Arriva un momento, nel percorso di un artista come nella vita di ognuno, in cui diventa necessario confrontarsi con i propri padri: per scoprirne l'eredità, per prenderne le distanze, per definire la propria identità. A volte si tratta dello snodo essenziale di un'intera carriera, dal Nick Cave di "Kicking Against The Pricks" agli Yo La Tengo di "Fakebook". Anche per Micah P. Hinson sembra essere giunta l'ora di guardare in faccia le proprie radici: a un anno di distanza dalla brillante riconferma di "The Red Empire Orchestra", ecco allora prendere forma in "All Dressed Up And Smelling Of Strangers" una raccolta di ben sedici cover, con cui il songwriter americano accetta la sfida di misurarsi con la musica che ha segnato la sua strada.
Legittimo aspettarsi grandi cose, pensando a come la sua interpretazione aveva saputo trasfigurare in bozzetto agreste la "Yard Of Blonde Girls" di buckleyana memoria. Ma stavolta la giusta alchimia sembra non riuscire quasi mai a scattare e "All Dressed Up And Smelling Of Strangers" si rivela inaspettatamente il primo passo falso della discografia di Hinson.
Non manca la sincerità, né tantomeno il coraggio di mettersi in gioco: il nuovo disco, secondo le parole di Hinson, dovrebbe rappresentare un punto di partenza "lontano dai sentieri battuti". A difettare è piuttosto quella dose di ponderazione capace di riscattare le sorti di un lavoro in cui l'urgenza si confonde troppo spesso con l'improvvisazione.
Dei due volumi in cui si divide l'album, il primo - affidato quasi esclusivamente alla voce e alla chitarra di Hinson - sembra anche il più debole: la colpa è in parte della scelta di una serie di brani obiettivamente troppo ingombranti, in parte della mancanza di personalità delle riletture offerte nel disco. Non basta la forza espressiva del timbro di Hinson per dare spessore alle scolastiche rese di classici come la dylaniana "The Times They Are A-Changin'" o "Suzanne" di Leonard Cohen, mentre il tentativo di appropriarsi di uno standard arcinoto come "My Way" finisce per cadere in un abuso di toni declamatori.
Le cose funzionano meglio quando Hinson si concentra su brani a lui più congeniali quanto a sensibilità e approccio, come testimoniano i rarefatti paesaggi di "Slow And Steady Wins The Race" e "Not Forever Now", provenienti rispettivamente dai canzonieri di Pedro The Lion e Centro-Matic. Per ritrovare il volto più familiare del songwriter americano bisogna rivolgersi però all'antico, al caracollare country di "Kiss Me Mother, Kiss Your Darlin'" (altrimenti nota come "I Am Weary, Let Me Rest", ripresa anche nella colonna sonora di "Fratello dove sei?"), che consente a Hinson di calarsi alla perfezione nei panni di novello Johnny Cash.
Atmosfere da vecchio juke-box ed una ruvida elettricità fanno invece da scenario al secondo capitolo dell'album: il risultato, tuttavia, non cambia troppo, dalla leziosità di "Are You Lonesome Tonight?" alla sguaiata esecuzione di "Stop The World (And Let Me Off)" di Patsy Cline. Quanto a "In The Pines" di Leadbelly (proposta in una sorta di versione grunge), si tratta semplicemente di una di quelle cover "intoccabili": dopo essere stata marchiata a fuoco dalla voce di Kurt Cobain, ogni confronto diventa inevitabilmente impietoso, un po' come per chi volesse sfidare il fantasma di Jeff Buckley rifacendo "Hallelujah" di Cohen.
Così, nonostante la leggerezza dei Lovin' Spoonful riesca ad offrire sfumature inedite alla voce di Hinson in "You Didn't Have To Be So Nice", l'accostamento tra melodie evergreen e spartane distorsioni mostra presto la corda.
Eppure, il songwriter americano dimostra di non avere dimenticato l'arte di immedesimarsi nell'opera altrui per trarne qualcosa di nuovo: lo si intuisce di fronte alla cullante dolcezza di arpeggi e organo che accompagna il ritmo scheletrico di "We Almost Had A Baby", firmata dalla giovane cantautrice Emmy The Great (al cui recente esordio hanno collaborato anche i comuni amici Earlies); oppure quando la drammaticità della beatlesiana "While My Guitar Gently Weeps" si veste di un gioco di voci filtrate, tintinnii e vibrazioni elettriche degne di un apocrifo degli Sparklehorse.
Alla fine, "All Dressed Up And Smelling Of Strangers" rimane in sostanza un'occasione persa: a quanto pare, Micah P. Hinson non è ancora pronto a fare i conti con il proprio albero genealogico.
01/10/2009
Vol. 1
1. Slow And Steady Wins The Race
2. This Old Guitar
3. Kiss Me Mother, Kiss Your Darlin'
4. Not Forever Now
5. The Times They Are A-Changin'
6. Suzanne
7. We Almost Had A Baby
8. My Way
Vol. 2
1. Sleepwalk
2. Running Scared
3. Stop The World (And Let Me Off)
4. Are You Lonesome Tonight?
5. In The Pines
6. You Didn't Have To Be So Nice
7. Listen To Me
8. While My Guitar Gently Weeps