Autore: Giacomo Graziano
Titolo: Gli anni del grunge: Italia 1989-1996
Editore: Gli scrittori della porta accanto
Pagine: 210
Prezzo: 15,00 Euro (cartaceo), 2,99 Euro (ebook)
È stato bello vivere in diretta gli anni del grunge, ma di tutti i miei coetanei che indossavano per moda camicie di flanella, maglioni informi e jeans strappati - così come allora proposti dalle riviste di moda - soltanto una minima parte era consapevole del collegamento con una rigogliosa scena musicale che aveva probabilmente reso Seattle la città al mondo col maggior numero di chitarre vendute. Capita spesso che persone più giovani mi dicano "Beato te che c'eri!". La mia risposta è sempre stata che, in realtà, quando in Italia ci accorgemmo che esisteva il grunge, questo era quasi già alla fine della propria traiettoria, prossimo a trasformarsi in qualcos'altro. Tesi che trova perfetta sponda nell'agile volume "Gli anni del grunge", curato da Giacomo Graziano, appassionato di musica che ha raccolto numerose testimonianze e ricostruzioni dell'epoca.
Già nelle prime righe della prefazione, il libro accoglie la seguente affermazione di Daniele Corradi: "Per trovare il vero Grunge dobbiamo tornare indietro al suo ultimo anno di vita, il 1989". Io avrei tirato avanti per almeno un altro paio di giri di calendario, ma la frase lascia intendere come uno degli ultimi movimenti importanti del rock sia durato molto meno di quanto il pubblico abbia percepito.
Graziano raccoglie scritti di giornalisti, critici, organizzatori, musicisti, promoter, che setacciano il cassetto dei ricordi per rammentare il passaggio del grunge lungo la nostra penisola. Brevi raccontini disposti in rigoroso ordine cronologico che ripercorrono alcuni dei principali concerti tenuti in Italia dalle band che animarono quella scena, dai primi tour di Screaming Trees, Soundgarden e Nirvana, fino all'evento più grande, che pose la pietra tombale su quel sogno in musica: l'esibizione dei Pearl Jam al Palaeur di Roma, durante il tour di "No Code", il 12 novembre del 1996.
A corollario, una panoramica di fotografie dell'epoca e un elenco di canzoni consigliate, che contribuirono ad annullare per la prima volta le distanze fra underground e mainstream, grazie ai milioni di copie vendute. L'emancipazione della discografia indipendente non frenò però l'inclinazione alla tragedia degli eroi di Seattle, e nella seconda metà degli anni Novanta i fan ne uscirono tutti un po' meno innocenti.
Ogni contributo inserito nel libro ricorda le emozioni di quei giorni: sfilano i Mudhoney, i Melvins, gli Alice In Chiains, gli Stone Temple Pilots, le Hole, i Foo Fighters, spesso ospitati in luoghi piccolissimi, inadeguati a ricevere una massa di fan che andava incrementandosi settimana dopo settimana. Ogni band comunicava il proprio disagio personale, nel quale era possibile immedesimarsi, sviluppando un reale senso di appartenenza; i carismatici frontmen raccontavano le paure, il disagio, i conflitti, il tormento, le frustrazioni, lo spirito di rivalsa, il senso di inadeguatezza e di oppressione, le insicurezze di un'intera generazione, che nutriva insoddisfazione nei confronti della società. I ragazzi dell'epoca cercavano una voce che sapesse interpretare tutto ciò, e ne trovarono tante, in grado di rappresentare un manifesto intimo, ancor prima che socio-culturale, sotto forma di suoni distorti, note ruvide, urla disperate e testi carichi di rabbia, ricchi di parole che scavavano dentro.
Tanti gli episodi significativi, dal concerto dei Nirvana annullato a Torino nel novembre del 1991 a Dave Grohl che chiede accrediti per gli amici a Bologna, dai Pearl Jam che al Sorpasso di Milano a febbraio del 1992 registrano due brani a porte chiuse per Videomusic ("Once" e "Black") ai Soundgarden che assieme ai Faith No More aprono per i Guns'n'Roses allo stadio Delle Alpi il 27 giugno 1992, dai Nirvana che registrano in Rai per "Tunnel" (il secondo brano, "Dumb", non venne trasmesso) a Eddie Vedder che si sposa in Campidoglio, e qualche anno più tardi scrive e registra a Roma "MFC" e "Parting Ways". Due canzoni che finirono in "Yield", quando già era in atto il trapasso verso una nuova epoca, fra band ormai considerate "storiche" che apparivano svuotate, e una fiorente scena alt-rock che andava prendendo piede anche in Italia.
Il grunge lascerà dietro di sé una scia di morte e dolore, una maledizione che ancora oggi accompagna i protagonisti di quell'età dell'oro. Nel 1990 cade il primo eroe, Andrew Wood, poi toccherà a Kurt Cobain, Layne Staley, Scott Weiland e, più di recente, a Chris Cornell e Mark Lanegan. All'epoca non sapevamo molto delle vite dei nostri idoli musicali, delle storie dietro le canzoni, dei retroscena e di tutte le dinamiche, a volte tragiche, che apprendemmo nei minimi particolari soltanto anni dopo, ma questo non impedì di provare un trasporto in grado di andare ben al di là di un semplice ascolto.