Siento aquí tu presencia
La noche de anoche
Y nos ponemos a llorar
Kendrick Lamar sceglie questi versi, intonati dalla cantante messicana Deyra Barrera, per aprire il suo sesto album, "GNX". Un disco pubblicato a sorpresa come un fulmine a ciel tutt'altro che sereno, viste le tiritere a profusione con
Drake degli ultimi tempi.
Dissing in tre recenti "singoli", "Not Like Us", "Euphoria" e "meet the grahams", nel solco della tradizione
hip-hop, ma che lasciano un po' il tempo che trovano, quantomeno in chi ricorda quelli ben più devastanti e concisi - quanto basta per polverizzare ogni cosa ed entrare nella storia della musica tutta tipo in "No Vaseline" di sua maestà
Ice Cube, giusto per intendersi. Ma questa è un'altra storia.
Al netto, dunque, delle scaramucce propinate, magari anche per tornare altissimo in classifica, e del pensiero personale degli over 40 in merito al sangue amaro con Drake, il rapper di Compton torna con un'opera appunto sanguigna e calda, maledettamente diversa dal diario di bordo famigliare sciorinato qui e là in "
Mr. Morale & The Big Steppers". A cominciare dallo scatto in copertina omaggiante la mitica Bruick GNX nera, auto simbolo degli
anni 80 che "incarna" anche la dimensione figurata entro cui si cala Lamar nelle dodici tracce di "GNX". E dal
sound più crepuscolare e asciutto che il musicista californiano adotta per animare le sue invettive, lanciate a mo' di sassaiola contro tutto e tutti.
Già, perché a questo giro non ce n'è proprio per nessuno, come racconta un verso dell'introduttiva "wacced out murals": "Una volta era 'fanculo quel negro', ma ora è al plurale: 'fanculo a tutti', è sul mio corpo". Lamar mette così subito le cose in chiaro; si dice strafottente mentre è bordo della sua GNX e ascolta
Anita Baker; conta anche gli amici persi per strada, sedici per l'esattezza, prima di ricordare che sarà lui la star del prossimo Superbowl. Insomma, un inizio a testa altissima, seguito da "squabble up", momento in scia
Missy Elliott (!) dei tempi migliori, con tanto di
beat sci-fi e
refrain da stadio.
A dar poi man forte a Lamar, sono sia gli ospiti, tra cui spicca
SZA presente all'appello per ben due volte, sia i produttori che lo affiancano, ovvero
Jack Antonoff, Best Kept Secret, Dahi, Mustard e Sounwave.
Ciò che colpisce a più riprese è la varietà con cui stavolta Lamar assesta le sue bordate, in un album che alterna cazzotti e carezze. Ne è prova "luther", con SZA e un
sample inserito chirurgicamente di "If This World Were Mine" di Cheryl Lynn e Luther Vandross, datato 1982, dunque in piena sintonia con la voglia matta di affacciarsi in quegli anni, non solo sul versante automobilistico. È una ballata riuscitissima, tra le migliori scritte dal rapper. Una chicca
soulful con gli archi campionati puntati in alto sul finale.
"GNX" espone quindi il lato più "solipsistico" del rapper losangelino da 17 Grammy e oltre 100 milioni di dischi, tra singoli e album. Ne è prova anche la successiva "man at the garde", altra meraviglia dal
mood più notturno e con la quale Lamar si autoassolve e chiede perdono per chi si è scagliato contro di lui. La forza di "GNX" sta appunto nel suo essere opera in apparenza "semplice". Un disco senza fronzoli su tutta la linea. Senza artifici e diavolerie. E se "hey now" riprende l'atmosfera propinata nei primi minuti dell'opera, "reincarnated" ci regala nuovamente la voce di Deyra Barrera, ospite a dir poco inattesa, stando alle sue stesse parole rilasciate in una recente intervista per Rolling Stone: "Mi hanno detto che volevano il mio stile, la mia voce. Non avevo idea di come sarebbe finita nel disco. Kendrick mi ha accolta in studio ed è stato così gentile. Ha detto che ho una voce potente e mi ha ringraziata. Non avevo idea di cosa dire. Per me lui è un genio, un maestro. Tutto ciò che fa è magia".
Nella più spiritata "tv off", spuntano poi a ruota
sample di "MacArthur Park" di Monk Higgins, "The Black Hole - Overture" di John Barry e "I'm Good" di YG. Tre estratti pescati da epoche diverse per un duetto, ancora una volta riuscito, con Lefty Gunplay che si inserisce nel cambio di passo trionfale piazzato a mezza via. Gli anni 80 tornano quindi prepotenti nel battito di "dodger blue", il momento peraltro anche più
Frank Ocean del lotto. C'è invece la melodia, quasi irriconoscibile, di "Give A Helping Hand", canzone composta da Little Beaver nel 1972, in "peekaboo", stavolta in compagnia di AzcChike, per una nuova menata (riuscita) contro il mondo che circonda l'uomo Lamar, ad anticipare il clima r'n'b di "heart pt 6" e la chiosa mariachi di "gloria", altra fascinazione messicana al centro di un disco tanto delicato quanto arguto. Perché, in definitiva, "GNX" ci consegna un Lamar in parte diverso, a tratti stagionato al meglio; di certo un rapper rapito come non mai anche da un folclorismo inedito. E non solo. Il che è sempre e comunque un gran bene.
25/11/2024