Nella nuova puntata di OndaRockstar abbiamo recuperato quello che scrisse Giampiero Vigorito all'indomani dell'uscita di "The Unforgettable Fire", uno dei capolavori degli U2, che segnò al contempo la consacrazione dello stile di Bono e compagni e una fase nuova della loro esperienza musicale.
U2
The Unforgettable Fire
(Island, 1984)
Il mondo ha finalmente scoperto gli U2. “War”, il loro terzo album, è stato uno dei più belli dell'83, il migliore per chi scrive. “Under A Blood Red Sky”, la cronistoria mozzafiato del loro trionfale periplo americano, ha restituito alla musica del gruppo tutta la sua potenza espressiva, la sua formidabile ambientazione, il suo elemento naturale: la folla. Quel mini-Lp registrato dal vivo è stato la sintesi ideale di tre album imperdibili e del cammino del gruppo dall'innocenza iniziale alla consacrazione di una maturità artistica senza eguali. Ma “Under A Blood Red Sky” ha anche chiuso una parentesi, quella di un presunto ermetismo naif, e ne ha aperta un'altra, quella della profondità assoluta e della ricerca individuale. Gli U2 credono e fanno credere. La loro determinazione è riuscita ad attraversare senza macchia il mondo del rock, degli stadi, degli ascensori, dei parassiti, dei consiglieri fraudolenti e dei creatori di gimmicks a buon mercato. In fondo, gli U2 non hanno fatto altro che imporre un messaggio semplice: quello che esiste non passa necessariamente per la nostra radio, la nostra collezione di dischi, la video-hit, Michael Jackson e Indiana Jones. È dentro noi stessi. Nel nostro entusiasmo di persone che non hanno più diffidenze in materia di novità e che sono alla continua ricerca di un'emozione sempre più forte e luminosa.
Partiti da una Dublino malinconica e marginale, gli U2 si sono costruiti un cammino tutto individuale verso la sommità. Senza un'immagine particolare. Senza il consunto tran-tran di tournée-disco-tournée. Senza dichiarazioni messianiche sull'avvenire del rock e del nostro pianeta. Dall'inizio della sua carriera, il gruppo di Bono ha perseguito uno scopo ben preciso. Un'idea essenziale. L'idea secondo la quale la musica non è fatta per celebrare il mondo materiale, esteriore, che ci circonda; ma per mettere a nudo il mondo spirituale, interiore, che è dentro di noi. Si diceva prima di un nuovo capitolo nella vicenda artistica degli U2. Bono, al ritorno dalla trionfale tournée americana, aveva confessato che dopo la fase della conquista, gli U2 sarebbero ripartiti da zero. Ed è precisamente quello che ha fatto il gruppo, che ha deciso di isolarsi nella campagna a un centinaio di chilometri da Dublino e di registrare con uno studio mobile collocato nella sala di un castello medioevale i dieci brani del nuovo album.
Dopo dei negoziati discreti, Brian Eno (che aveva lungamente giurato sul suo totem che non avrebbe più avuto a che fare con un gruppo rock), ha accettato di produrre il disco con l'assistenza del canadese Daniel Lanois. Il risultato si chiama “The Unforgettable Fire”, un titolo ispirato a una mostra itinerante dedicata a Hiroshima. Il suo ascolto innesca un sistema di sorprese a catena. L'aggressività di “War” è ancora presente, ma come trattenuta da un mistero inedito. L'impressione è quella di trovarsi di fronte a una musica etnica, selvaggia, scavata all'interno, costruita secondo delle qualità sonore istintive ed inesplicabili che non hanno niente a che vedere con la tecnologia del futuro. Con lo stimolo e l'assecondamento di Brian Eno, gli U2 sono riusciti ad assemblare un manciata di canzoni che possiedono l'anima primitiva del rock, il fascino captante della musica nera, l'intuizione espressiva del rock progressivo, l'eleganza metafisica della musica d'avanguardia.
Andandosene via, Steve Lillywhite, ha portato con sé un brandello di carne degli U2. Quello che è rimasto al gruppo di Bono è uno spirito sensibile e capiente da accendere come un amplificatore.
Le nubi inquietanti di “War” sono definitivamente scomparse. Ora c'è la serenità cupa ed ovattata della “tregua”. Dinanzi a un castello spettrale foderato di edera, al centro di alcune foto chiaroscurali in una cornice ciclamino, quattro ragazzi si sono raccolti per creare il loro disco più meditativo ed intimista. Aveva ragione Bono. Gli U2 sono davvero ripartiti da zero.
(Rockstar, 1984)