Sono simpatici i
Coldplay. Anche se nessuno dei loro album ti è mai entrato davvero sotto pelle, anche se le loro canzoni sono state spesso più un piacevole passatempo radiofonico che qualcosa da portarsi dietro negli anni, non si può dire che abbiano calcato la mano sull'arroganza divistica e la prosopopea mediatica. Nonostante il successo e la loro lunga carriera, sembrano solo un gruppo di ragazzini che col tempo, anziché continuare a struggersi e ciondolare all'interno della loro cameretta, hanno iniziato a guardare con curiosità quello che capitava attorno a loro nel mondo (musicale), a loro modo.
E lo spettacolo più interessante e divertente a cui assistere non l'hanno certo portato sui palcoscenici bensì negli interminabili dibattiti tra chi li ha amati sin dall'inizio e, mal sopportando lo loro riluttanza a diventare dei nuovi
Radiohead, ha poi considerato in costante declino la loro proposta (eccezion fatta per il colpo di reni di "
Viva La Vida", ma in quel caso "aveva fatto tutto
Eno", proverbialmente), e chi invece li ha sempre difesi a spada tratta come ormai raro esempio di rappresentanti rock per le grandi masse. Fardello condiviso assieme ai più pretenziosi e altrettanto criticati
Muse.
Difficile scegliere da che parte stare se non si è vissuta la loro evoluzione con sentimento da fan, e nemmeno questo nuovo "A Head Full Of Dreams" sembra essere in grado di dar risposte e certezze agli indecisi. Va comunque dato loro atto di aver aggiunto alla loro discografia, sempre composta da lavori ben distinguibili, un ennesimo tassello a sé stante con peculiarità che i precedenti non possedevano e perdendone altre che di quelli ne erano magari il punto di forza.
La volontà di creare una variopinta e più gioiosa controparte al recente "
Ghost Stories", notturno e soffuso, li ha per forza di cose costretti a tornare dalle parti del pop in
technicolor di "
Mylo Xyloto" (la gigiona "Army Of One" è quasi una "Paradise" parte seconda), ma anziché reiterare completamente quanto già proposto, l'hanno spogliato di ogni residua
grandeur rock a favore di un'attitudine più folk, quasi
world, e mantenendo intatto il romanticismo dell'ultimo lavoro. Così tra caleidoscopi, iridescenze, spettri di colore, minuetti, carillon e Obama che recita "Amazing Grace", i Coldplay costruiscono un'impeccabile e nuovamente ragionata cornice concettuale per presentare le nuove canzoni, spesso non così a fuoco come le atmosfere a cui si appoggiano.
Quando si lasciano guidare dagli Stargate (il duo dietro tanti successi di
Rihanna) e il piglio è bello deciso e
funkeggiante, come nella
title track e nel singolo "Adventure In A Lifetime" (in cui giocano a impersonare
Cut Copy e
Friendly Fires), riescono anche a divertire, e quando relegano
Beyoncé a semplice corista in un curioso mix di battiti hip-hop in sfilata con le bande di New Orleans ("Hymn For The Weekend") addirittura stupiscono, per verve e contemporaneità. E le palpitanti aritmie
french di "Birds" tengono ugualmente il passo.
L'alchimia appare già un po' troppo macchinosa nel tentativo
trap della traccia nascosta "X Marks The Spot" o quando, nonostante la presenza di un musone come
Noel Gallagher, i Coldplay non riescono a dare al contagioso etno-gospel di "Up&Up" una profondità maggiore di quella che una
boy-
band gli avrebbe riservato.
I nodi vengono però davvero al pettine nel momento in cui tutte le infrastrutture di cui sopra cadono per lasciare nudo e crudo il
songwriting della tre, immancabili, ballate: "Everglow" vorrebbe riportare, col pilota automatico di ritorno da un festino, i primi fan ai tempi degli esordi (facendoli incazzare, giustamente, ancor di più) e il "Fun" che vorrebbero proporci in compagnia della stellina svedese Love To è probabilmente lo stesso di una serata passata a guardare una puntata di X-Factor. Se non altro i maschietti saranno contenti per il valzer di "Amazing Day": potrebbe far tornare alle ragazze la voglia di innamorarsi nuovamente quando smetteranno di struggersi con le
ballad strappalacrime di
Adele.
Mettiamoci il cuore in pace, "A Head Full Of Dreams" imbarazzerà nuovamente chi un tempo li amava e contemporaneamente invaderà per mesi le emittenti radiofoniche. Perché continuare a discutere se sia più commerciale accontentare i milioni cresciuti a pane e "troubles" o conquistarne ogni volta altrettanti seguendo le mode è questione di lana caprina, e la sostanza è che ci ritroviamo davanti solo all'ennesima manciata di simpatiche canzoncine per allietare qualche minuto della giornata. Evidentemente i ragazzi avevano, e hanno ancora, solo voglia di divertirsi.
07/12/2015