Annalisa

E poi siamo finiti nel vortice

2023 (Warner)
pop

Che cosa dobbiamo fare con Annalisa Scarrone? Continuare a pretendere che l'ex-enfant prodige alla testa di una band metal (Malvasia) nei bunker di provincia manifesti tutto il suo talento di raffinata vocalist, forgiata alla scuola del jazz e della classica (nonché laureata in Fisica), oppure abbandonarci senza remore alla malia dance paracula delle sue ultime produzioni, che le sono valse un successo stellare? Senza giungere subito a conclusioni, riepiloghiamo un attimo i passaggi che hanno portato l'ex-eterna promessa lanciata da "Amici" a diventare la reginetta del pop italiano - addirittura prima donna a rimanere in classifica con un singolo per più di un anno ("Bellissima") - conquistando anche un posto tra le cento figure femminili di maggior successo in Italia secondo Forbes.

Dopo aver incassato più premi della critica che successi commerciali, anche attraverso svariate incursioni al festival di Sanremo (notevole in particolare il brano "Il mondo prima di te", con cui partecipò all'edizione del 2018) e album anche discreti, come "Non so ballare" del 2013, Annalisa ha mandato in soffitta il pop sofisticato e vagamente cantautorale che l'aveva connotata, gettandosi nella mischia. Intesa come: produzioni del temibile Kekko dei Modà, ammiccamenti al pop iperglicemico di Alessandra Amoroso, featuring ruffiani a più non posso (da Achille Lauro a J-Ax, da Rocco Hunt ai Boomdabash), sbandate simil-trap e tirate pseudo-femministe che ne evidenziavano soprattutto le grazie sensuali, come da eloquente titolo del suo penultimo album: "Nuda" (2020). Così, come riepilogava impietosamente la collega Giulia Quaranta trucidando quest'ultimo lavoro, "la cantante savonese ha pubblicato dal 2011 quasi un album all'anno, senza riuscire a tracciare una vera e propria strada artistica da seguire, adeguandosi anzi di volta in volta ai prototipi in voga al momento" e accettando così la sua trasformazione "da ragazza timida e severa, incapace di ballare, a popstar tutta balletti e coreografie alla Katy Perry, acconciature e vestiti stilosi e beat da discoteca in spiaggia". Un addio definitivo, insomma, a quell'universo pseudo-alternativo che possiamo sintetizzare in questo incredibile video in cui si esibiva con i LeNoire in una cover di "A Perfect Day, Elise" di PJ Harvey.

Adesso però la ragazza dalla voce cristallina e "minesca" (come la definiva la sua maestra Danila Satragno, già collaboratrice di De André e Lauzi) pare aver preso coscienza della (forse) irreversibile trasformazione, fin dal titolo del suo nuovo album, "E poi siamo finiti nel vortice". Capitalizzando un'estate di tormentoni come "Mon amour" e "Disco Paradise" (con Fedez e Articolo 31), che hanno macinato milioni di ascolti sulle piattaforme di streaming, fruttandole otto dischi di Platino e la conquista, come unica donna da tre anni, della posizione numero 1 della classifica ufficiale Fimi/Gfk. Per coronare l'impresa, Annalisa tenta un difficile connubio "tra la melodia e la vocalità delle grandi donne della canzone italiana, da Nada a Mina passando per Ornella Vanoni, fino al pop internazionale alla Depeche Mode", secondo le sue stesse parole.
Ora, lasciando da parte per un attimo le nobili muse ispiratrici, non c'è dubbio che la cifra nuova sia proprio la svolta elettropop avviata con "Bellissima" e proseguita con "Mon Amour", entrambe co-firmate e prodotte da Davide "d.whale" Simonetta e Paolo Antonacci (nipote di Gianni Morandi e il figlio di Biagio), due dei re mida del recente mainstream pop tricolore. Se la scorza elettronica 80's, sposata all'ombroso e irrequieto mezzosoprano della savonese, riusciva a riscattare qualche ammiccamento più scontato in "Bellissima", la revenge-story al neon di "Mon Amour", condita da delizioso videoclip con look in stile Valentina di Crepax, ha davvero compiuto un salto di qualità, fissando un nuovo standard di hit elettropop italico dal respiro internazionale. Brano tutt'altro che banale, come una lettura superficiale suggerirebbe, "Mon Amour" è un sofisticato numero elettropop congegnato con inesorabile meccanismo a orologeria che si presta ad analisi articolate, come quella del musicologo Federico Pucci, che l'ha annoverato nella "tradizione consolidata delle canzoni ballabili in minore (dagli Abba a Lady Gaga passando per i Pet Shop Boys)", sottolineandone in particolare i vari hook, piazzati ad arte tra la strofa e l'irresistibile ritornello, con enfasi su quest'ultimo dettato dal disorientamento tra il battito marziale e la base che si ammutolisce poco prima dell'esplosione vocale. In fondo, quasi un aggiornamento al Duemila della vecchia italodisco (per restare in tema di tormentoni) di Valerie Dore, munita di voce propria - e anche notevole - per quella che risuona ancora come la miglior hit nazionale dell'estate appena trascorsa.

Si tratta di canzoni pensate come parte di un "racconto", proseguito con "Ragazza sola", l'altro singolo che ha preceduto l'album, alla cui scrittura ha partecipato anche Alessandro Raina. Presentato come "la presa di coscienza del momento in cui si comincia ad abbracciare il cambiamento", è un brano dal mood più fragile e pensoso alla Nada, sicuramente meno studiato per le classifiche, a differenza della nuova hit potenziale "Euforia", altra novelty da dancefloor a cassa dritta e beat spiegati, condita da versi vagamente surreali ("Ma che bella era la centrale elettrica sdraiati sopra il tetto della macchina", allusione al mostro della raffineria di Busalla sull'autostrada Milano-Genova) che però cozzano con quelli più puerili del ritornello ("Passate quante settimane, non lo so, a fare sesso e litigare con l'iPhone"). Non è l'unico caso in cui svolazzi lirici più audaci ("estati ultraviolette tra serate ultraviolente"; "dovrei provare yoga e dovrei restare sobria"; "un giorno, non ti accorgi e ti avveleno"; "biciclette verde menta abbandonate sulla spiaggia") si alternano a scivolate da teenager in astinenza da TikTok ("Vado a letto col pantaloncino dell'Adidas", "Non mi piace, se vuoi facciamo pace"; "Nuovo tatoo sulla schiena, fammi sentire leggera", "Sopra il tuo cuore di tenebra c'era il mio maglione di lana"). Insomma, se Mina era donna già a 20 anni, Annalisa sembra ancora ragazzina a 38, ma più verosimilmente si tratta di un'astuta mossa di marketing, che indubbiamente sta pagando.

I synth pulsanti della raffinate "Rosso corallo" e "Stelle", le citazioni Matia Bazar di "Aria" ("per un'ora d'amore non so cosa darei"), l'ironia sensuale di "Gommapiuma", i beat martellanti della più oscura "Indaco violento" cercano di catturare questo nuovo "vortice" elettropop che combina leggerezza e una sottile malinconia, fotografando un'artista inquieta che sembra aver trovato la sua comfort zone ma che non appare sempre in grado di riempirla di contenuti all'altezza.
"E poi siamo finiti nel vortice" è un disco perfettamente contemporaneo, nel bene e nel male. La fotografia dell'attuale Annalisa "disperata e anche leggera": non più pretenziosa cantautrice intimista ma non ancora pienamente a suo agio nei panni di femme fatale da frullare in pista. In ogni caso, male che vada, sempre meglio un'accattivante vacuità di classe che una pretenziosità artistoide non supportata da canzoni all'altezza (e quante ne abbiamo viste insistere tristemente su questa strada?). Ma la speranza è sempre l'ultima a morire e nel nostro caso, tornando alla domanda iniziale, è quella che, anche nell'attuale e più fortunata incarnazione da dancing queen stritola-classifiche, Annalisa possa ritrovare quell'ambizione da cantautrice elegante e quel gusto per la raffinatezza alla Mina che, in fondo, ha sempre ricercato. Nel frattempo, si tratta del più classico dei "prendere o lasciare". E, per citare "Mon Amour", "io ci sto".

29/09/2023

Tracklist

  1. Bellissima
  2. Ragazza sola
  3. Euforia
  4. Mon Amour
  5. Rosso corallo
  6. Bollicine
  7. Gommapiuma
  8. Aria
  9. La crisi a Saint-Tropez
  10. Ti dico solo
  11. Stelle
  12. Indaco violento






Annalisa sul web