ARIRANG – Geisha EP (2015, autoprodotto)
post-rock
Questo trio milanese ha appena pubblicato il proprio debutto le ha finora fatto rarissime apparizioni live. È auspicabile che si cominci a parlare di questa band, poiché sia il live che il disco sono di assoluto spessore. Nello specifico, questi cinque brani per trentasei minuti mostrano come sia possibile fare post-rock al passo coi tempi e sfruttando un ampio ventaglio di idee che vanno ben al di là degli stilemi classici del genere senza rifuggirli del tutto, com’è giusto che sia. Si passa a contaminazioni elettroniche dolci, ad altre più robuste e che creano quasi un clima post-apocalittico del futuro, a momenti caratterizzati da grande delicatezza, ad altri nei quali il ruolo di guida ce l’ha, una volta tanto, la batteria. Il disco è quasi esclusivamente strumentale, con la voce che quando interviene non canta ma dà un ulteriore contributo alla forza evocativa del disco. Una girandola di sensazioni sempre intense e sempre espresse al meglio, senza che mai per un momento ci siano fasi interlocutorie o staticità. Il classico lavoro che sprizza talento da tutti i pori. Speriamo che questa band riesca a farsi notare perché davvero se lo meriterebbe (Stefano Bartolotta 7,5/10)
ANDREA FRANCHI – Tanz! (2015, Stoutmusic)
synth pop-rock
Il percorso solista di Andrea Franchi continua con un deciso cambio di direzione. Il polistrumentista toscano, infatti, abbraccia un suono votato principalmente a synth di impronta kraut che talvolta viaggiano soli e in altri momenti si compenetrano con la chitarra, il tutto accompagnato da una ritmica sempre molto presente. All’interno di questi concetti base c’è comunque una certa varietà: nella parte iniziale la velocità è spesso alta, con le canzoni si possono quasi ballare, mentre dopo un po’ si rallenta; ci sono tre diversi brani strumentali e i restanti sono cantati tranne “Rodeo” che è invece recitato; nella parte finale c’è un trio di brani, ovvero “Conquistata Sconfitta”, “Immigrazioni” e “Zucchero Nero” che si stacca da quanto detto finora e ha invece un chiaro legame con il passato di Franchi. Tutto, comunque, funziona bene nel disco: l’autore mostra un’ottima versatilità sia sotto diversi punti di vista, ovvero il timbro vocale, lo stile melodico e la produzione artistica; tutte le canzoni sono perfettamente a fuoco e si lasciano ascoltare con piacere fin dalla prima volta e, in definitiva, questo è un bel disco realizzato da un artista sempre più interessato a esplorare nuovi territori e capace di mostrare subito confidenza con essi (Stefano Bartolotta 7/10)
ZIDIMA – Buona Sopravvivenza (2015, I Dischi del Minollo)
alt-rock
A sei anni dal precedente “Cobardes” tornano gli Zidima, quartetto lombardo di alternative- rock composto da Manuel Cristiano Rastaldi (voce e parole), Roberto Magnaghi (chitarre), Cosimo Porcino (basso) e Francesco Borrelli (batteria). Subito dal primo ascolto risulta preponderante la vicinanza con il sound dei Massimo Volume, quell’astuto mix di dissonanze, post-rock e versi declamati, in grado di far sanguinare qualsiasi cuore. E’ un immersione nel bel mezzo degli anni 90, ma senza derive nostalgiche. Sin dall’iniziale “Un oceano di fiati distrutti” (ma altrettanto in “Trema, carne mia debole” e “Sette sassi”) è evidente la prossimità con la band di Emidio Clementi, fra chitarre dissonanti e versi scagliati con grandissima intensità verso l’ascoltatore, con un flusso emozionale che emerge a fior di pelle. Fra le pieghe del disco emergono chiari riferimenti anche al suono dei Marlene Kuntz (“Inerti, comodi e vermi”, “L’autodistruzione”) destando impressione la grande capacità di replicare atteggiamenti sia musicali che testuali del decennio d’oro del rock indipendente italiano. In “Saziati” l’efficace voce femminile è di Miriam Cossar ed il synth è suonato da Stefano Giovannardi. Le seconde chitarre nella devastante strumentale title track sono di Francesco Borrelli (Claudio Lancia 7/10)
I’M NOT A BLONDE - 02 Ep (2015, autoprodotto)
electro-pop
Qualche numero fa avevamo salutato con favore il debutto assoluto del duo milanese e c’era quindi curiosità nell’ascoltare queste tre nuove canzoni. Le due sono brave a non ricalcare le orme dei tre brani precedenti, provando invece a fare nuove cose in termini sia di suono che di melodia. Si punta, infatti, su una maggior pesantezza, su un mood quasi cupo, su linee melodiche molto meno immediate e in due dei tre brani ha un ruolo importante la chitarra. L’iniziale “If” è la più immediata, mentre “Tudis” e “21” – l’unica senza chitarra -ltereggs sono più sfuggenti. La cosa più importante è che la qualità resta alta e la varietà anche, quindi questa seconda prova è superata brillantemente come la prima (Stefano Bartolotta 7/10)
124C41+ - Ep (2015, Stay Home)
drone-metal
Di Terni, il quartetto dei 124C41+ perviene nominalmente al debutto con un “Ep” di 20 minuti. Una line-up originale con basso, pianoforte e rumori assortiti al posto della chitarra, dà il via con “Tagma 1”, l’overture solo strumentale, un duetto o, meglio, uno scontro, tra una sonata neoclassica per pianoforte e il tutti iracondo del complesso, che però si risolve liricamente. Idem per gli 8 minuti di “Tagma 2”: rifrazioni guidate dal piano convergono in una valanga black-metal che raggiunge il picco con l’intervento a gamba tesa del growl del cantante, e fino alla fine la pièce non esaurisce la sua carica tumultuosa. Più ponderoso e rarefatto “Tagma 3” (7 minuti), dominato viepiù da tocchi eterei e impalpabili; quando finalmente inizia una marcia solenne, è solo un’introduzione per il breve motto finale del vocalist, sfuriato nel vuoto. Un punto estetico della band è la sua devozione al riverbero che ne fa un’esperienza uditiva persino pittorica. Colpiscono, in tutti i sensi, gli sbalzi di dinamica, da siderali pianissimo a fortissimo distorti schiaffati in faccia a sorpresa. E’ di certo un classico del post-rock e tecnicamente non è niente di rivoluzionario, ma il suo portamento sofferto e religioso ambisce all’”Adagio” di Albinoni più che alla musica rock. Co-prodotto con Dreamingorilla, libero download (Michele Saran 6,5/10)
ALTER EGGS - Alter Eggs (2015, Audacia Records)
progressive-rock, blues
Un Ep che vede finalmente la luce, atteso dalla nascita degli Alter Eggs, nel lontano 2003. Il lavoro spazia tra sonorità blues a sfoghi progressive, con qualche strizzata d’occhio al jazz. Un po’ Pink Floyd, un po’ Toto, giusto per fare un paio di nomi, i tre abruzzesi riescono tutto sommato a contenere tecnicismi fini a se stessi, tipici del loro genere di riferimento. “From Mind To Heart” è il manifesto della band: una riuscita strumentale a cavallo tra progressive rock e blues, probabilmente il pezzo più godibile del lotto, grazie anche all’indovinatissimo uso del corno francese da parte del bassista Alessandro Porrini. Stesso copione per “Rainfall”, lunga progressione strumentale dove la chitarra di Stornelli trova libero sfogo senza mai eccedere, sostenuto dalle dinamiche del batterista Cianciusi. In altri punti l’equilibrio viene a mancare, come nella (dichiaratamente) caotica “Oreitha”, sconnessa un po’ oltre l’auspicabile. Nella composizione più ambiziosa, la cavalcata progressive di “Tip Of The Hat” - portatrice peraltro degli spunti più audaci del disco - diversi cali di tensione impediscono di esprimere tutta la bravura esecutiva del collettivo, seppur potenziata dall’ottimo contributo solista della chitarra di un ospite illustre: Kee Marcello, ex Europe. Nel resto del lavoro il trio lascia le composizioni strumentali ed esplora sentieri pop, come nella delicata ballata al corno “The Picture” e negli accenni AOR di “Home Avenue”, con l’ospite Gabriella Scalise ai cori. Resta comunque forte l’impressione che l’approccio seguito nei due brani in apertura sia quello più congeniale alla band. Un esordio interessante, con ancora ampi margini di miglioramento. Da seguire in futuro (Michele Bordi 6.5/10)
OTHER VOICES – A Way Back (2015, RBL Music)
dark-wave
Secondo album per i calabresi Other Voices, a un decennio dall’esordio “Anathomy Of Pain”, al quale seguì nel 2010 l’Ep “Beloved Child”. La band, che in passato ha avuto occasione di aprire concerti per artisti del calibro di Buzzcocks, El Guapo e Wayne Hussey (già frontman dei Mission e colonna portante dei Sisters Of Mercy), conferma il proprio percorso musicale fortemente influenzato da certa new-wave, versante dark. L’atteggiamento è il medesimo degli Interpol, prossimità evidenziata sin dall’accoppiata iniziale “I Walk On The Wire” / “A Night Lasting A Year”, e ribadita in seguito con “Hate Me Again”. Buona la capacità di trasferire ai giorni nostri, attualizzandoli, suoni tipicamente anni 80, e così si scoprono i Cure di “Disintegration” fra le pieghe di “Without Any Sounds”, i primi Banshees in “The Only Real Conviction”, o tanto alt-pop dell’epoca in “I Seek A Way”. Non male, sia quando si punta sulle cavalcate elettriche, come accade in “Garlic” o nella ghost tack “Gunslinger”, ispirata dalla saga “The Dark Tower” di Stephen King, sia quando i suoni escono più morbidi, come accede in “Journey” (Claudio Lancia 6,5/10)
SUNDAY MORNING - Instant Lovers (2015, Stonebridge)
alt-rock
Nati a inizi duemila, i cesenati Sunday Morning, Andrea Cola, Jacopo Casadei, Luca Galassi, federico Guardigni, debuttano con “Take These Flowers” (2006), improntato a ballate appena venate di psichedelia vecchio stile (tromba, organetto); solo il grunge di “Hiding Place” e il blues di “From The Basement”, però, hanno un po’ di fibra. Dopo uno iato dedicato a progetti musicali e non, i membri del complesso originario si riuniscono per il “Instant Lovers”, secondo album in ben quindici anni di esistenza. Vince anzitutto l’antiquariato, da una hit d’impeccabile britpop come “Instant Lover”, a un’immacolata, Byrds-iana cantata a capella come “Drifting”, ma anche il motto vaudeville ripetuto ad libitum di “Johnny”, e la toccante ninnananna di “Ocean”. Gli esperimenti, per la verità pochi, invece rimangono indietro: le oscillazioni di “Away Away” suonano soporifere più che lisergiche. Una volta tanto si può dire che un album di reunion batte gli esordi per scrittura e ispirazione contagiosa, anche una produzione calibrata. Qualche calo rompe la magia, tanto sul versante languido (ma c’è pur sempre il country noir di “Broken Statues”), che nel versante energetico (ma ci sono pur sempre i 6 schitarrati minuti di “41.73 Faith”) (Michele Saran 6/10)
MIMÌ STERRANTINO - Un Lupo Sul Divano (2015, Veneretta)
songwriter
Il siculo Domenico “Mimì” Sterrantino offre, nel secondo album lungo “Un lupo sul divano”, scaltre rivisitazioni del Bob Dylan di “Desire” per mezzo del Fabrizio De Andrè di “Rimini”: “Uno dei tanti”, “Comodo”, “Il sentiero”, “Un lupo sul divano”, capeggiate dalla più perfetta, la gemma “Lo scorpione”, tutte acustiche, rese ariose e coinvolgenti da mandolino, acustica e dodici corde, con testi rurali e fatalisti cantati calorosamente dal cantautore. Le danzerecce “Lo Snoopy”, un quasi-garage, il duetto bubblegum “L’abbandonata”, “Caro Dj”, sono più generiche nei riferimenti, e un po’ banalotte. Accompagnato, come per il precedente, e inferiore “Spengo il televisore” (2012), da Gli Accusati: il tuttofare Francesco Frudà, responsabile dei migliori arrangiamenti (banjo, elettrica, acustica, dodici corde, mandolino), Sandro Curcuruto (tastiere), Flavio Gullotta (basso) e Andrea Lo Palo (batteria). Seconda voce, ne “L’abbandonata”, di Alice Ferrara, già voce dei conterranei Ipercussonici (Michele Saran 6/10)
ORELLE - Primulae Radix Ep (2015, Black Candy)
songwriter
Elisabetta Pasquale, di Bisceglie, debutta a nome Orelle con un Ep, “Primulae Radix”. Tra le canzoni vere e proprie, curiosamente solo la semi-strumentale “Apex”, costruita su sospiri e vocalizzi diafani, in un’atmosfera d’errabonda, fragile ambience da camera che culmina in un crescendo caotico, meritava l’incisione. “Caos”, con piccola jam fusion, “Incantevole”, un’”Ipotesi plausibile” con finale quasi-sinfonico, sono invece sofisticate canzonette pop che ricalcano la moda tutta italica di imitare i soliti beniamini Radiohead e Jeff Buckley. A parte l’ugola vanesia della leader, è un’impersonale opera di abili turnisti: il tastierista Domenico Cartago, il batterista Mimmo Campanale, la violinista Eliana De Candia (Michele Saran 4,5/10)