È l’anno 2082 e il ventiseienne Julian Tomei-Lee vive lontano da sua madre e divide la casa solo con suo padre, grande imprenditore italoamericano, con una Cina sempre più paese leader indiscusso del pianeta. Julian è una personalità esuberante ma turbata, decisamente restia a seguire le orme da self-made man del padre; ama poi tanto viaggiare e fugge spesso via, il più lontano possibile, a bordo di una una riedizione futuristica della mitica Lancia Delta integrale e attratto in particolare dall’Italia, che nel frattempo si è ridotta a mero deserto, devastata dai cambiamenti climatici e costellata da tensioni sociali, perlopiù di matrice interrazziale.
Comincia così la storia alla base del concept omonimo di “Caligvla 2082”, ideato e composto da Giacomo Rivoira, raffinato musicista di Saluzzo, in provincia di Cuneo, e nel tempo libero anche preziosa firma di questo sito. Un disco che è un cortometraggio immaginario incentrato sulle vicende future di un ragazzo alla costante ricerca di una propria identità in un mondo ormai irriconoscibile, a cominciare da un’Italia tutt’altro che Belpaese di un tempo, preda, come in passato, di nuove conquiste barbare, in uno scenario che a tratti evoca quello adottato da Yoshiyuki Okamura per il celebre Ken.
Un mondo distopico, certo. E ovviamente cyberpunk. Ma anche denso di aree metropolitane sovraffollate, dove prendono piede inedite forme di sballo come il neuroxigene, un derivato di un farmaco digitale utilizzato in campo medico per curare tumori al cervello o malattie mentali, che opera tramite algoritmi modificando la composizione chimica di neuroni e sinapsi.
In questo scenario sci-fi caotico e umanamente post-apocalittico, emergono la storia di Julian e soprattutto i tredici brani di un album in cui partiture alla Kavinski, per intenderci presto, infrangono sulla costa tra una bordata al synth e uno straordinario assolo di chitarra.
“Driving”, de facto l’opening track del disco, dopo l’intro esplicativa del concept narrativo, mette le cose in chiaro all’istante, con una sezione ritmica che ricorda un po’ i Motor (duo composto da Bryan Black e Olly Grasset) più ispirati, prima che una chitarra suprema e lacrimante entri in scena, mentre una vocina daftpunkeggiante, unita a una tastiera luminosissima, fanno il resto. Non è un caso, d’altronde, che la figura di Caligvla, nome d’arte dell’incarnazione musicale di Julian, nasca proprio in un negozio di musica, quasi a strizzare inconsciamente l'occhio agli inizi dei due francesini tra gli scaffalli della Fnac di Parigi, nelle cui stanze si staglia divina la presenza di una chitarra elettrica, strumento considerato "sepolto" in un’epoca segnata in tutto dagli algoritmi predisposti.
Le note di “Driving” inaugurano il lungo trip di Julian. Un’odissea immersa in un avvenire surreale, nel quale la synthwave è vettore centrale, tra sintetizzatori vaporosi, neon che tingono la notte di mille colori fluo, e quella sensazione perenne di velocità che allunga gli angoli e smussa le forme della strada. Insomma, tutto l’immaginario di uno dei generi cardine del nuovo millennio è sicuramente alle fondamenta del mondo costruito da Caligvla 2082. Ma questo nuovo mondo analogico si dipana appunto in un'Italia retro-futurista che tra geografia ridefinita, nuovi despoti, ignoranza dilagante e la maestosità dell'epoca classica ormai nell'oblio, è così ricco di dettagli impensabili da farne a tutti gli effetti un luogo musicale sorprendente.
È solo un caso che due architetture ambiziose e torreggianti, entrambe sospese tra antichità e futuro, come “Caligvla 2082” e “Megalopolis” di Francis Ford Coppola abbiano visto la luce negli stessi mesi. Ma è un parallelo affascinante e pertanto lo accenniamo. Del resto, le note di “Automatic Music” non ci starebbero male dietro al nasone di Adam Driver che scruta dall’alto una New Rome immersa in una mare di luce gialla.
In un primo disco, approcciato tanto da polistrumentista quanto da architetto, Rivoira incastona nel mondo synthwave andamenti moroderiani, minacciose stratificazioni di tastiere à-la Carpenter, fughe degne di "Discovery" (alzi la mano chi non ci ha pensato anche già solo vedendo la copertina porporata con l’eroe chitarrista venuto da una dimensione lontana) e, udite udite, scorribande chitarristiche degne dei migliori inni Aor.
“Iron In My Veins” fa immergere l’ascoltatore in questa sorta di peplum synthwave, con i suoi synth ringhianti e i battiti in grande spolvero, a cesellare dettagli cibernetici. È però “The Most Useless Lives” a sparigliare le carte in tavola, immergendo in questo ribollente scenario computerizzato una vera e propria canzone da Fm anni 80. Rivoira alterna il tono robotizzato del vocoder, il canto e il falsetto, ci mette pure qualche striatura di Stratocaster, ma soprattutto un ritornello da mandare a memoria. La chitarra ruba la scena anche sul finale Aor di “Love At First Fight”, nell’altra canzone “Beyond The Gravity”, nonché nella conclusiva “Caligvla”, dove un riff heavy metal movimenta il racconto delle geste della rockstar anti-establishment protagonista della trama cyberpunk del disco.
Ambizione e visione, sono le due cose che insieme alla giusta dose di sfrontatezza hanno permesso a Caligvla 2082 di realizzare il cosiddetto esordio col botto, un lavoro che se godesse della giusta spinta, potrebbe affiancare i classici del genere.
01/11/2024