Per tutti coloro cresciuti a pane e grunge, i Melvins rappresentano una band fondamentale nel proprio percorso formativo.
Pur con gli alti e bassi di una discografia non sempre di altissimo livello, hanno mantenuto nel tempo una coerenza sconosciuta a quasi tutte le compagini che fecero di Seattle (e zone limitrofe) la terra promessa della musica rock a cavallo fra gli anni 80 e 90.
Lontani dai compromessi tipici degli ultimi lavori di Pearl Jam o Soundgarden, i Melvins hanno invece scelto un posizionamento sempre assolutamente anti-commerciale, quasi a voler difendere a tutti i costi il proprio status di nicchia, cosa più che saggia per coloro che da sempre vengono ritenuti ispiratori di migliaia di musicisti che si muovono nell’underground, un certo Kurt Cobain in primis.
Sin dagli esordi furono in grado di inventare una sorta di nuovo linguaggio rock, utile a tutti coloro avessero avuto la pazienza e le orecchie giuste per decodificarlo.
Quello che ascoltiamo in "Nude With Boots", venticinquesimo album in venticinque anni di onorata carriera, è sano hard-rock impostato su suoni tipicamente seventies che sanno tanto di Sabbath, Zeppelin e Kiss (sì, c’è anche una vaga componente glam), il tutto mediato dal solito piglio da schiacciasassi e da un approccio tipicamente hardcore.
Una potenza che viene lasciata esplodere sin dallo zeppeliniano incipit di “The Kicking Machine” (un po’ "Good Times Bad Times", un po’ "Moby Dick"!): cantata a due voci, è un vero e proprio assalto sonoro che fin dal titolo rappresenta perfettamente sia l’intero programma che l’attitudine dei protagonisti.
Dopo tanti cambi di formazione, in questo lavoro viene confermata la scelta di utilizzare accanto alla coppia storica formata da King Buzzo Osbourne (voce e chitarra) e Dale Crover (batteria), l’accoppiata proveniente dai Big Business Jared Warren (voce e basso) e Coady Willis (batteria), dando vita a una originale line-up con due voci e due drummer, già utilizzata nel precedente "A Senil Animal" (2006).
Gli esiti sono micidiali: macinano come dannati i Melvins, creando ad esempio nel caso di “Dog Island”, una delle composizioni stoner più convincenti dai tempi dei Kyuss.
Passione sanguinolenta da vendere per uno dei dischi più eclettici della band di Aberdeen, sia dal punto di vista della durata delle tracce (la più breve dura poco più di un minuto, la più lunga sette minuti e mezzo) che da quello degli spunti utilizzati e dei generi toccati.
“Dies Iraea” è addirittura una rivisitazione in chiave doom della Symphonie Fantastique, una delle maggiori opere del compositore francese Hector Berlioz, tema noto per essere stato utilizzato anche nel capolavoro di Stanley Kubrick "Shining".
“Suicide In Progress” torna a far rivivere l’accoppiata Page-Bonham; la title track invece si staglia come l’episodio più orecchiabile del disco, l’unico dove fra cascate di suoni massicci riesce a comparire qualche spiraglio di luce.
Devastante “The Smiling Cobra”, anche grazie all’apporto della doppia batteria che crea un impasto senza compromessi vicino a certe cose dei Tool.
La chiusura è affidata alle divagazioni noise-industrial di “It Tastes Better Than The Truth”, solo per palati abituati a certi suoni.
Tolti di mezzo i drone di una volta, i Melvins coniugano un estro che pochi possono vantare, con tanta urgenza rock.
Il risultato è convincente: Nude With Boots è un bel discone hard-rock, come se ne facevano una volta; accanto a "Led Zeppelin II", "Paranoid" e "Songs For The Deaf" farebbe la sua degnissima figura.
A garanzia di qualità c’è il marchio Ipecac, del sempre attento Mike Patton: già questo sarebbe sufficiente per consigliare l’acquisto.
25/08/2008