Cloud Cult

Advice From The Happy Hippopotamus

2005 (Earthology/Baria)
alt-rock

Fuori tempo massimo. Ultimi giorni di dicembre, ultimi giorni targati 2005, tempi di classifiche annuali, di bilanci musicali e non, giorni di festa, di sorrisi e di neve. Capita, quasi per caso, di ritrovarsi tra le mani un vecchio post-it ingiallito su cui, ancora evidente, è trascritto il nome di un gruppo "Cloud Cult" e il titolo di un album "Advice From The Happy Hippopotamus". Dietro il moniker bizzarro, un uomo bizzarro, ilare, genio incompreso della provincia americana più musicale: la Minneapolis di Prince e Replacements. E la storia di questo ragazzo, tale Craig Minowa, inizia proprio da quelle parti, quando, giovanissimo (nel lontano 1995), decide di dedicarsi anche alla musica.

Mai come in questo caso, la parola "anche" ha un suo significato preciso. Già perché dietro i Cloud Cult si muove un progetto del tutto particolare, una sorta di comunità no-profit di stampo ambientalista: ecco quindi una casa di produzione, la Earthology, totalmente autogestita, uno studio di registrazione alimentato con un generatore geotermico e pannelli solari, l'uso di materiali esclusivamente usati. L'inchiostro per il booklet è chiaramente non nocivo, tanto per gradire. Queste e altre forme di ortodossia ambientalista trovano ulteriore manifestazione nella lotta all'inquinamento da anidride carbonica e in atteggiamenti ben più bizzarri del piantare alberi per compensare le emissioni di Co2 causate dal tour (come già fanno i Pearl Jam, tra gli altri). Accanto a questa filosofia di vita, si muove l'artista Craig Minowa, da sempre parsimonioso e restio nel muoversi a tutto campo in territorio show-buisness. Pubblicità e promozione sono parole che non si usano da queste parti. La fortuna musicale dei Cloud Cult è frutto del semplice passaparola, delle radio universitarie che iniziano a far girare quasi inaspettatamente qualche pezzo, di qualche dj dall'orecchio fino e ovviamente di qualche sito musicale che si accorge di loro e li sponsorizza.

Cinque album semi sconosciuti e una storia traumatica stanno alle spalle di questo "Advice From The Happy Hippopotamus". La storia traumatica è quella di un padre, Minowa, che perde il proprio figlio di due anni in una notte qualsiasi per motivi inspiegabili, e che divorzia di lì a poco dalla moglie, perché a volte il dolore da dividere in due è ancora più pesante. Dal buio più profondo Minowa se ne esce con "Aurora Borealis" dello scorso anno, ma ancor meglio con questo "Advice From Happy Hippopotamus", concept album sull'infanzia e sulla morte. Le due tematiche corrono parallele, si intersecano in territori filosofici fino a tangere domande escatologiche sul senso della vita. Viste le premesse, sembrerebbero le stesse strade percorse dagli Eels con "Electro-Shock Blues", in realtà i Cloud Cult, (che in questa occasione si presentano come un vero e proprio gruppo a più elementi: chitarra, basso, batteria, viola, flauto e cello) rilasciano un album che può a tutti gli effetti considerarsi una summa dell'indie-rock.

Si inizia con viola e archi disturbati da cascate di synth, computer music a schiaffi in "Intro", seguita da "Living On The Outside Of Your Skin", una mini-versione pop, lenta e cantata, di "Me And Giuliani Down By The School Yard" dei !!!. "Happy Hippo" è un pezzo qualsiasi dei Chemical Brothers coverizzato dagli Arcade Fire, e sempre in territori pop si rimane con la splendida "What Comes At The End", lunga introduzione tra beat e chitarra elettrica che esplode in un magnifico ritornello pop. Nei due minuti scarsi di "Washed Your Car" spunta inaspettatamente il rock sporco di PJ Harvey, mentre "Transistor Radio" è una canzone natalizia per chitarra acustica e flauto. Davvero tante le idee messe sul tavolo dai Cloud Cult. Tra i principali punti di riferimento: il Beck di "Odelay", i Broken Social Scene, Arcade Fire, accenni di Fiery Furnaces, Lcd Soundsystem, gli ultimi Okkervil River, il pop dolce dei Decemberists, spruzzate di elettronica fatta in casa, Eels, il meglio dell'indie dell'ultimo lustro insomma.

Questo, ma non solo: Craig Minowa è la voce che più si avvicina a Doug Martsch dei Built To Spill, di cui la band del Minnesota sembra aver studiato attentamente la discografia, soprattutto quando si cimenta nelle ballate elettro-acustiche. Arrivati a metà disco, si teme una frenata, ma Craig Minowa stupisce e accelera. E allora eccoci travolti dalla ballata acustica "Training Wheels", dalla cavalcata elettrica tutta strumentale di "Can't Stop The Journey Know" con Neil Young a spiare dietro l'angolo. "That Man Jumped Out Of The Window", strappata dal canzoniere di Bright Eyes, il teatrino country di "Lucky Today" e la cupissima "Rockwell" chiudono l'album. Dopo trenta secondi di silenzio, la ghost-track del disco: la ninnananna acustica "Bobby's Spacesuit", giusto per non farci mancare nulla, dopo venti canzoni e un'ora abbondante di musica.

Fuori tempo massimo, come detto. "Advice From The Happy Hippopotamus" è album da avere, è la summa della musica indie degli ultimi cinque anni e un orecchio abituato a certi suoni non potrà che perdersi nei gioielli esposti in vetrina dai Cloud Cult.

21/06/2010

Tracklist

  1. Intro
  2. Living On The Ouside Of Your Skin
  3. Happy Hippo
  4. What Comes At The End
  5. You Got Your Bones To Make A Beat
  6. Untitled Track
  7. Washed Your Car
  8. Transistor Radio
  9. What It Feels Like To Be Alive
  10. Moving To Canada
  11. Start New
  12. Car Wash
  13. Light At The End Of The Tunnel
  14. Million Things
  15. Can't Stop The Journey Now
  16. Clip-Clop
  17. Training Wheels
  18. We Made Up Your Mind For You
  19. That Man Jumped Out The Window
  20. (Untitled Track)
  21. Lucky Today
  22. (Untitled Track)
  23. Rockwell
  24. (Untitled Track)
  25. Bobby's Spacesuit

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