È proprio vero che le migliori reazioni arrivano quando si è toccato il fondo.
Questo è quanto è accaduto ai Subsonica all'alba dei trent'anni di carriera e dopo nove dischi in studio, l'ultimo dei quali, "8" ("Mentale Strumentale" è stato, sì, pubblicato dopo, ma era costituito da registrazioni risalenti al 2004), aveva provocato un dissesto interno senza precedenti, un lavoro piuttosto slegato, forgiato sulle singole individualità che stavano trascinando la band torinese ai limiti dello scioglimento.
Bisogna riconoscere che i Subsonica, presi uno per uno e vagliando le numerose e variegate esperienze da solisti e collaborazioni esterne alla band principale, sono degli autorevoli assi del settore. Ma questo sembrava non essere sufficiente a tenere in carreggiata quella macchina che aveva macinato chilometri su chilometri per decenni, con quella forte impronta sabauda che con rigore aveva portato alla ribalta un genere musicale non propriamente usuale nei patrii confini.
E da dove si può provare a ripartire dopo una crisi, se non dalle origini?
"Realtà aumentata" è il titolo del loro nuovo album, un progetto che è ripartito da ciò che aveva contraddistinto il loro esordio, quando il contributo di ciascun componente era messo al totale cospetto del bene della squadra. Un Lp nato nel corso del 2023, quando per loro caparbietà Samuel, Boosta, Max Casacci, Ninja e Vicio hanno deciso di trascorrere insieme una settimana al mese, a partire da gennaio, in quel di Piozzo, una minuscola località situata nelle sempre straordinarie colline del cuneese.
La condivisione totale, non solo artistica, ha permesso agli undici brani inseriti in scaletta di tornare a far finalmente respirare l'aria tipica dei Subsonica, salpando proprio dalle loro sonorità primordiali, persino antecedenti a quelle del pluridecorato "Microchip emozionale".
Dal punto di vista dei contenuti, "Realtà aumentata" traccia un quadro piuttosto critico della situazione odierna, contraddistinta da paradossi continui, che vanno dall'isolamento forzato alle volontà di apparire in ogni modo e con ogni mezzo alla massa, dal desiderio di ritrovare le emozioni e le passioni più gioiose alla smania di raggiungere la meta appiccando guerre e lotte senza precedenti. Questo è lo scenario sul quale si muove il quintetto piemontese, dove la mente di un drappello di cinquantenni pare ormai focalizzata a riflettere più sul mondo a loro circostante (sarà l'età e l'esperienza arricchita), che a tentare di codificare in musica e testi le personali suggestioni, come, invece, capitava loro in età più giovane.
Come accennato in precedenza, il profilo musicale parte dalle classiche contaminazioni Subsonica, dove il pop-rock di stampo elettronico va a sfociare verso i lidi più disparati, come funky, reggae, dance, dub, hip-hop e trip-hop.
Ecco quindi che in brani quali "Mattino di luce" e "Pugno di sabbia" sembra davvero di ritornare, nel migliore dei modi, alle prorompenti cavalcate dei tempi d'oro, grazie a strutture armoniche complesse, incisive e coinvolgenti, dotate di quel ritornello che ti si stampa in testa senza scampo; due episodi che troveranno certamente spazio nell'imminente tour che partirà in primavera, una dimensione, quella live, che è sempre stata il pezzo forte del loro catalogo.
Nulla di nuovo, si potrebbe dire a questo punto, ma fidatevi, sono già degli ottimi presupposti e, soprattutto, il tavolo ha pronte altre invitanti portate da offrire ai commensali. In "Cani umani", l'atteggiamento spigoloso d'ingresso, viene spezzato qua e là da onnipresenti elettroniche e da note d'acustica decisamente gustose. Un discorso pressoché analogo a quanto accade in "Missili e droni", dove le trame rarefatte create da chitarra acustica e pianoforte si insinuano tra elettroniche che sembrano posizionate su una rampa di lancio, pronte a decollare, ma che sapientemente restano ancorate al proprio posto, rispettose del fronte a loro prospicente. Nelle coinvolgenti misture di "Universo", le celebri sonorità Subsonica vanno a cercare ristoro tra gli archi e le orchestrazioni dell'immenso Davide Rossi: un connubio di grande effetto e risultato.
Le profonde radici del gruppo sono certificate dai numerosi featuring proposti in "Scoppia la bolla", dove i rapper Willie Peyote ed Ensi, insieme ai fiati comandati dai Bluebeaters Paolo Parpaglione ed Enrico Allavena, tutti nati o comunque cresciuti a Torino, si fondono in uno dei tanti crossover presenti nell'album.
Anche in "Africa su Marte", che va a riprendere tematiche storiche legate all'antico e articolato programma spaziale dell'afronauta zambiano (così si autodefiniva) Edward Makuka Nkoloso, è la miscela di idee e immagini a far da padrone.
La quota ballad è occupata dalla folkeggiante "Vitiligine", e se su "Grandine" si gode dell'ultima vertigine sintetica, in "Adagio" si scrive una pagina inedita, forse la più inaspettata tra quelle che i Subsonica hanno scelto per l'occasione. Il brano fa parte della colonna sonora originale - scritta e composta dalla band - dell'omonimo film di Stefano Sollima, uscito nelle sale il 14 dicembre scorso e presentato all'80esima Mostra del Cinema di Venezia, dove il gruppo è stato insignito del premio speciale Soundtrack Stars Awards. L'atmosfera oscura che penetra dalle fessure è intrigante, insolita per i loro schemi, molto cinematografica e sicuramente da sondare anche in occasioni future.
"Realtà aumentata" è un disco finalmente convincente, dopo alcuni passi falsi del passato che si stavano presentando pericolosamente troppo spesso. Al suo interno non troverete alcun cosiddetto pezzone, del tipo "Liberi tutti", "Tutti i miei sbagli" o "Colpo di pistola", per citarne alcuni, ma la media qualitativa delle canzoni che incontrerete lungo il percorso risulterà, anche un po' a sorpresa, ampiamente sopra la sufficienza media. L'intervento di Marta Salogni al missaggio, con Casacci e il resto della band alla produzione del disco, è un'altra freccia estratta dalla faretra, lei che della decostruzione e rimodellamento dei suoni è una capostipite a livello mondiale, con un palmarès che conta più di ogni altra parola.
"I Subsonica servono" è una frase che Boosta ha lanciato in occasione di una recente intervista di presentazione del nuovo album. La sintetica affermazione può ritenersi certamente valida, a patto che il risultato artistico sia analogo a quanto accaduto in questo frangente. I Subsonica servono, a loro stessi innanzitutto, perché solo con l'unione d'intenti e l'aperta collaborazione il loro progetto, a oggi, può ancora avere un senso di esistere dopo i lussuosi fasti del passato. Bentornati.
13/01/2024