre sto scrivendo queste righe sono le 11:22 di mercoledì e il duo si trova al primo posto momentaneo della gara. Sono i vincitori annunciati, ma vedrete che la spunterà qualcun altro. EDIT: ops. (
Tommaso Benelli)
Voto: 7.5
Massimo Ranieri - "Lettera di là dal mare"
Altro attesissimo ritorno, con inaspettata stecca alla prima prova. Ranieri è però un mito assoluto e sistema audio e tiro al secondo colpo. La canzone è novecentesca quanto basta per celebrare sia Gilda Mignonette che le grandi ascese melodiche degli anni 90. È un tema importante, e per giunta gestito senza pacchianerie di sorta.
Resta però una sensazione di smarrimento, come quando si osserva una foto in bianco e nero appena lucidata e su cui scorre ancora una goccia di detergente. Insomma, la polvere tornerà in fretta e nessuno potrà mai farci niente. Da gustare dunque con i nonni e gli zii.
Vince infine il premio della critica, ma senza meritarlo pienamente. (
Giuliano Delli Paoli)
Voto: 6
Matteo Romano - "Virale"E l'amore riappare, va in tendenza e risale
Ingiustamente penalizzato dalla giuria dei giornalisti accreditati, il diciannovenne Matteo Romano è forse l'unico tra i più giovani a non aver ceduto alle lusinghe della trap. La sua "Virale" è una canzone d'amore supportata da un'impronta elettronica e da una metrica non scontata (si sente il tocco di
Faini per la parte musicale). Il cantautore cuneese, qui un ibrido tra Ultimo,
Mahmood e Michele Bravi, la interpreta con scioltezza e precisione.
In futuro dovrà però guardarsi da testi inconsistenti come quello di questa "Virale", scritto con Alessandro La Cava, che potrebbero affossarlo in zona Benji & Fede. (
Giulia Quaranta)
Voto: 6
Michele Bravi - "Inverno dei fiori"
Seconda partecipazione per l'artista perugino, ex-vincitore di X-Factor.
Lasciate da parte alcune pesanti problematiche personali, Bravi prosegue nel suo percorso più introverso e sicuramente più interessante rispetto agli spunti degli esordi.
Le esibizioni sono partite con il freno a mano tirato, per poi sciogliersi meglio nel prosieguo della manifestazione. Buono l'arrangiamento, con gli archi in chiara evidenza, che mantengono costante il congruo grado di raffinatezza.
Il brano ha un testo interessante che prende e lascia andare concetti che trattano il reciproco scambio, anche avverso, all'interno di un rapporto sentimentale.
Bella l'immagine del fiore che d'inverno sbuca ostinato per germogliare con grande impeto nuova vita. (
Cristiano Orlando)
Voto: 6
Noemi - "Ti amo non lo so dire"
Forse mi calmerò
come l'acqua del mare
mi riconoscerò
Il problema di Mahmood quando scrive canzoni per gli altri è che lo fa pensando solo a se stesso.
Lui è uno di quelli che regalano un pallone da calcio a un tennista. Noemi prova a fare tutto il possibile, ma la sua voce non è adatta a certe variazioni, soprattutto quando sono in strofa.
Tuttavia, è un brano che cresce con gli ascolti. E che farà sicuramente buone cose nei primi tre mesi post-Festival.
Ecco: per una scadenza breve, come quasi tutte le canzoni di Noemi. (
Giuliano Delli Paoli)
Voto: 5.5
Rkomi - "Insuperabile"Due molotov in fiamme nella corrente
La prima esibizione è incoerente: lui si muove e il pezzo spinge su un rap-rock immediato, ma lui è rigido e impacciato, soprattutto sembra serio e non fa nessun guizzo.
A confronto di un Achille Lauro, è molto penalizzato in termini di esibizione e di look, intabarrato nella pelle e con una maschera da Zorro che butta sulle scale (ma perché?). Si ripresenta giovedì vestito come un lottatore di un videogame, facendo un po' meglio in termini di spettacolo ma ci sono troppi problemi, anche di voce. Poi esagera, si spoglia per fare vedere i muscoli.
Chiude con una brutta caduta di stile, citando il suo stesso successo commerciale: un grande no. Registrato il brano funziona meglio, senza entusiasmi. Occasione persa. (
Antonio Silvestri)
Voto: 5
Sangiovanni - "Farfalle"Non volano farfalle
Non sto più nella pelle
Se la gioca facile, continuando a fare quello che lo ha già reso super famoso fra i giovanissimi con "Malibú". Il brano è vivace e lui lo sa gestire, muovendosi bene sul palco e dimostrandosi capace di usare il microfono, pur con alcuni limiti in termini vocali e un po' di inesperienza.
Presso il suo pubblico è un successo assicurato ma ai grandicelli non farà né caldo né freddo.
Quando si vota da casa lui, come una farfalla, inizia a volare. (
Antonio Silvestri)
Voto: 5.5
Tananai - "Sesso occasionale"Tra i giovanissimi in gara, Tananai è fin da subito il più sconclusionato. Avvertenze prima dell'uso: l'impatto è terribile. E la canzone va ascoltata almeno tre volte, ma soprattutto senza guardare la
performance di questo cantastorie pop di Cologno Monzese con la voce ancora da sistemare.
Bene. Fatte le opportune premesse, il motivo con gli archi in attacco è ottimo, quasi da cinema d'
essai degli anni 40.
Poi però spunta una strofa in scia
Tommaso Paradiso e pochi secondi dopo un gancio nel ritornello che ricorda addirittura Bongusto e tutto il suo mondo. Quindi una canzone davvero intrigante, quantomeno in valore assoluto. Perché il testo è debolissimo. E il ragazzo canta maluccio. Resta tuttavia quella genialità inespressa, che forse in futuro Tananai riuscirà a tirare fuori con cura e soprattutto con maggior convinzione. (
Giuliano Delli Paoli)
Voto: 6.5
Yuman - "Ora e qui"
Esordio al Festival per uno dei tre vincitori di "Sanremo Giovani".
L'artista romano di origini capoverdiane sfodera un'esibizione poco convincente con svariate pecche attribuibili parzialmente alla comprensibile emozione del debutto sullo storico palcoscenico.
Il brano è un soul-pop troppo standardizzato, dal quale non sembrano emergere i picchi che in questo genere musicale sono decisamente necessari.
Qualche flebile frammento d'interesse proviene dal testo, di cui Yuman è coautore, che tratta del raggiunto
status di benessere personale ottenuto in seguito a momenti di grande difficoltà. (
Cristiano Orlando)
Voto: 5
La serata delle coverNel Sanremo della normalizzazione si azzarda poco, anche nelle cover. La maggior parte dei cantanti fa il compitino, con modesto trasporto e poca inventiva, anche nella scelta dei brani. Non a caso il
medley di Gianni Morandi e
Jovanotti, il massimo della pacificazione intergenerazionale, sbanca, complice anche la presenza eccessiva - e discutibile rispetto alla competizione in corso - di Lorenzo durante tutta la serata.
Anche Elisa e la coppia
Mahmood &
Blanco giocano coi codici festivalieri e con il pubblico, candidati a contendersi la vetta della classifica: la prima propone una grintosa interpretazione filologica di "What A Feeling" di Irene Cara dal film "Flashdance" (1983) insieme alla danzatrice Elena D'Amario - dalle aule di "Amici" - beccandosi anche i complimenti dell'autore
Giorgio Moroder, mentre la coppia
Mahmood & Blanco si lascia andare a un'interpretazione vocalmente intensa di uno dei capolavori della canzone italiana, "Il cielo in una stanza" di Gino Paoli. In questa edizione Mahmood non stravolge ma rivisita e rinnova i canoni della ballata classica sanremese, il progetto sembra complessivamente chiaro (e alla fine pagherà anche stavolta). I due sanno cantare eccome, in solo e insieme, e il risultato è "da brividi".
Qualcuno fortunatamente esce dallo schema della cover canonica:
La Rappresentante Di Lista - una delle migliori esibizioni della serata - presenta una trasposizione electro di "Be My Baby" delle
Ronettes con
Cosmo, Margherita Vicario e Ginevra in un'atmosfera
lynchiana che fa l'occhiolino ai
Chromatics;
Dargen D'Amico propone una versione sguaiata e
dancereccia de "La Bambola" di
Patty Pravo in stile "Born To Be Abramo";
Rkomi fa arrangiare ai
Calibro 35 un
medley ricercato in tributo al
Vasco Rossi degli anni 80, "sciacquando" i panni del Blasco nelle atmosfere cinematiche anni 70 della band; ironica e sfacciata, invece, è la rilettura cabaret-rap di "A far l'amore comincia tu" di Raffaella Carrà fatta da Tananai e Rosa Chemical, che giocano con l'orchestra e il pubblico a notte inoltrata.
Ma per noi vince anche Loredana Bertè, radiosa ed espressiva in "Sei bellissima", con un
Achille Lauro che sa a malapena starle accanto ma che le dedica parole emozionate. Vincono gli "over 70": oltre Morandi, Iva Zanicchi che omaggia Don Backy e
Milva con una voce potente e una verve interpretativa che i rockettari da catalogo (Le Vibrazioni?) hanno lasciato a casa (sciatta la loro cover della cover di "Live And Let Die" da
McCartney ai
Guns and Roses); Massimo Ranieri, elegante e sfumato, omaggia la musica di
Pino Daniele, Anna Magnani e la sua Napoli con un brano splendido, "Anna verrà", purtroppo appiattito dall'interpretazione poco dinamica di Nek.
Non graffiano (come Casco D'Oro) Ditonellapiaga e
Donatella Rettore che reinterpretano "Nessuno mi può giudicare", mentre risulta alquanto surreale la rilettura di "Baby One More Time" di
Britney Spears fatta da Emma con
Francesca Michielin.
Il resto dei compiti finisce nel cassetto.
(
Maria Teresa Soldani)
Classifica finale e premi
1. Mahmood e Blanco - Brividi
2. Elisa - O forse sei tu
3. Gianni Morandi - Apri tutte le porte
4. Irama - Ovunque sarai
5. Sangiovanni - Farfalle
6. Emma - Ogni volta è così
7. La Rappresentante di Lista - Ciao ciao
8. Massimo Ranieri - Lettera di là dal mare
9. Dargen D'Amico - Dove si balla
10. Michele Bravi - Inverno dei fiori
11. Matteo Romano - Virale
12. Fabrizio Moro - Sei tu
13. Aka 7even - Perfetta così
14. Achille Lauro - Domenica
15. Noemi - Ti amo non lo so dire
16. Ditonellapiaga con Rettore - Chimica
17. Rkomi - Insuperabile
18. Iva Zanicchi - Voglio amarti
19. Giovanni Truppi - Tuo padre, mia madre, Lucia
20. Highsnob e Hu - Abbi cura di te
21. Yuman - Ora e qui
22. Le Vibrazioni - Tantissimo
23. Giusy Ferreri - Miele
24. Ana Mena - Duecentomila ore
25. Tananai - Sesso occasionale
Premio della Critica Mia Martini: Massimo Ranieri - Lettera di là dal mare
Premio della Sala Stampa Radio Tv Web Lucio Dalla: Gianni Morandi - Apri tutte le porte
Premio al Miglior Testo Sergio Bardotti: Fabrizio Moro - Sei tu
Premio Migliore Arrangiamento Giancarlo Bigazzi: Elisa - O forse sei tu