Laurent Garnier non incideva un intero nuovo album a nome proprio da otto anni e, pur concedendosi a collaborazioni (va recuperata almeno quella con i Liminanas!) e diffondendo di tanto in tanto qualche singolo, in questo periodo ha messo da parte un bel po’ di musica. Poi l’emergenza sanitaria ha costretto tutti dentro casa, e per lui non dev’esser stato facile traslarsi da decine di serate programmate già sold-out ai dj set realizzati in giardino per i vicini di casa, tutti bloccati nel perimetro domestico. Ma la pandemia ha significato anche tanto tempo a disposizione per riflettere, comporre, incidere, ritagliare. Insomma, Garnier si è ritrovato con in tasca tanto di quel materiale come mai prima d’ora, e un bel po’ lo ha impacchettato nell’enciclopedico “33 Tours et puis s’en vont”: 17 tracce (eviterei la cd redux version con una selezione di sole dieci canzoni) per complessive due ore e quaranta di musica pensata a uso e consumo del dancefloor.
Un progetto liberatorio, in grado di funzionare sia nelle piste più affollate sia per un ascolto privato in cuffia, mentre si fa running oppure ci si rilassa dopo una frenetica giornata. Garnier, pioniere del french touch, si conferma così non soltanto deejay di fama internazionale e producer illuminato, ma dimostra di essere ancora un compositore stupefacente e modernissimo, uno dei pochi della sua generazione a mantenersi determinante nell’elaborazione di un suono che non sia stucchevolmente nostalgico ma capace di innestarsi in maniera naturale nella contemporaneità. “33 Tours et puis s’en vont” vuole esser un omaggio verso gli stili che il suo autore ha incrociato nel corso della propria leggendaria carriera, e le prime tracce in scaletta sanciscono subito la celebrazione di quella techno music che nessuno come Garnier ha saputo rendere in maniera tanto melodica: un trademark divenuto con gli anni riconoscibilissimo, che lo ha reso un monumento della musica elettronica contemporanea, con tanto di Legion d’Honneur appuntata sul petto.
Un trionfo techno-house, dicevamo, ma dentro “33 Tours” non tarda certo a emergere l’attitudine onnivora di Garnier, che si estrinseca attraverso l'urgenza di inserire generi “altri”. L'hip-hop entra a sirene spiegate (e non è tanto per dire) nello svolgimento di “In Your Phase”, con il flow energico del rapper francese 22Carbone a conferire un taglio urban. Poco più avanti la voce dello scomparso Alan Vega dei Suicide diviene protagonista in “Saturn Drive Triplex”, brano che si spinge verso territori rock-wave, con tanto di scrosci di chitarre. Riferimenti al kraut sono ovunque, nelle tante costruzioni basate sulla ripetizione, e in chiusura arrivano anche un paio di rilassanti momenti deep.
Garnier ha annunciato che a partire dal 2025 diraderà la propria attività live, centellinando i seguitissimi dj-set, evitando i weekend consumati fra Ibiza, Berlino e Miami, ma quello che ci lascia con “33 Tours”, fra i suoi migliori lavori di sempre, è lungi dal rappresentare un testamento artistico, anzi, è percepibile come lo slancio verso il nuovo capitolo di una traiettoria pluridecennale, ben illustrataci nel consigliatissimo documentario “Off The Record”.
18/07/2023