Carlos Giffoni

Dissolvenze incrociate

intervista di Giuliano Delli Paoli

Carlos Giffoni è uno dei personaggi di culto dell'elettronica sperimentale. Nel corso degli anni, il musicista venezuelano trapiantato negli States ha scritto pagine importanti della scena electro-noise americana, organizzando il celebre No Fun Festival a New York, producendo i primi album di musicisti come Daniel Lopatin, aka Oneohtrix Point Never, e suonando in compagnia di pezzi da novanta del calibro di Jim O’Rourke, Nels Cline, Thurston Moore, Lee Ranaldo, Merzbow, Chris CorsanoLaurel Halo, Keith Fullerton Whitman, Prurient. Dopo una lunga pausa artistica di ben cinque anni, e una fuga definitiva a Los Angeles, Giffoni torna sulle scene con "VAIN", un album che lo ricolloca a pieno titolo tra i più stravaganti visionari elettronici in circolazione. L'abbiamo raggiunto in occasione dell'uscita del nuovo disco, per farci raccontare la sua lunga storia, gli anni newyorkesi, il legame con il nostro paese e questo suo insperato ritorno sulla piazza.

Hai attraversato vent’anni di musica elettronica variando stile e mostrando una curiosità notevole per la profondità del rumore nelle sue sfaccettature più ampie. Qual è il tuo rapporto con il rumore in generale e più nello specifico durante la composizione di un tuo brano? 
Sono sempre stato nella fortunata situazione di non dover compromettere la mia arte a scopo di lucro, dato che ho sempre mantenuto un lavoro giornaliero per occuparmi delle mie esigenze finanziarie. Questo mi ha permesso di utilizzare le mie composizioni musicali/noise come un modo artistico di esprimermi, un modo per far sperimentare agli altri come sento il mondo in un determinato momento. Il mio rapporto con il rumore, sia nell'improvvisazione dal vivo, sia nelle registrazioni, è molto legato alla condivisione del mio stato interiore con gli altri: conflitto, consapevolezza, risoluzione, tensione, domande, risposte, la sensazione astratta di essere uno all'interno di un organismo più grande, fatto di energia e atomi. È estenuante ma molto gratificante, almeno nella maggior parte dei casi. E il suono continua a evolversi come fa la mia vita.

Hai suonato in gruppi di stampo noise-rock come i Monotract, maneggiando finanche il theremin, e hai definitivamente liberato la tua improvvisazione in band come gli Old Bombs. Quale tra queste esperienze ti ha lasciato un segno maggiore? Cosa conservi di questi progetti?
Nei Monotract, ho suonato principalmente chitarra ed elettronica, e ho cantato solo sporadicamente. Sono entrato a far parte di una band quando avevo 14 anni, come cantante in un gruppo venezuelano punk-grunge chiamato Escamas de Jopelino. Monotract è arrivato qualche anno dopo, per l’esattezza quando mi sono trasferito a Miami. Era il secondo gruppo di cui facevo parte. All'inizio era una band di improvvisazione, poi abbiamo iniziato a scrivere canzoni per alcuni anni, fatto un tour in gruppo e pubblicato dischi su Ecstatic Peace e Load Records. È durato per ben due lustri. Sono ancora amico degli altri due membri della band e hanno le loro meravigliose vite che si svolgono fuori dal mondo della musica. Sono davvero grato a Nancy e Roger perché mi hanno aperto le porte della musica sperimentale. Old Bombs era invece un progetto secondario, molto più piccolo, solo musica elettronica davvero selvaggia, e abbiamo fatto solo alcuni nastri e un disco. La band era con Dino Felipe e Vanessa Payes, due persone che mi sono molto care, non vedo Dino da anni, ma Vanessa si è trasferita a Los Angeles e la incontro spesso. Lavora in uno dei miei ristoranti preferiti. È una delle migliori cuoche del mondo ed è una delle persone più dolci che conosca. Quindi quello che mi resta da queste due band sono soprattutto l'amicizia e le diverse esperienze che abbiamo condiviso insieme. Ho comunque un archivio di registrazioni, e spero che un giorno le persone possano scoprirlo e apprezzarlo.

Hai collaborato dal vivo e in studio con Jim O’Rourke, Nels Cline, Thurston Moore, Lee Ranaldo, Merzbow, Chris Corsano, Okkyung Lee, Lasse Marhaug, Laurel Halo, Keith Fullerton Whitman, Prurient, Astro. Qual è stata la collaborazione più esaltante e quella che ti ha segnato di più come musicista?
Non credo di poter scegliere una collaborazione preferita, e mi sento enormemente fortunato di essere stato in grado di condividere il palco con tutte quelle persone, e molte altre, che considero dei maestri nel loro mestiere. Sono cresciuto e continuo a crescere ogni volta che suono con qualcuno di loro (ho avuto modo di suonare con Thurston in un trio con Mike Conelly l'anno scorso in un evento locale e ho fatto un duo con Corsano solo pochi mesi fa). Detto questo, i due momenti più scioccanti sono stati questi: la prima volta che ho suonato con Thurston, perché improvvisamente invece di un duo con lui è diventato un quartetto con Nels Cline e Lee Ranaldo. Avevo 23 anni e mi ero appena trasferito a New York, e già suonavo sullo stesso palco con tre musicisti che adoravo oltre ogni misura e che avevano segnato la mia formazione musicale. Era come un sogno. Incontrai Thurston e Lee nel 1998, e Nels all'incirca nello stesso periodo. Alla fine ho scoperto che a loro piaceva quello che facevo. Un po’ mi aspettavo di suonare un giorno con uno di loro, certamente non subito. Vivevo da un anno a New York e stavo già suonando con tutti e tre, ecco: non aveva senso. Era incredibile. Fu lo spettacolo che mi ha fatto davvero diventare un improvvisatore che non ha paura di confrontarsi con nessuno. Poi c’è il momento in cui suonai con Merzbow a Tokyo; Masami è il re indiscusso del rumore, e quella notte si presentò soltanto con l’attrezzatura analogica. Abbiamo suonato per circa 70 minuti senza fermarci una volta. Quella notte fu come uscire dal mio corpo.

Hai organizzato per sei anni il No Fun Fest a New York. Sei stato il primo a produrre un musicista del peso di Oneohtrix Point Never. Organizzi ancora eventi di questo tipo? Hai qualche nome nuovo della scena impro da segnalarci o hai abbandonato la carriera di talent scout?
Carlos Giffoni come organizzatore di eventi importanti e produttore di etichette al momento è in pensione da quel mondo. Ho organizzato alcuni spettacoli più piccoli a Los Angeles, ma in questo periodo ho altre priorità che organizzare un grande festival o produrre registrazioni di altre persone con un'etichetta. Se fossi ancora attivo con la mia label, la persona a cui offrirei un contratto discografico è sicuramente Bana Haffar. È una giovane musicista straordinaria, suona synth modulari. E qui a Los Angeles mi ha impressionato alcune volte con le sue bellissime composizioni.

Sei attivo nei Rogue Squares con Elaine Carey. A che punto è questo progetto? Ci sono novità in merito?
Questo è il mio progetto più attivo a Los Angeles, almeno in questo momento; ci esercitiamo una volta alla settimana e abbiamo già suonato una manciata di spettacoli quest'anno, e ne abbiamo altri ancora a Los Angeles e San Francisco. Elaine è una grande improvvisatrice e ha una fantastica band noise chiamata Telecaves. Rogue Squares è meno rumoroso e si muove più nell'improvvisazione e nell’astrazione dell’elettronica ambient. Abbiamo fatto alcune registrazioni a casa e probabilmente ne pubblicheremo diverse online, poi faremo un demo tape che venderemo solo nei nostri spettacoli dal vivo. Il piano è di continuare il progetto e speriamo di ottenere un primo Lp, fare un tour se gli interessi nel gruppo continueranno a crescere. Indossiamo abiti davvero fantasiosi per i nostri spettacoli, e proviamo a spostare lentamente l'aria nelle stanze in cui suoniamo, poi costruiamo enormi strutture sonore con configurazioni minime. Con Elaine mi sto divertendo un sacco per questo progetto. È anche un lavoro che punta molto sull’estetica.

"VAIN" è la colonna sonora di un film che gira nella tua testa. Il copione narra di una giovane donna con misteriosi poteri psicocinetici; un'anima fragile persa nei deserti e nelle spiagge della California che cerca di trovare risposte al suo misterioso passato. La colonna sonora accompagna la protagonista in un viaggio fantastico che cambia il suo mondo per sempre. Un album dunque immaginifico. Com’è nato questo disco?
Mi sono innamorato nuovamente dopo diversi anni. Questo disco è nato da una relazione molto complicata con un persona con cui uscivo. Lei aveva alcuni problemi mentali e diverse dipendenze. Sono stati due anni selvaggi, appassionati, rinvigorenti, ma anche molto dolorosi. La relazione si è conclusa di recente, ma ho fatto il disco mentre eravamo insieme, poggiando sulla mia capacità di affrontare le difficoltà; in qualche modo avevo bisogno di tirare fuori quello che provavo. Tutta l'arte buona viene dalla sofferenza, giusto? Inoltre, adoro davvero tanto la Fantascienza, e nella mia mente è come se ci fosse una grafica molto forte che ispira tutto il resto.

So che lavori ai videogiochi e scrivi fumetti. Queste tue passioni quanto hanno influito su questo tuo ultimo lavoro?
Mi sono appassionato ai videogiochi cinque anni fa, mentre lavoravo a "VAIN", ma le due cose non si influenzano a vicenda. La stesura dei fumetti è qualcosa di nuovo per me, ho intrapreso questo cammino soltanto l'anno scorso; è iniziato perché non potevo realizzare il film che stavo sognando per "VAIN", poi ho capito che avrei potuto farlo alla stregua di un fumetto e così ho scoperto questo mondo, imparando subito a realizzare tutto senza rinunciare all'aspetto professionale. In realtà, sto lavorando a due fumetti completamente diversi con due fantastici team di artisti; ho anche in programma di fare un fumetto per "VAIN" anche in futuro, ho un racconto finalizzato per lei, ma ho bisogno di molto altro per farlo funzionare, quindi ci vorranno alcuni anni prima che esca fuori. Per quanto riguarda gli altri due progetti, sono molto più avanti, ma non posso ancora annunciarli. Spero di annunciare presto qualcosa su questo progetto attraverso i social media, in particolare il mio profilo Twitter @carlosgiffoni.

Sei partito da New York nel 2012 e ti sei trasferito a Los Angeles per prenderti una pausa prima di creare questo disco. Perché questo lungo distacco dalla musica?
Quando sono partito da New York, stavo sfuggendo a un certo numero di cose: un rapporto durato dieci anni che stava andando veramente male, una cattiva alimentazione, un lavoro che odiavo, la scena di cui facevo parte era moribonda, altri sviluppatori hanno acquistato gli spazi in cui organizzavo tutto, e le mie band preferite ormai quasi tutte sciolte. C’erano anche alcune relazioni amicali davvero malsane, ho frequentato molte persone sbagliate, inoltre l'etichetta non era finanziariamente più conveniente e si sovrapponeva alle crescenti esigenze lavorative. Tirai fuori anche un Ep, che è stato probabilmente il mio lavoro musicale più completo, ma era impossibile suonare dal vivo senza assumere una band, e in qual momento non avevo soldi per pagare, e pure non abbastanza canzoni per farlo funzionare a dovere, insomma in me non rimaneva più alcun tipo di energia. Erano davvero tempi bui e avevo solo bisogno di ricostituirmi. Era il momento giusto per uscire da lì. Ed ero anche stremato dal punto di vista creativo ed emotivamente morto, quindi quando sono arrivato a Los Angeles sono rimasto lontano dalla musica e mi sono concentrato sul mio lavoro diurno, perché era facile; in quel periodo fare musica era ancora troppo doloroso. Nei primi quattro anni a Los Angeles ho suonato praticamente tre spettacoli, due dei quali con Chris Corsano, perché avevo voglia di andare sulla luna e tornare a suonare con uno dei batteristi più straordinari che questa dimensione abbia mai visto; ho aperto anche uno spettacolo di Oren Ambarchi, perché me l’ha chiesto, e lui è uno di quei musicisti straordinari a cui non posso dire di no. Da allora, ho cambiato le mie abitudini alimentari, ho passato molto tempo in spiaggia a riflettere su me stesso, e ho iniziato a lavorare su "VAIN". Poi, a un certo punto, ho iniziato a suonare con Elaine nel sopracitato progetto Roge Squares. Corsano è tornato da poco in città e abbiamo suonato assieme qualche mese fa, e di recente ho anche suonato con Thurston e ho aperto alcuni spettacoli per la sua band con la stessa Elaine. Suono di nuovo più spesso e mi sento davvero bene. Spero che l'energia continui!

Le nuove tracce del tuo nuovo disco - in uscita a metà maggio - sono state create con una varietà di apparecchiature analogiche, senza effetti o strumenti computerizzati, e sovraincisioni. Il materiale finale è stato selezionato tra dozzine di ore di registrazioni, con la masterizzazione definitiva di Al Carlson. Come mai questa scelta? E’ un ritorno alle origini? Avevi nostalgia di qualcosa?
Beh, questo è il modo in cui ho lavorato negli ultimi dodici anni, con la sola attrezzatura analogica. Ho iniziato come chitarrista nel 1997, ho fatto tutto il possibile e sono andato avanti. Lo stesso vale per la musica per computer, dal 1999 al 2005 è stato divertente e ho fatto alcune cose pazzesche ma non mi sono mai sentito abbastanza immerso nel suono prima di cominciare a suonare synth puramente analogici intorno al 2005. Da allora, ciò che suono è principalmente questo. Mi piace la musica che sembra essere costantemente viva, anche se è leggermente imperfetta. E’ l'unico modo in cui l'energia assume per me dei significati giusti, inoltre cerco di evitare la sovraincisione di qualsiasi registrazione, e quando suono una composizione dal vivo non ci sono componenti preregistrate, solo i sistemi e i movimenti che riproduco dal vivo, quindi ogni performance è leggermente diversa a causa del modo in cui mi approccio al suono in quel preciso momento. Ho lavorato con l’etichetta Mexican Summer per l’Ep "Evidence", ed è stata l'ultima registrazione che ho fatto prima di staccare momentaneamente la spina e di lasciare New York. Quel lavoro mi piace molto, quindi è stata la mia prima direzione quando è arrivato il momento di registrare “VAIN”.

Quando verrai in Italia? Conosci qualche produttore e musicista italiano? Che rapporto hai con l’Italia?
Forse suonerò a Milano all'inizio di dicembre, ma non mi hanno ancora confermato i dettagli. Spero che arrivino anche altre offerte, così da suonare pure in altre città. Nello stesso viaggio, mi esibirò anche in Svezia, e sto ancora considerando altre date e luoghi per il medesimo tour. Per quanto riguarda i musicisti italiani che mi piacciono, Maurizio Bianchi è una leggenda e nel vostro paese c'è tanta della musica che amo. L'altra mia preferita è Doris Norton, anche lei una leggenda. Ma per quanto riguarda i musicisti più recenti, ne ricordo pochi essendo stato inattivo per un bel po’. Sono stato un buon amico di Massimo Pupillo che ha fatto alcune cose sui dischi di Mego nei primi anni 2000 e abbiamo anche fatto un breve tour italiano nello stesso periodo. Ma non lo sento da molti anni, penso che si sia fermato. Sono anche amico dell'artista Nico Vascellari, che mi ha invitato a suonare in un festival nel 2010. Ma non parlo con lui da anni. Poi c’è Dracula Lewis, ho comprato il suo primo vinile anni fa. Penso che sia ancora attivo. Il mio produttore preferito italiano è sicuramente Barbara Bertucci di Milano, ha diretto un'etichetta chiamata Key Lime High e prima Hundebiss, ho tirato fuori un 7" per Key Lime High nel 2011 ed è stato davvero divertente. Organizza ancora spettacoli ogni tanto e sta lavorando a quello di Milano in cui suonerò. Tutte le uscite che ha fatto sulle sue etichette sono state di alta qualità e molto singolari dal punto di vista sonoro. Recentemente, lei è stata a Los Angeles con alcuni amici e abbiamo bevuto un sacco di vino e mangiato un sacco di cibo, come si dovrebbe fare sempre con gli amici. Io amo l'Italia. È uno dei miei posti preferiti da visitare e in cui suonare. E la mia famiglia in realtà è venuta in Venezuela dall'Italia, infatti il mio cognome è italiano, quindi geneticamente sono anche un po’ italiano. Ogni volta che vengo nel vostro paese non vorrei più tornare a casa. Gli italiani che ho avuto la fortuna di incontrare sono incredibili, pieni di energia. Se qualche festival in Italia mi inviterà, ci sarò di sicuro.

Discografia

Welcome Home (Important, 2005)
Arrogance (No Fun, 2007)
Adult Life ‎(No Fun, 2008)
Severance ‎(Hospital Productions, 2010)
VAIN(iDEAL, 2018)
Pietra miliare
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