È un disco per tentare di guarire dal male, questo "ILYSM", quarto sforzo in studio della sigla Wild Pink, presieduta di fatto dalla mente di John Ross, qui impegnato a esaminare e provare a combattere le sue recenti problematiche legate al cancro.
La morbidezza sembra essere il tratto distintivo di "ILYSM", a tutti gli effetti il disco della completa maturazione di Wild Pink, che riprende non solo le nuance di drammatica dolcezza degli Antlers - non a caso in cabina di regia troviamo l'eccezionale Peter Silberman affiancato da Justin Pizzoferrato (Dinosaur Jr, Pixies) - ma anche le tinte chiaroscurali di "Nebraska" e "I See A Darkness", passando in più di un'occasione per sentieri vicini al post-rock e alle sue esplosioni emozionali.
L'indie-rock dalle tinte agrodolci ma energiche che aveva segnato fin qui la storia della band di New York è quindi messo in secondo piano, pur non sparendo completamente, e rimpiazzato da ballate soffici come carezze e intense come pugni nello stomaco, che non disdegnano incursioni nell'art-rock, nel folk più acustico e semplice ma anche in sferzate simil-shoegaze.
La voce carica di pathos di Ross, combinata con gli arrangiamenti intelligenti e mai invasivi curati dall'autore di "Hospice", riesce a trasportare l'ascoltatore attraverso il calvario vissuto dal cantante, anche se non sempre questo si presenta in prima persona ma passa attraverso storie di terzi, di sofferenza, redenzione e soprattutto vita nella sua massima e ossimorica espressione di gioia e drammaticità.
"Cahooting The Multiverse" e i suoi leggeri rintocchi di piano aprono il sipario sulla storia passando attraverso riflessioni che sfiorano la paura della morte e lascia poi il passo al singolo "Hold My Hand", ballata tanto semplice quanto efficace sull'importanza delle persone che ci stanno accanto nei momenti difficili, come in occasione delle prime operazioni cui si è dovuto sottoporre il cantante, impreziosita dalla partecipazione di Julien Baker, che oltre ai cori si incarica di interpretare il secondo verso.
Proprio le collaborazioni sono l'altro grande punto di forza del lavoro: la soave voce di Samantha Crain e la pedal steel guitar di Mike "Slo Mo" Brenner portano ad esempio "St. Beater Camry" verso ariosi orizzonti desertici, così come le chitarre di J Mascis, Yasmin Williams e Ryley Walker donano al disco una sommessa maestosità e uno sperimentalismo inatteso.
Se pezzi come "Abducted At The Grief Rretrat", "Simple Glyphs" e "See You Better Now" sono più collegabili al recente passato del gruppo, il sentimentalismo con cui sono interpretati vocalmente e strumentalmente dà idea della nuova dimensione di maturità toccata in questo lavoro.
Non mancano comunque anche soluzioni più inaspettate per la creatura di Ross, come la conturbante verve shoegaze di "Sucking On The Birdshot" e le impalpabilità post-rock di "The Grass Widow In The Glass Window", entrambe da annoverare tra gli highlight del disco.
I sussurri acustici di "War On Terror" sono il contraltare perfetto della title track (il cui acronimo sta per I Love You So Much) che si presenta come il brano più corale e pop del lotto, riuscendo comunque a non risultare fuori luogo all'interno della scaletta e, anzi, a donare un piccolo momento di entusiasmo in un lavoro così introverso.
"ICLYM" (I Couldn't Love You More) chiude un disco intenso e coeso con una leggera brezza su ritmica dub, che rimanda addirittura al Moby più soave, dando per l'ennesima volta prova della maestria con cui i Wild Pink sono riusciti a confezionare il miglior disco della loro giovane storia.
La speranza è quella che da qui possano andare ancora oltre, superando ogni tipo di avversità, anche le più terribili.
20/12/2022