Alison Moyet

Key

2024 (Cooking Vynil)
synth-pop

Presto o tardi arriva per chiunque il momento di guardarsi allo specchio e tirare le somme, vale per i comuni mortali quanto per le star di fama internazionale. Alison Geneviève Moyet non si sottrae alla regola e per celebrare i quaranta anni esatti di attività solista ha scelto di pubblicare un nuovo album, "Key", attraverso il quale ripropone sedici delle sue canzoni più o meno note oltre a due interessanti inediti, "Such Small Ale" e "The Impervious Me".
La cantante di Billericay, classe '61, non ha mai avuto un'esistenza facile, a causa dei ripetuti screzi con le case discografiche e i lunghi periodi di depressione legati anche alla corporatura oversize. Oggi ha finalmente raggiunto serenità, indipendenza artistica e l'agognato peso forma, così ha deciso di scommettere da capo sul proprio songbook riscrivendone le pagine clou in una "chiave", come suggerisce appunto il titolo, completamente differente, grazie all'aiuto del produttore e arrangiatore Sean McGhee, assieme al quale "Key" è stato interamente pensato e registrato a Londra tra Canonical e Tyleyard Studios. Non si tratta di una banale operazione commerciale tipo best of, l'idea alla base è piuttosto quella di ricreare ex novo vecchi pezzi senza stravolgerne il senso, semplicemente attualizzandone il mood e le sonorità.

In poche parole, i synth scintillanti e gommosi in salsa eighties lasciano spazio a un'elettronica moderna che accarezza con intelligenza i generi senza cedere alla nostalgia. Molti dei brani selezionati sono abbastanza celebri, altri sono deep cuts che "non erano mai stati pienamente realizzati o la cui rilevanza è stata alterata dal tempo", come ha spiegato la stessa Moyet poco prima della scorsa estate in sede di presentazione del progetto, per il quale ha curato personalmente anche l'artwork di copertina. È presente almeno una traccia di ciascuno dei nove dischi incisi in precedenza, rimangono esclusi solo l'ultimo "Other" del 2017 e, per ragioni concettuali, la raccolta di cover "Voice" del 2004.

L'apertura con "Where Hides Sleep" è deliziosa: è stata ripescata un po' a sorpresa dal fortunato Lp di debutto "Alf", che giusto di questi tempi nel 1984 furoreggiava in vetta alle classifiche inglesi spalancando le porte di un successo mainstream che in pochi avrebbero pronosticato il giorno in cui la cantante preferì interrompere la scoppiettante partnership negli Yazoo con Vince Clarke. E invece ben presto riuscì a zittire gli scettici infilando, anche da solista, diversi exploit in Top 20, d'altronde con quella voce è impossibile passare inosservati, e malgrado non abbia poi goduto della risonanza globale di Duffy o di Adele, per citare un paio tra le artiste britanniche odierne che più le somigliano per via della fisicità e del poderoso timbro black, Alison Moyet non ha mai temuto confronti, così già a inizio anni Novanta aveva smesso i panni di icona del post-punk e della new wave per reinventarsi gradatamente cantastorie multifacce, un po' alla Beth Gibbons, un po' alla Joni Mitchell, un po' alla Roisin Murphy.
Il mix stilistico che ne scaturisce è allettante e variegato, anche perché ugola e temperamento sono rimasti, quelli sì, di taglia Xl e le performance altrettanto calde e appassionate. La già citata "Where Hides Sleep" a detta dell'autrice si ispira a una canzone proprio degli Yazoo, "Winter Kills" (si trova sul loro album del 1982 "Upstairs At Eric's", ndr), ma "rispetto alla versione originale, in cui era rimasta un po' offuscata dallo stridore della produzione, adesso centra la narrazione e invita a una maggiore intimità, molto più adatta alle ore inquiete del silenzio".

Sembra beneficiare del ritocchino anti-rughe anche la hit "Is This Love?", che era stata scritta nel 1987 assieme a Jean Guiot (pseudonimo dietro al quale si è celato per un breve periodo Dave Stewart degli Eurythmics): gli strumenti ora si alleggeriscono per calcare sulle emozioni e attirare l'attenzione dell'ascoltatore sul testo, purtroppo lo stesso giochino non riesce nei deludenti remake degli altri due classici "All Cried Out" (poco snella e un po' forzata) e "Love Resurrection", il cui battito dance trabocca fuori dagli argini ed è un peccato, visto che all'epoca della loro uscita, invece, forti dell'imprinting plastico targato Jolley-Swain, avevano rappresentato un perfetto trampolino di lancio.
Meno male che sono gli unici due piccoli nei in scaletta, visto che il resto si divide senza intoppi tra intriganti ambientazioni trip-hop (in "All Signs Of Life" è evidente lo zampino del guru Guy Sigsworth) e richiami alle care tastiere vintage, che si insinuano nelle trame senza mai sovrastare le parti cantate, come nel caso di "You Don't Have To Go" (macchiettata dall'e-bow) , di "My Right A.R.M." e dell'ottima "Tongue Tied" (semisconosciuta B-side di "Hometime" del 2002).

In linea di massima, non c'è un motivo preciso, e probabilmente nemmeno sbucherà fuori, per il quale preferire queste alle edizioni originali, di certo però aiutano le interpretazioni vigorose, che risultano ovunque sicure e di grande sensibilità. Su tutte spiccano la melodrammatica "This House" e i gioiellini da camera "World Without End" e "Filigree", quest'ultima aggraziata ulteriormente da delicati intrecci di piano e contrabbasso firmati rispettivamente da John Garden e Ben Nicholls.
Si fanno apprezzare anche i due inediti dalle strutture melodiche blues "Impervious Me" e "Such Small Ale" (alla chitarra c'è Richard Oakes dei Suede), le ballate soul dai toni androgini "Fire" e "Can't Say Like I Mean It" (entrambe da "The Turn" del 2007) e un paio di pezzi dai ritmi più spensierati ("So Am I" e "My Best Day", entrambe risalenti al 1994 e composte insieme a Ian Broudie, che volle inserire la seconda sull'album "Jollification" dei suoi Lightning Seeds).
Non le procurerà nuove generazioni di fan, "Key", e forse è un pizzico troppo lungo per non rischiare di annoiare l'orecchio poco paziente dei neofiti, ma nel complesso resta piacevolmente scorrevole, intimo e familiare: bel modo per Alison Moyet di riprendere in mano la propria musica e per chi ancora non la conoscesse comunque la scusa buona per iniziare.

27/11/2024

Tracklist

  1. Where Hides Sleep
  2. All Cried Out
  3. Such Small Ale
  4. All Signs Of Life
  5. Can't Say Like I Mean It
  6. Fire
  7. Filigree
  8. The Impervious Me
  9. More
  10. Is This Love
  11. Tongue Tied
  12. My Right A.R.M.
  13. So Am I
  14. My Best Day
  15. World Without End
  16. This House
  17. Love Resurrection
  18. You Don't Have To Go

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