Jarmusch e Logan sono ormai esperti nel creare il loro post-rock con droni distorti e feedback che creano scenari perfetti come colonna sonora e lo dimostrano con “Berlin ‘87”, il centro ideale dell'album, praticamente un brano dei Godspeed You! Black Emperor sintetizzato in quattro minuti, nonché la traccia decisamente più evocativa e potente dell'album. Non mancano sonorità vicine al kraut, come in “Garden Of Glass Flowers” con Ribot alla chitarra, brano che sarebbe stato benissimo in “Neu 75” o anche in uno qualsiasi dei dischi dei Popol Vuh.
Ma “Silver Haze” è caratterizzato anche da una notevole varietà di stili che sembra anche dare poca compattezza al disco. Questa diversità, rispetto al registro dominante, si riscontra soprattutto nel canto di Charlotte Gainsbourg di “John Ashbery Takes A Walk” e nel folk-country iperscarnificato di “Queen Elizabeth”. “Il deserto rosso” - che cita uno dei tanti capolavori di Michelangelo Antonioni - è il momento più classicamente psichedelico, quasi gilmouriano nello stile chitarristico (ancora una volta Marc Ribot).
Se tutto l’album ha un tono perennemente tragico, prossimo all’apocalisse, questa si materializza esplicitamente nello spoken word di “The End Of The World”, con la voce cavernosa di Jarmush a profetizzare inevitabili futuri più o meno prossimi.
Infine, la title track: sei minuti di sonorità tipiche del progetto SQÜRL, che chiudono come si era iniziato con "Berlin '87", tra post-rock ed elettronica ambient su un sottofondo di distorsioni.
(17/05/2023)