Silver Apples

Silver Apples

Il cosmo psichedelico

Negli anni 60 i Silver Apples sono stati tra i più importanti pionieri dell'elettronica moderna, tra i primi a introdurla all'interno di un linguaggio rock. Dalle loro sperimentazioni cerebrali e psichedeliche si sono originati stili differenti, che hanno influenzato vari ambiti, dal kraut-rock alla techno passando per la new wave

di Alessandro Mattedi, Salvatore Setola e Valeria Ferro

Non si può, quando si traccia una storia della musica elettronica, non riservare un intero capitolo agli statunitensi Silver Apples, provenienti da New York.
Simeon Oliver Coxe III e Danny Taylor entrarono a inizio anni 60 in un gruppo chiamato The Overland Stage Electric Band, rispettivamente come cantante e batterista. Simeon decise da quasi subito di sperimentare l'utilizzo di un oscillatore audio (il circuito che permette ai sintetizzatori di generare suoni) degli anni 40 allo scopo di aggiungere effetti sonori suggestivi nei concerti, ma l'idea non piacque agli altri membri del gruppo, più refrattari all'idea di giocherellare con l'elettronica. Erano più legati alle forme musicali acustiche ed elettro-acustiche mainstream e poco propensi ai cambiamenti.
Comunque sia, l'insoddisfazione nel gruppo crebbe e i membri iniziarono ad andarsene, lasciando Simeon a sperimentare con i sintetizzatori assieme al solo Taylor, praticamente l'unico con cui andava d'accordo sulla direzione musicale da intraprendere. Si stavano interessando alla nascente psichedelia, alle prime composizioni elettroniche d'avanguardia e alle correnti espressive basate sulla "free form music", ma sentivano di voler andare oltre, di voler giungere a una sintesi personale delle loro ispirazioni.
Ormai ridotti a un duo, decisero di cambiare nome in "The Silver Apples" e poi solo "Silver Apples", prendendo spunto da un passo della poesia "La canzone di Aengus il vagabondo" del premio Nobel per la letteratura William Butler Yeats (che noi italiani conosciamo forse musicata da Branduardi). Era una scelta molto emblematica delle loro intenzioni artistiche perché le mele d'argento non sono frutti di questo mondo, o almeno non di questo pianeta. Così preannunciavano già di voler dare vita a un suono alieno, per lo meno rispetto ai canoni di quel decennio, persino rispetto a molte formazioni sperimentali già all'avanguardia. Non è una coincidenza, inoltre, che nel 1967 il compositore Morton Subotnick pubblicò il proprio primo Lp intitolato, guarda caso, "Silver Apples Of The Moon", che qualche affinità con il duo newyorkese la rivelava.

Simeon nel frattempo iniziò ad acquistare altri oscillatori al punto da impilarne nove, assieme a numerosi controlli manuali per manipolare i suoni e dirigere bassi e battiti elettronici con gli arti. Ma, poiché non aveva una formazione musicale tradizionale nel suonare i sintetizzatori (ovvero non aveva mai imparato a suonare la tastiera), arrivò a costruirsene uno intero ex novo, che battezzò col suo nome e che veniva suonato con un sistema personale di tasti e pedali. Si trattava, in pratica, di una sorta di gigantesco mixer basato innanzitutto sui nove oscillatori: quello principale per la melodia, i tre per il ritmo erano azionati da pulsanti manuali, i restanti cinque per i bassi erano invece comandati tramite pedali. A completare l'armamentario c'erano, tra le altre cose, una radio, un microfono, tre amplificatori, un echo-plex e un effetto wah-wah. Il tutto per un totale di ben ottantasei controlli!
Taylor, invece, aveva assemblato un'imponente batteria - composta da tredici tamburi, quattro piatti, un hit-hat e due campane - che gli permetteva di produrre da un lato pulsazioni dalla cadenza regolare come un meccanismo programmato, dall'altro sequenze ritmiche di stampo tribale.

La necessità aguzza l'ingegno e situazioni insolite spingono a esplorare territori inconsueti: con queste premesse i due nel 1967 incidono, con le liriche di Stanley Warren, il loro primo album omonimo, Silver Apples, poi pubblicato l'anno successivo sotto Kapp. L'album potrebbe essere considerato come il trampolino che dal rock psichedelico conduceva al kraut-rock e alla kosmische musik, contornato da testi che fanno riferimento alla controcultura hippie. Ma c'è anche molto di più. La loro musica è asciutta, "tribale", ma suona aliena e al tempo stesso non disdegna suoni che sembrano più "giocosi", riuscendo a coniugare in quest'opera di sintesi aspetti differenti tra loro.
I due non si definivano una band, bensì un "meccanismo organico" dotato di proprie funzioni vitali che "sfuggono agli umani". Grazie alle ritmiche ossessive vi è infatti qualcosa di paradossalmente primitivo, di atavico, nel loro futurismo sonoro. Come ascoltare la world music dell'universo, il folk di antiche civiltà aliene, che pulsa di sole percussioni ed elettronica, suonate con ogni mezzo disponibile; ridotto a soli tamburi e oscillatori, il rock psichedelico delle origini evolve così in qualcosa di completamente diverso, in una musica ronzante ed estremamente paranoica. Non ha nemmeno senso parlare di dove finisce il rock e dove inizia l'elettronica perché lo stile del duo forma un monolite compatto inscindibile.
La ritmica spezzata di "Lovefingers", le visioni spettrali di "Velvet Cave", la litania ostinata di "Oscillations" e la marcetta extraterrestre di "Seagreen Serenade" sono tutte piccole perle di apparente ingenuità che nasconde l'oscurità e per certi versi anticipa l'industrial.
A dissipare le tenebre dell'anima ci pensano, allora, quelle della mente e non è che la cosa sia più rassicurante: "Whirly-Bird" e "Misty Mountain" sono immaginarie fanfare demenziali, laddove "Program" tradisce finalmente un briciolo di raziocinio nel suo mescolare la specialità della casa (ritmo paranoico e pulsazioni amniotiche) con disturbi radiofonici che, memori della Radio Music di John Cage e degli esperimenti pioneristici di Filippo Tommaso Marinetti, sovrappongono frammenti di annunci al Concerto n. 3 di Vivaldi.
Silver Apples è un disco rivoluzionario, un crogiolo di pulsazioni ritmiche ossessive e tribali perfettamente fuse alle atmosfere della nuova era spaziale. A fare da collante, arrangiamenti minimali, riverberi, droni e dissonanze. La psichedelia da cui i due americani partivano rimane presente, ma trasfigurata: non più governata da chitarre acide e organi in delirio, bensì da artefatti tecnologici che portavano nomi umani, come dei replicanti. Ci sono già i semi di lavori come l'omonimo debutto dei Suicide, che esaspereranno al limite questa musica verso il proprio lato più autodistruttivo. La cosa più "sconcertante" è che il disco riesce a modo suo a risultare per certi versi melodico, seppur di una forma di melodia allucinogena.

L'anno seguente, sempre per Kapp, esce Contact. È ancora più visionario nei testi, che enfatizzano tutte le sfumature più oniriche e cosmiche del gruppo, lasciando spazio però a molte parentesi claustrofobiche e paranoiche, frutto soprattutto dell'inventiva di Simeon Coxe. Musicalmente sembra non discostarsi molto dall'esordio, di cui rappresenta in fondo il secondo capitolo - tanto che attualmente sono pubblicati assieme in un'unica release sia su supporto fisico che su programmi di streaming digitale. In realtà Contact rispetto al primo album tende a espanderne il lato più oscuro (soprattutto in presenza dei brani con i testi sopracitati) e quello di attitudine più "free". Il risultato finale risulta più ostico all'ascolto, sonoramente più sperimentale e "caotico". Arriva per certi versi ad anticipare anche il noise negli episodi più distorti, in una maniera relativamente analoga ai Velvet Underground seppur partendo da ingredienti diversi.
È un disco certamente ambizioso, ma non sempre il risultato si mostra più intrigante dell'esordio, che rimane il vertice della discografia dei Silver Apples. Non mancano momenti ben congegnati e molti interessanti, che possono risultare anche tra i più apprezzabili nei loro contrasti dolceamari, come l'uso del banjo al posto dell'oscillatore per cercare di sortire un effetto sonoro simile a partire da una base differente (in brani come "Confusion" o "Ruby"). In altri momenti, però, lo sperimentalismo si fa troppo estenuante ("You're Not Fooling Me", con il suo telefono che squilla per ben sei minuti di fila sopra dissonanze giocose).
L'atmosfera che pervade il disco è quella di un ibrido tra roboticità ossessiva e organicità umana, quest'ultima ricollegabile soprattutto al lato psichedelico e ai trip lisergici "aiutati" da opportune "sostanze ricreative", per generare un caleidoscopio di sonorità spaziali.
Ciò per cui l'album è maggiormente ricordato è però la copertina, che ritrae il duo all'interno del cockpit di un aereo di linea PanAm (il logo è in bella mostra in un angolo). All'interno del booklet, invece, si vedono i due intenti a suonare il banjo (una vera fissazione della ditta) sui resti di un disastro aereo. Aggiungiamoci i riferimenti nascosti alle droghe ed ecco arrivare in tempo rapidissimo una denuncia dalla PanAm, che non gradisce affatto e non vuole lasciare ai Silver Apples nemmeno gli occhi per piangere. La conseguente causa legale determinerà lo scioglimento del duo, che pure aveva finito di registrare il terzo album. Un lavoro che, complice l'acquisizione di Kapp da parte della Mca Records, sarebbe rimasto in un limbo editoriale e non avrebbe visto la pubblicazione se non dopo quasi trent'anni.

Artisticamente parlando, è forte il rammarico che questa fine precoce abbia precluso ulteriori apporti alla scena musicale, sperimentale e non. Ma sono bastati due soli album per fornire un'influenza vasta e profonda su numerosi artisti successivi, di cui ci riserviamo di illustrare solo alcuni dei più celebri. L'elettronica all'avanguardia dei Silver Apples non trova in quegli anni alcun confronto nel continente americano. Sembra anzi portare all'estremo i concetti del rock psichedelico e anticipare i battiti tedeschi del decennio successivo (Can, Cluster e Neu! devono molto a quest'album soprattutto per quanto riguarda le ritmiche "meccaniche" e "spezzate"), come anche dall'altro lato gli schemi variopinti di buona parte della new wave (dai Simple Minds passando per gli Human League e gli Orchestral Manoeuvres in the Dark), di Brian Eno e di riflesso David Bowie.
In mezzo ci sono i Kraftwerk che, partendo dal contesto del kraut-rock, trarranno ispirazione anche dagli intrecci elettronici dei Silver Apples con cui daranno poi vita al synth-pop. Su tutto, la breve ma intensa stagione del duo americano, in generale, avrà una forte ripercussione nei confronti della musica elettronica moderna, persino della techno e della dance music che ne svilupperanno le pulsazioni ritmiche verso direzioni più orecchiabili.
L'opera dei Silver Apples, inoltre, fornisce già molte delle basi sonore che verranno reinterpretate in maniera personale dai primi act industrial (Cabaret Voltaire, Throbbing Gristle e sul versante Ebm i Front 242). Ispirerà l'avant-rock tragico e demenziale al tempo stesso dei Residents, così come le atmosfere terrificanti dei Suicide, il trip-hop psichedelico dei Laika (il cui esordio, non a caso, si intitolava "Silver Apples Of The Moon") e lo shoegaze cosmico degli Spacemen 3. Anche un gruppo come i Portishead deve qualcosa ai Silver Apples, in particolare su "Third", un album grondante di tributi stilistici nei loro confronti, a quarant'anni di distanza.
Assieme a pochissimi altri lavori di fine anni 60, come quelli dei Velvet Underground o "Phallus Dei" degli Amon Düül, i due album dei Silver Apples segnano uno spartiacque deciso dell'avanguardia nella storia della musica rock. Dopo di loro niente, inevitabilmente, sarà più lo stesso e la rarità dei loro dischi nei decenni successivi varrà loro lo status di band di culto. Ricordando la celebre massima di Eno sui Velvet Underground, si può dire dei Silver Apples che "pochi ne hanno acquistato un disco, ma tutti loro hanno poi formato una band e ne hanno inciso uno".

La storia della band di New York riprende un po' all'improvviso nel 1994, quando l'etichetta tedesca TRC pubblica senza autorizzazione in versione cd i loro due Lp, attirando molta attenzione da parte di pubblico e giornalisti musicali. Simeon Coxe riprende così interesse nel progetto, assume Xian Hawkins (in arte Sybarite) alle tastiere e Michael Lerner alla batteria e inizia un nuovo tour per gli Stati Uniti. La formazione rinnovata incide anche del materiale inedito pubblicato nel 1998 in due uscite che ondeggiano tra lo psych-pop e l'industrial e che tutto sommato sono trascurabili.
Nella prima, Beacon, gli inserti elettronici sono gradevoli, ma timidi e diluiti. La struttura dei brani è regolare, più canonica e prevedibile. Gli arrangiamenti sono soft in una maniera blanda, ma tutto sommato il risultato è abbastanza orecchiabile. Non è un brutto disco, semplicemente appare un compitino di maniera senza grandi trovate o guizzi creativi, e il confronto con le opere precedenti è impietoso. Emblematiche le registrazione di alcuni brani "vecchi" come la conclusiva "Misty Mountain" che in questa nuova versione appare rallentata, annacquata, resa innocua, perdendo tutto il mordente dell'originale del 1968.
Invece Decatur, un'unica lunga suite di 40 minuti, non riesce a essere altrettanto orecchiabile, indugiando in rumorismi e improvvisazioni minimaliste che vogliono sembrare d'avanguardia ma che fanno suonare il lavoro troppo ripetitivo e fine a se stesso, se non addirittura noioso nel peggiore dei casi.
Beacon e Decatur sono due dischi complementari tra loro: uno esplora il lato più melodico e l'altro quello più lisergico del suono Silver Apples, con un pizzico di nostalgia che però non viene messa a fuoco o supportata da un'adeguata vena ispiratrice.
Lasciamo al gusto personale del lettore la scelta tra preferire una versione edulcorata e semplicistica dei Doors (Beacon) oppure una versione sbiadita di Morton Subotnick e dei Throbbing Gristle (Decatur).
In entrambi i dischi si avverte soprattutto l'assenza di Danny Taylor alla batteria, che è accademicamente ben suonata, ma priva di quell'accento ostinato, meccanico e inesorabile che si sposava alle atmosfere alienanti dei lavori anni 60. Lo stesso Simeon non sembra al massimo della sua ispirazione, né canora né compositiva, senza un batterista altrettanto creativo a supportarne le idee e a contribuire a costruire pezzi in grado di spingersi più in là delle idee iniziali.

Già, ma che fine aveva fatto Taylor? Era sparito e aveva tagliato i ponti, con grande dispiacere di Simeon (anche perché possedeva le registrazioni del terzo album mai pubblicato). Dopo, testuali parole, "molte ricerche", Taylor fu rintracciato e contattato per dar vita a una reunion. Il terzo album perduto, intitolato The Garden, è stato inciso nel 1970 ma pubblicato sempre nel 1998 dall'etichetta Whirlybird. Oltre ai brani completi delle sessioni di registrazione originali, vi sono alcune nuove aggiunte. È un lavoro dissonante e orecchiabile al tempo stesso, mescolante battiti disturbanti ma regolari, divagazioni rumoristiche e giochi melodici inquietantemente trascinanti. C'è molto del kraut-rock, con interi passi che sembrano usciti direttamente dalle più importanti formazioni d'avanguardia tedesche, solo che quando tutto ciò venne creato queste band ancora non esistevano o stavano muovendo i primi passi. Il tutto, però, lascia intravedere che la direzione che il gruppo intendeva intraprendere era verso una dimensione più melodica, senza rinunciare ai trip lisergici, ma contaminandoli con funk, blues, space-rock e i primi spunti di quella che sarebbe diventata la new wave.

Il 1998 è un anno importante per i Silver Apples anche per un altro motivo, stavolta meno felice: a causa di un brutto incidente stradale Simeon si rompe il collo. Tutti i programmi per ulteriori concerti e per un nuovo album vengono così cancellati. Bisogna attendere il 2004, prima che Simeon riacquisti parte della sua mobilità e torni a camminare, ma la capacità di suonare nel suo modo peculiare è persa per sempre.
Solo nel 2016 arriva il tanto sofferto e faticato nuovo disco, intitolato Clinging To A Dream e prodotto da Graham Sutton dei Bark Psychosis, ma purtroppo il risultato è deludente. I lati positivi dell'album sono tutti racchiusi nella sognante traccia d'apertura "The Edge Of Wonder", il brano più interessante del conio; non è un caso, infatti, che venga riproposto in un'altra versione più intima come finale del disco.
La candela però si brucia velocemente e altrove solo il dub fantascientifico di "Missing You" sembra reggere il confronto. L'esperimento riesce ancora meno quando Simeon Coxe è alle prese con torbidi spoken-word ("Colors", "The Mist"), algoritmi da musica house ("Nothing Matters") o sequenze da dance-pop radiofonico ("Susie").
Se negli anni 60 il futuro dipinto dai Silver Apples pareva addirittura spaventoso, oggi in Clinging To A Dream è solo spaventosamente conforme al panorama attuale, soprattutto nell'electro-noir di "Fractal Flow", che sembra perfino uscito pari pari da un album dei White Lies.

Le uscite discografiche dei Silver Apples composte dopo il periodo d'oro cercano invano di riallacciare il filo con un passato leggendario. Non ce n'era bisogno, comunque: la storia del rock li aveva già consacrati come veggenti venuti dallo spazio.

Silver Apples

Discografia

Silver Apples (1968, Kapp Records)
Contact (1969, Kapp)
The Garden (1970/1998, Whirlybird)
Beacon (1998, Whirlybird)
Decatur (1998, Whirlybird)
Gremlins (Ep, 2008, Gifted Children Records)
Clinging To A Dream (2016, ChickenCoop Recordings)
Pietra miliare
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