I quattordici album nel loro catalogo - uno dei quali realizzato in collaborazione con il compianto Vic Chesnutt - cominciano a rappresentare un corpus di tutto riguardo, tanto più se si tiene conto della sostanziale organicità del molto materiale pubblicato. La fedeltà al proprio stampo rimane il massimo pregio e insieme il limite più evidente di un gruppo che non ha mai fatto mistero di preferire la coerenza ai colpi di testa espressivi, e che ha pagato una certa mancanza di coraggio restando nell'ombra rispetto ad altri progetti meno interessanti nella stessa scena di riferimento. Questo non significa che Andrew Rieger e Laura Carter non abbiano comunque seguito una propria parabola, dall'indie-pop marezzato delle origini al fragrante power-pop di oggi, né che le loro raccolte siano tutte equivalenti, specie su un piano squisitamente emozionale. A dimostrarlo pensa proprio "Twitching In Time", evidente sterzata verso la melanconia e le tonalità dolceamare dopo l'abbagliante fulgore di "Sunlight On The Moon". Dalle bizze del synth grottesco nell'abbrivio al morbido paisley quasi Rain Parade arso nella superba "Gorging On The Feast", passando per la ballad pianistica di "Watery Shreds" (letteralmente data in pasto al riverbero), va in scena una parziale rimodulazione del loro formulario su registri più cupi o introspettivi.
La cifra resta improntata al classico retro-pop della band di Athens, perturbato da un rumorismo sfizioso o movimentato da curiose animazioni psichedeliche, ma per una volta gravato da meno impurità a livello tecnico. Con un sound tendenzialmente più pulito, il quintetto (completato da Dave Wrathgabar, Matt Garrison e Peter Alvanos, chitarra, basso e batteria) aspira ad aggiornare il garbato college-roots-rock di Soul Asylum e Jayhawks ("The Cat Trapped In The Wall") quando non si spinge a rievocare i Rem ermetici degli esordi ("In A Room") di cui vengono replicate senza malizia tante fascinazioni (fraseggio byrdsiano in testa), palesando in entrambi i casi una forza evocativa da veri fuoriclasse, un po' come i Minus 5 nel medesimo campo di gioco.
Se quello di "Sniper In The Balcony" e "Ten Dollars On The Ground" è il power-pop gagliardo del loro nuovo corso, a tratti spigoloso ma sempre votato, in prima battuta, alla melodia (magari per tramite di un occasionale inciso jangle-pop), la title track conferma gli Elves come formazione cauta, accurata e non certo adrenalinica, anche nelle tirate un po' più muscolari.
L'incontro di elettrico e acustico riesce convincente, contribuendo a mantenere magicamente sospeso in una sorta di bolla atemporale l'ininterrotto revival orchestrato con la consueta perizia in queste quattordici tracce. La semplicità continua a giocare a loro favore, ingrediente cruciale di una scrittura mai incline all'ingarbugliamento o al pretenzioso e compensata, sul piano della vestizione sonora, dal talento "alchemico" di Rieger. L'inconfondibile voce acidognola di quest'ultimo, che si piega agli umori dettati dalla musica senza venirne sopraffatta e, a tratti, può ricordare quella di un Brian Molko meno caricaturale, completa il quadro dei meriti del carismatico frontman georgiano.
Ancora una volta, insomma, gli Elf Power hanno saputo dare vita a un disco apparentemente senza pretese eppure ricchissimo di suggestioni rinfrancanti. "Twitching In Time", a livello espressivo, può e deve essere letto come un implicito omaggio ai tanti spiriti affini all'interno del collettivo (dagli echi dei Circulatory System in "Withered Husk" alla brutta copertina stile Apples In Stereo), le cui linee guida estetiche sono tutte controfirmate, a grandi linee. Non una canzone men che bella, non una nota fuori posto, in una seconda facciata splendidamente autunnale soprattutto: come cartina al tornasole per la salute dell'intero movimento non avrà alcuna attendibilità, ma crogiolarsi nell'illusione che valga il contrario rimane comunque un piacevole miraggio.
(23/05/2017)