Per gli amanti della darkwave e di quanto ruota attorno alle imperiture sonorità nate nel corso degli anni 80, la notizia di una nuova pubblicazione dei Frozen Autumn, ormai attivi da più di trent’anni, suscita sempre grande risonanza.
I torinesi Diego Merletto e Arianna aka Froxeanne si ripresentano al pubblico con un long Ep intitolato “The Shape Of Things To Come”, a distanza di sei anni da “The Fellow Traveller”, l’ultima loro testimonianza artistica full length.
Le oscure linee, che prelevano la propria indole dalla new wave filo-elettronica, sono il leit-motiv che caratterizza anche questo nuovo progetto distribuito su sei corpose tracce.
Riferimenti quali Dead Can Dance, Depeche Mode, Cocteau Twins, Sisters Of Mercy e soprattutto gli amatissimi Clan Of Xymox - con i quali in passato ebbero anche occasione di collaborare – sarebbero un metodo troppo riduttivo per incasellare il procedimento e lo spirito dei Frozen Autumn, autentici cesellatori di suoni articolati, modulati, con un studio ossessionante per le rifiniture, per melodie e successioni che s’intersecano nel formare maglie espressive mutevoli: un lavoro dalla lunga gestazione, durato circa tre anni e realizzato tra i confini patri (Treviso) e quelli norvegesi.
Il singolo “Autosuggestion” rappresenta la summa di questo movimento, un brano cantato con la canonica tonalità cavernosa di Diego che negli oltre otto minuti di durata sfoggia spigolosità e aperture di chi mastica i sintetizzatori da decenni e che su questi dispositivi ha consumato ore e ore alla ricerca dei giusti passaggi e di nuovi orizzonti sui quali far sfociare le proprie idee.
La voce di Froxeanne fende l’atmosfera tensiva di “Origami Clouds” e i ritmi serrati di “Midnight Sun City”, tra scenari nebulosi e realtà distopiche, e se la strumentale title track espone al meglio l’ampio catalogo e le invidiabili abilità dei due nel comandare sequencer, sampler e programmazioni, in “Livid Velvet Waters” si fa rientro alle ambizioni già gustate nell’opener, con la voce di Diego che pare sciorinare contenuti tratti da esperienze oniriche.
Il disco si chiude con la coldwave di “Mosaics”, che conserva alto il gradiente visionario, in questo caso esternato su risonanze più rarefatte e crepuscolari rispetto ai precedenti episodi in scaletta, richiamando da vicino quelle sonorità eteree che avevano caratterizzato il sound di inizio carriera, quello, per intenderci, dell’eccellente esordio “Pale Awakening” (1995).
Della medesima radice è anche l’altro inedito strumentale “Crossing The Border”, assente nell’Ep ma pubblicato congiuntamente al singolo “Autosuggestion”, una colata ambient, a tratti new age, che avvicina ai volteggi kosmische musik dei Tangerine Dream.
Ne ha percorsa davvero tanta di strada, Diego, da quando d’adolescente s’innamorò di quei plastici suoni provenienti dai sintetizzatori ascoltando “Dancing Girl” dal primo album di Nik Kershaw, una miscela di keybass, drum machine e tutti quei toni a corollario a dir poco audaci, che furono per lui una vera e propria folgorazione.
Un graditissimo ritorno quello dei Frozen Autumn, un nome di spicco nel panorama dark mondiale, partito molti anni fa dall’Italia per veicolare un introspettivo messaggio di velata promessa verso un inedito futuro, del quale sembriamo in grado di cogliere solo qualche flebile aspetto.
Diego e Froxeanne dimostrano per l’ennesima volta che la darkwave non è solo un genere musicale ma è un vero e proprio stile di vita, una propensione, la percezione di esclusive sensazioni in grado di assimilare le nozioni dell’esistenza con diverse modalità, una chiave di lettura unica e utile a perlustrare territori e concetti che difficilmente capita di affrontare in altre situazioni.
21/05/2023