Piergiorgio Pardo

Un gusto superiore - Il cantautorato progressivo dal beat al bit

Autore: Piergiorgio Pardo
Titolo: Un gusto superiore - Il cantautorato progressivo dal beat al bit
Editore: Crac
Pagine: 322
Prezzo: 22,00 euro

Piergiorgio Pardo - Il cantautorato progressivo dal beat al bitIl progressive rock divisivo, lo spartiacque e il marchio per tracciare l'identikit dell'ascoltatore: o di qua o di là, non si scappa. Il cantautorato italiano, ovvero la deriva colta della canzonetta e l'impegno più o meno militante come unico possibile lasciapassare per la popolarità. Due mondi in apparenza distanti.
Se ci soffermassimo a osservare la superficie dei due fenomeni musicali sbocciati negli anni 60 e fioriti nel decennio successivo, concluderemmo che la parabola progressiva si spegne con il Movimento del '77, e che gli anni del riflusso che sono seguiti hanno veicolato il cantautorato italico dall'impegno politico alla condivisione in forma canzone del privato che diventa politico. In ogni caso – sempre seguendo quanto per anni larga parte della critica musicale ci ha raccontato – i destini del progressive e della canzone d'autore non si sarebbero mai presi, né tantomeno incrociati. La complessità stilistica, i ritmi dispari, le dilatazioni a forma di suite, i testi allegorici o fiabeschi che si contrappongono all'arrangiamento essenziale e a musiche funzionali alla narrazione della realtà, sia essa politica, di cronaca, sentimentale, quando non letteraria.

 

Ma è davvero andata così? A dare il colpo di grazia ai dogmi consolidati e pigramente accettati - per quanto da tempo vacillanti - ci pensa Piergiorgio Pardo che alla sua visione critica e giornalistica non convenzionale in tema di popular music affianca le competenze del musicista, quantomai necessarie per mettere insieme le fila di un'indagine accurata, anche laddove queste risultassero dissimulate da contesti che distanti lo sono solo in apparenza.
Sono tanti gli spunti che arrivano che confermano i punti di convergenza tra cantautorato e musica progressiva, un fenomeno che non si concretizza solo in episodi misconosciuti o minori, ma che anzi va a interessare alcuni tra i massimi esponenti della musica pop italiana.

A supporto dell'analisi ci aiutano anche le riflessioni riguardo al significato da attribuire al termine "progressivo", inteso non come l'assecondarne i dogmi (ogni genere ha i suoi) ma come attitudine al superamento dei canoni tradizionali della canzone; un viaggio libero da schemi finalizzato a una ricerca che oltrepassi il cliché base-bridge-ritornello a cui la pop music deve molte delle sue fortune.
Potremmo estendere questa chiave di lettura oltre i confini della musica italiana? Probabilmente sì, tuttavia il nostro paese detiene molte particolarità che hanno determinato un unicum, a cominciare da un contesto locale assai fiorente ma che raramente, fatta esclusione per alcuni exploit, ha conosciuto una vera dimensione internazionale. Un mercato distante per volumi e per differenze culturali da quelli dominanti, che ha però partorito generazioni di musicisti straordinari, non certo inferiori ai colleghi anglosassoni. Ed è per questi motivi che proprio nella "provincia italiana", più che altrove, si è venuto a creare quel microcosmo di talenti che, tra collaborazioni trasversali, progetti principali, semplici comparsate in veste di session-men o di meri autori dietro le quinte, ha disseminato le miriadi di impronte che Pardo ha saputo ricostruire nel suo libro.

È grazie alla sua chiave di lettura che ritroviamo il filo rosso che unisce gli embrioni della futura Premiata Forneria Marconi e la Formula 3 di Alberto Radius  con le vicende cruciali di Lucio Battisti e di Franco Battiato, i due giganti della canzone nostrana. Battisti sperimentatore prog sui generis nella sua ultima "fase bianca" (e Pardo ci spiega perché anche l'insospettabile "Hegel" ben si attaglia al tema del libro), ma già oltre gli steccati canzonettistici con alcune delle sue prime celebri hit (la coda di "Non è Francesca", i compositi cambi emozionali di "Fiori rosa, fiori di pesco" e altro ancora), oltre che nell'audace e poco compreso album "Amore e non amore", o il super-celebrato dai posteri "Anima latina".
La disamina che riguarda Battiato non si ferma, e a ragione, alla pur fondamentale fase "concreta" trovando dimostrabili coerenze persino nel milionario "La voce del padrone", in cui la libera sperimentazione confluisce nella dimensione della massima fruibilità.
E poi troviamo Fabrizio De André ben prima degli ovvi espliciti riferimenti presenti nel celebre concerto con la Pfm, ma anche Claudio Rocchi a suggello di un underground rimasto a ragione nella memoria di molti appassionati. E poi tanti, tantissimi outsider (Enzo Carella!) che non mancheranno di incuriosire coloro che nella scoperta e riscoperta musicale cercano risposte anche in termini di cultura, conoscenza e approfondimento.

Coerentemente la storia continua attraversando persino quegli anni 80 da sempre percepiti come antitetici - quelli del tuffatore irregolare Flavio Giurato ma anche quelli di un figlio legittimo della decade come Andrea Chimenti – per arrivare ai giorni nostri con, tra gli altri, Fabio Zuffanti, Iosonouncane, Amerigo Verardi e, udite, i Baustelle. Tanti percorsi differenti uniti da un intento comune: spiccare il volo (magico) alla volta di un gusto superiore.



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