Mina

Ti amo come un pazzo

2023 (PDU)
pop, songwriter

Aspettare quattro anni per un nuovo disco in studio di Mina è cosa del tutto inedita nella lunga carriera della cantante, ma del resto in questo piccolo lasso temporale è accaduto di tutto. Il mondo è cambiato e ci si è ritrovati tutti già vecchi in un lampo.
Devono spegnersi 83 candeline, per celebrare 65 anni tondi carriera con un nuovo album in studio che arriva con una notizia tale da far dormire sonni poco tranquilli a molti suoi fan: Mina duetterà in un brano con Blanco, che pochi mesi prima sul palco dell'Ariston di Sanremo ha distrutto la scenografia di fiori a lui dedicata e interrotto l'esecuzione di un suo brano per lanciare il video "L'Isola delle Rose" (o almeno questa è una delle tante narrazioni associate all'evento, assai contestato).
Mina e Massimiliano Pani dal canto loro, come avevano fatto con Achille Lauro, diranno del giovane cantautore che "è molto sensibile", ma di fatto il pezzo arriva presso gli studi di Lugano a un passo dalla pubblicazione dell'album che viene bloccata per inserire il singolo già arrangiato e di ottime potenzialità radiofoniche, a cui la cantante dona la sua voce inconfondibile e una coda non prevista, incantevole. All'uscita del brano poi, di fatto nessuno ha alcunché da dire e il successo è grande, o meglio, il più grande dal 1973, cinquant'anni dopo l'ultimo singolo al primo posto in classifica ("E poi…/Non tornare più")! Non sarà così invece per l'album, che in classifica non andrà oltre la quarta posizione, che Blanco supererà cavalcando la vetta per qualche tempo col suo "Innamorato".
La promozione viene tutta incentrata attorno alle dinamiche di registrazione, composizione, arrangiamento e scelta del singolo (Blanco e Mina non si sono di fatto mai incontrati). Michelangelo, produttore di Blanco, appare costantemente al fianco di Massimiliano Pani. Tutte le webzine (o quasi) riportano il comunicato stampa che di suo sentenzia "il nuovo capolavoro di Mina", senza aggiungere alcun commento e avviando un nuovo trend, quello dei comunicati stampa spacciati per recensioni, a proclamare la piena celebrazione dell'epoca estranea al giudizio critico, e questo fa male, molto.

Si inventa la storia del concept album ispirato ai feuilleton, ovvero ai fotoromanzi, se non fosse che il disco contiene un brano che con le canzoni d'amore nulla ha a che spartire ("Don Salvato'"di Enzo Avitabile) e che quasi tutti i dischi di Mina non parlano d'altro che d'amore.
Il brano introduttivo fa da apripista al mood complessivo. È notoriamente un nuovo capitolo dedicato a Özpetek, si chiama "Buttare l'amore", è arrangiato in modo superbo con un Luca Meneghello alla chitarra acustica davvero sensazionale. I cori, invece, sono tremendi, ma così poco presenti da rappresentare un peccato veniale. La linea melodica non è affatto male, ma l'interprete si canta pesantemente addosso e l'esito è persino farsesco, sembra un'imitazione di Loretta Goggi. Le parole appaiono masticate, pronunciate con dentro tanto fiato, curate in un dettaglio teatrale che del teatro coglie solo la forma, non la sostanza. La quantità di birignao presenti è non elencabile. Spiace, ma nella mia opinione qui non si riesce purtroppo a far centro.
I suoni profondamente Novanta di "Come la Luna" lasciano dubitare l'autore sia Zucchero Fornaciari, piuttosto che uno di quelli accreditati. Mina, dal canto suo, fa proprio il verso al cantautore emiliano anche in una certa gutturalità del canto che trasforma le "e" in qualcosa che somiglia a una "u".  La chiarezza degli attacchi del canto nell'inciso invece è magnifica, quasi adolescenziale nel suono. Il brano termina con un accenno di solo di chitarra che si stempera in una brevissima coda.

Si è fatto un gran parlare dell'interpretazione di "Don Salvato'" dalla penna di Enzo Avitabile. Funzionano tanto l'arrangiamento fusion (splendido l'ostinato di basso campionato a cura di Massimiliano Pani) che l'interpretazione, anche se la pronuncia della cantante di napoletano qui non ha proprio nulla. Davvero brutto, invece, l'"Ave Verum" che chiude il pezzo. Una scelta non felice, quella di inserirlo in un disco di canzoni d'amore con le quali non ha veramente nulla a che spartire e che probabilmente avrebbe richiesto molto più spazio alla sezione strumentale che non alla biascicata declamazione vocale.
Fortunatamente, almeno per un discorso di affinità e di contestualizzazione, con "Fino a domani" si cambia completamente registro. La bellissima e ariosa melodia di Federico Spagnoli mette assieme Claudio Baglioni e Renato Zero. Quando il pezzo decolla, Mina fa il miracolo e trasforma tutto in un gioiello di interpretazione drammaturgica. Per carità, nulla di nuovo (se il brano fosse uscito nel 1985 o nel 1992, nessuno si sarebbe accorto della differenza di ere geologiche trascorse in musica nel mentre) ma un momento piacevole da ascoltare.

Qualcosa invece cambia davvero con "Zum pa pa", brano che si attesta tra i migliori dell'intera discografia della cantante e come il vertice assoluto dell'album in questione. L'interpretazione sulle strofe è assai marcata nel suo essere "recitata", più che cantata. Ricorda un po' il sussurrato bofonchiato di Nina Simone in "And Piano!" e non a caso il pezzo ha proprio bisogno di pochissimo per assumere senso tra le continue trascolorazioni armoniche. Bello anche il testo, che interroga uno spettatore al circo sul fatto che possa essere lui "equilibrista o bianco coniglio".
"Tutto quello che un uomo" è la cover di un brano di Sergio Cammariere e più che brano jazz sembra una farsa brechtiana dello stesso. Mina in punta di piedi e con i suoi vibrati si insinua tra le note a far del suo canto strumento a fiato appresso al pianoforte di Ugo Bongianni e ai cori quasi da cartoon di Pani. Una sorta di "gioco", non proprio memorabile ma indubbiamente ben fatto, elegante siparietto da piano bar d'alta classe.

"L'orto" riprende il gioco che era stato in passato nelle "'A Minestrina" (da "Maeba", 2018), "Bell'animalone" (da "Bula Bula", 2005), "Ma che bontà" (da "Mina con bignè", 1977) o gli episodi battistiani più scherzosi ("Luci-ah"). Diverte ed è fatto assai bene. Grande Mina nella sua interpretazione ma Pani ai cori è davvero superbo. Bello l'arrangiamento che mette in mostra particolarmente Luca Meneghello alle chitarre. Irresistibile il finale.
"Lascia" è invece il brano che sa davvero di vecchio. È una ballata adult pop di vecchio stampo che nelle armonizzazioni del ritornello ricorda un po' "Uomini soli" dei Pooh. Nulla di che, anche se l'interpretazione è notevole e non "lascia" spazio ad alcun dubbio. Per chi non è avvezzo al pop, il brano può risultare veramente asfittico.
Segue "Non ho più bisogno di te" col suo bolero che nella prime due battute della strofa (non vogliatemene, ma a Lugano che ci crediate o no si ascolta proprio di tutto) si ricollega alle distese desertiche evocate da Nick Cave nella sua "Loverman", risultando però pacchiana, melensa e senza averne vagamente né stimmate né singulti schizoidi. Mi chiedo sinceramente da dove sia nata un'idea così malsana a chi ha selezionato il brano e l'ha arrangiato.

A questo punto del disco si avverte il bisogno di un po' di sprint, quello che fin qui non è emerso in mezzo brano del disco, e arriva il famigerato singolo di Blanco, "Un briciolo di allegria", per otto settimane consecutive al primo posto della classifica Fimi dei brani più venduti e tormentone per eccellenza della primavera 2023.
La produzione di Michelangelo mette tutto in ordine e regala un brano non proprio indimenticabile ma fresco, ben fatto, tamarro al punto giusto, che lascia spazio a tutte le nuance della voce di Mina, relegando il giovane trapper a una sorta di gatto spelacchiato dai falsetti sfiatati, senza armonici, calanti e dalla pronuncia costruita fino all'inverosimile ("come foto Polaroid" è davvero imbarazzante). Invece la conclusione a cappella del pezzo da parte della "Tigre" è davvero da brivido quanto la ripresa del canto a 1.34. I timbri assieme reggono, ma tra le due voci c'è un abisso, incolmabile.

"La gabbia" di Maurizio Morante è lasciata solo su cd o sulla versione in digitale (!) ma regala l'altro capolavoro della release, nonché l'interpretazione più densa, tale da condurre veramente alle lacrime. Una funerea romanza, magari sgranata a tratti nel canto, ma Dio mio che voce e che anima pulsante appresso a quella! Mina è talmente intensa da risultare repulsiva qui. Genera una commozione prossima all'imbarazzo e in questo, unico brano del disco, vien voglia di dire "no, come lei non ce ne sono e non ce ne sono state così". Le uniche cose sgradevoli del pezzo sono gli inutili cori e dei piatti orchestrali per giunta campionati… Mah.
Non finisce qui! L'altro pezzo escluso dal vinile è "Povero amore" (anche questo destinato a Özpetek, ma in questo caso per il film "Nuovo Olimpo" e non per la serie televisiva "Le fate ignoranti" a far da eco al famoso film del regista) che sciorina il migliore arrangiamento, quasi e piacevolmente techno-pop, a rievocare i migliori Matia Bazar di fine 80's. Bella la melodia, meglio nelle strofe che nell'inciso, dove invece il canto trova nelle aperture una crepuscolare malinconia che aleggia per l'intero disco. Nell'arrangiamento spiccano in modo positivo anche il basso elettrico di Lorenzo Poli e soprattutto il sax tenore di Gabriele Comeglio.

È un album, questo, caratterizzato in larga misura da buoni temi, arrangiamenti quasi perfetti e un canto quasi sempre letteralmente divino, ma è anche un lavoro che risulta malinconico all'infinito, come a contemplare una vita intera che se ne va. È innegabile che un disco così alle orecchie di un giovane possa risultare come un ritratto di Dorian Gray conservato male. Un album anche "rassegnato", che ferisce solo in un paio di episodi ma che nel complesso appare come l'unico disco di inediti di Mina da molto tempo in qua che si lascia ascoltare dall'inizio alla fine senza generare moti di eccessivo entusiasmo o imbarazzo.
Basta? Sì, arrivati al 72° disco di inediti, basta. Un plauso al team tutto. La sensazione è che nel tentativo di avvicinare le nuove generazioni con un solo brano, questo disco abbia relegato definitivamente Mina a un passato, pur glorioso, cosa che "Maeba" del 2018 aveva scongiurato e certo complice un cambiamento culturale epocale avvenuto nel mentre, ma anche per errore di valutazione.
Oppure, basti semplicemente leggere questo stralcio di intervista del 1978:
Rita Madaro: "Hai paura di invecchiare? Musicalmente si intende...".
Mina: "Assolutamente no. Faccio quello che faccio. Finché va bene, va bene. Quando non va più bene, grazie, è stata una cosa divertente e piacevole. Fine. La mia vita è un'altra, non sono certo le canzonette a riempirmela”.

15/08/2023

Tracklist

  1. Buttare l'amore 
  2. Come la luna 
  3. Don Salvato' 
  4. Fino a domani 
  5. Zum pa pa 
  6. Tutto quello che un uomo 
  7. L'orto
  8. Lascia
  9. Non ho più bisogno di te 
  10. Un briciolo di allegria (con Blanco) 
  11. La gabbia (solo cd e download digitale) 
  12. Povero amore (solo cd e download digitale)

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