The Beatles - While My Guitar Gently Weeps
(1968 - Inclusa nell'album "The Beatles - White Album", Apple, 1968)
La chitarra, feticcio virile del rock, ma anche compagna inseparabile di tormenti per i menestrelli d’ogni epoca. Uno strumento flessibile per antonomasia, come le sue corde, piegate a ogni istinto, sentimento, vocazione. Nessuno, però, l’aveva mai fatta piangere, fino al fatidico anno 1968. Capita che in quella calda estate il giovane George Harrison si imbatta nell'I Ching, il Libro dei Mutamenti, primo dei testi classici cinesi sin da prima della nascita dell'impero. C’è un principio che si fissa in mente al chitarrista dei Beatles: “In Oriente ogni cosa è relativa a ogni altra cosa, mentre in Occidente è solo una coincidenza”. Premesse universali che possono trovare applicazione in ogni attività. Perfino nella scelta del titolo di una canzone. Così, Harrison prende un libro a caso dalla biblioteca di casa dei genitori a Warrington, Inghilterra, lo sfoglia e trova quelle prime due parole: "Gently weeps". La canzone nascerà così. E a “piangere gentilmente” non potrà non essere proprio la chitarra. Anzitutto quella acustica, con cui Harrison registra il demo originale aggiungendo solo l’organo. L’idea musicale, abbozzata durante un viaggio in India, lo intriga, ma il risultato finale di quel nastro non lo convince: resterà a prendere polvere nel cassetto (fino a quando non sarà incluso nella raccolta “Anthology 3”). Stesso destino per un’altra versione, riarrangiata, con archi a cura di George Martin (riaffiorerà sul controverso progetto “Love” del 2006).
Forse è proprio vero che solo con un piccolo aiuto di qualche amico, beatlesianamente, se ne può uscire. Anche se si tratta di un bellimbusto che un paio d’anni dopo non avrà esitazioni a sfilargli la moglie, e che moglie: la leggendaria Pattie Boyd. Episodio che resterà immortalato in un dialogo lapidario a un party ad alto tasso alcolico:
- Harrison, rivolto ai due: “Ehi, voi, che succede?”.
- Clapton: “Amico, succede che io amo tua moglie e lei ama me”.
Capita. Tutto molto rock. Ma George è un tipo sportivo e l’amicizia resisterà anche a quel fatale scippo.

“While My Guitar Gently Weeps” nasce così, da quell’amicizia foriera di successi artistici e sciagure sentimentali, nel pomeriggio londinese, presumibilmente piovigginoso, del 5 settembre 1968, agli Emi Studios. L’assolo di Clapton è bruciante, ma ha un che di familiare per i Fab Four, perché lui stesso, in fase di mixaggio, ha voluto renderlo più beatlesiano, trattandolo col vari-speed insieme all’ingegnere del suono Chris Thomas per conferire brillantezza al suono. Forse anche per via di questa bizzarra commistione di stili, il risultato è unico. Ma l’apporto di Clapton non si limita all’assolo: la sua sola presenza stimola infatti la band a prendere finalmente sul serio quella travagliata partitura. A cominciare da McCartney, che si mette al piano e pennella una intro perfetta, prima di unirsi ai backing vocals. Lennon dà una mano con la chitarra ritmica. Starr è sempre lì, dietro piatti e tamburelli. Il dado è tratto e il pezzo viene finalmente pubblicato sul “White Album”, dove però la presenza di Clapton non sarà accreditata per ragioni contrattuali.

I look at you all see the love there that's sleeping
While my guitar gently weeps
I look at the floor and I see it needs sweeping
Still my guitar gently weeps
I don't know why nobody told you
How to unfold your love
I don't know how someone controlled you
They bought and sold you
I look at the world and I notice it's turning
While my guitar gently weeps
With every mistake we must surely be learning
Still my guitar gently weeps
I don't know how you were diverted
You were perverted too
I don't know how you were inverted
No one alerted you
I look at you all see the love there that's sleeping
While my guitar gently weeps
Look at you all
Still my guitar gently weeps